mercoledì 13 aprile 2011

Alle banche irlandesi servono altri 24 miliardi

L'istituto centrale a Dublino rivela il risultato di uno stress-test che riapre la voragine della crisi in Europa

Matteo Alviti
Mentre in Germania gli indici economici e occupazionali parlano già di ripresa, la crisi internazionale continua a mordere gli anelli più deboli della catena europea, rischiando di tirare per i piedi anche i più forti.
Ieri era il giorno dell'Irlanda, il giorno della pubblicazione dei risultati di uno stress test su quattro grandi istituti di credito nazionali, condotto dalla banca centrale e da alcuni esperti indipendenti. E come era stato anticipato, il test non ha dato risultati rassicuranti.
Agli istituti irlandesi servono 24 miliardi di euro per riuscire a sopravvivere e non mandare a gambe all'aria il paese. In particolare Allied Irish Bank avrà bisogno di nuovi capitali per 13,3 miliardi di euro, Bank of Ireland per 5,2 miliardi, Irish Life per 4 miliardi ed Ebs Building Society per 1,5 miliardi. «La cifra è necessaria», ha spiegato il professor Honohan, governatore della Banca centrale, «per ridare fiducia al mercato e assicurare che le banche abbiano capitale a sufficienza per far fronte anche alle previsioni più nere».
Il totale degli interventi statali rischia dunque di arrivare a 70 miliardi di euro. Si tratta di una somma che rende insufficiente il contributo di 35 miliardi destinato al settore nel pacchetto di aiuti definito da Dublino lo scorso anno con Ue e Fmi. E così il governo irlandese impiegherà quel che era stato accantonato del prestito da 85 miliardi concesso a novembre per far fronte a questa ricapitalizzazione. Ieri in parlamento il nuovo ministro delle finanze Noonan ha reso noto che Allied Irish Bank ed Ebs Building Society si fonderanno per dare vita a una nuova banca - Dublino già possiede gran parte dei due istituti e di Anglo Irish Bank.
E com'è noto, l'Irlanda è in buona compagnia: la situazione resta gravissima anche per altri paesi. Se il rapporto tra debito e prodotto interno lordo irlandese è infatti al 125%, quello greco oggi è ancora al 160% e quello portoghese al 100%. Per questo il rischio di non riuscire a rimborsare i debiti contratti con l'emissione di titoli resta presente, considerato che, rispettivamente, i tassi di interesse dei bond greci, irlandesi e portoghesi sono del tredici, dieci e otto per cento. Bisognerà intanto vedere come il Portogallo riuscirà a piazzare i titoli nell'asta straordinaria di oggi. E poi in quelle del 6 e 20 aprile, del 4 e 18 maggio e del 1 e 15 giugno. Ieri lo spread tra i titoli tedeschi e portoghesi è schizzato a un nuovo record storico, a 485 punti base.
Moody's infatti non ha escluso ieri ulteriori tagli ai rating sovrani dei paesi euro, visto che le misure annunciate la settimana scorsa dalla Ue non sarebbero, secondo l'agenzia, sufficienti a risolvere la crisi del debito in Europa. Moody's ha spiegato che se anche le misure varate confermano l'impegno dell'Unione europea ad aiutare i paesi in difficoltà, continua a mancare un meccanismo per sostenere la «solvibilità» finanziaria dei 27. «Crediamo che diversi paesi Ue resteranno sotto pressione. E se i costi per finanziarsi continueranno a salire, ulteriori tagli ai rating sovrani potrebbero essere necessari». Nelle settimane scorse l'agenzia aveva già ridotto il rating della Spagna ad Aa2, quello del Portogallo ad A3, quello dell'Irlanda a Baa1 e quello della Grecia a B1.
Alcuni investitori temono che alla fine della fila arrivi anche il nome dell'Italia. Del resto la settimana scorsa anche il membro italiano del board della Banca centrale europea, Lorenzo Bini Smaghi, aveva detto che il rischio di contagio tra i paesi deboli dell'Ue non è insignificante - anche se probabilmente Bini Smaghi non si riferiva al nostro paese.
Per l'Economist in edicola oggi gran parte della responsabilità del peggioramento delle prospettive economiche di Grecia, Irlanda e Portogallo ce l'hanno Bruxelles, Francoforte e Berlino. Molto duro il giudizio sulla cancelliera tedesca: I leader europei «si erano accordati su un meccanismo permanente di soccorso da introdurre nel 2013. Ma non sono riusciti a finanziarlo adeguatamente perché Merkel ha rifiutato di stanziare i fondi che il suo ministro dell'economia aveva impegnato». E come se non bastasse, conclude il settimanale, «la Bce sembra intenzionata ad alzare i tassi, mossa che rafforzerà l'euro e metterà a repentaglio gli sforzi dei paesi periferici per diventare più competitivi».


Liberazione 01/04/2011, pag 6

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