Il governo irlandese vara la manovra anticrisi. Tagli brutali alla spesa pubblica per ottenere gli aiuti Fmi
Daniele Zaccaria
E il sogno irlandese si trasformò in un incubo, ma un incubo ad occhi aperti, anzi sgranati. L'ex paese più virtuoso d'Europa, l'allievo modello del credo liberista, la tigre celtica che negli anni 90 vantava un tasso di sviluppo tre volte superiore ai coinquilini europei, applicava scanzonate liberalizzazioni dei servizi pubblici, brandiva sfrontati scudi fiscali ante litteram e aveva un mercato del lavoro più flessibile della gomma da masticare, ora rischia di diventare lo zerbino dell'Ue. Come la Grecia, se non peggio della Grecia. Con un rapporto tra deficit e prodotto interno lordo che rasenta il parossismo: 32%. Per avere una vaga idea delle proporzioni basti pensare che il cosiddetto Patto di stabilita incluso nel trattato di Maastricht prevede un tetto massimo del 3% e quando una capitale sfora di qualche zero virgola va in scena un piccolo psicodramma nazionale.
A Dublino, invece, si sta sfiorando la tragedia e il rimedio sembra persino peggiore del male. Quindici miliardi di euro (il 10% del Pil), è questa la cifra astronomica della manovra anticrisi varata ieri dal governo, quindici miliardi di cui dieci consacrati al taglio della spesa pubblica. Sei dei quali dovranno essere risparmiati entro la fine del 2001. Per stare dentro questi rigidi parametri bisognerà spingere sull'acceleratore, con il rischio di pericolose sbandate durante il tragitto. D'altra parte l'Unione europea, Angela Merkel in testa, fa la voce grossa: «Aiuteremo l'Irlanda a venir fuori dalla sua crisi ma le condizioni devono essere molto severe», ha detto la Cancelliera tedesca al Bundetsag, facendosi portavoce del sentimento d'allarmismo che pervade l'Unione in queste convulse giornate "irlandesi", in cui i leader comunitari temono come la peste un fatale contagio di tutta la zona Euro. Certo, Merkel ha lanciato un ragionevole monito ai governi affinché «limitino l'invadenza dei mercati», ma si tratta di un auspicio per il futuro. Ora è il momento delle lacrime e del sangue, poi si vedrà.
La finanziaria di Dublino in tal senso non lascia spazio a interpretazioni sibilline: verrà dimagrito il già rachitico welfare state, verranno falcidiati gli stipendi degli statali (fino al 10% in meno), verranno soppressi almeno 25mila posti di lavoro nella funzione pubblica. Naturalmente nel piano è previsto anche un cospicuo aumento delle tasse per fare entrare liquidità negli esangui forzieri delo Stato, seguendo però lo stesso spirito "anti-keynesiano" imposto da Ue e Fmi. Il volano sarà infatti l'Iva, la classica imposta indiretta che permette di fare cassa penalizzando il consumo dei ceti medio bassi (già penalizzato dalla compressione dei salari), la quale aumenterà di due punti in due anni. Colpiti al cuore anche i redditi più modesti che in media pagheranno 3mila euro di tasse in più per i prossimi tre anni. Provvedimenti che, come scrivono numerosi economisti europei, mortificano la domanda interna, azzerano il potere d'acquisto dei lavoratori e quindi potrebbero trasformare la strisciante recessione economica in una vera e propria crisi sociale.
Invariata invece la pressione fiscale sulle imprese che, per inciso, resta tra le più basse e attraenti dell'intero mondo occidentale, circa due volte e mezzo in meno della media europea. Sono previsti anche generosi aiuti alle banche messe in ginocchio dalla speculazione e dallo scoppio della bolla immobiliare: lo Stato rileverà di fatti la Allied Irish Bank controllando il 99% del capitale ed entrerà come azionista principale nella Bank of Ireland, con una quota del 36%.
«Queste misure sono dolorose ma indispensabili, come lo sono i sacrifici che dovremo fare nei prossimi tempi», ha detto il contestatissimo premier Brian Cowen. D'altra parte i tagli draconiani alla spesa sono la cauzione da pagare a Fondo monetario e Ue per ottenere il pacchetto di salvataggio internazionale da 85 miliardi di Euro; la manovra da 15 miliardi varata ieri dall'esecutivo conservatore, costituisce da questo punto di vista un tasso d'interesse da usura, che sfiora il 20%.
Furibonda l'opposizione e i sindacati, che promettono dura battaglia contro il piano di austerità: «E' un massacro, la vita delle persone diventerà insopportabile e ci saranno disordini sociali», ha commentato amaramente Eamon Devoy, segretario del Teeu, la principale confederazione del Paese, che ha chiamato i lavoratori in piazza per sabato prossimo.
Liberazione 25/11/2010, pag 2
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