sabato 10 luglio 2010

Una galassia da esplorare. ci sono a destra, in Europa, tre grandi famiglie

C’è un universo, poco conosciuto, della destra moderata europea che può, invece, fornire una ricchissima messe di informazioni dettagliate e puntuali. E la ricerca che si può avviare riguarda tutta la destra moderata europea, suddivisa nelle sue tre grandi famiglie politiche, quella liberale, quella confessionale e quella conservatrice.

Questa tripartizione riflette orientamenti ideologici e posizionamenti nello scacchiere politico ben distintivi.

Tendenzialmente, i partiti confessionali sono più vicini al centro dello spazio politico rispetto a liberali e conservatori. E anche la forza organizzativa ed elettorale varia in base all'appartenenza alla famiglia politica. Tutti i partiti liberali, dagli anni sessanta agli anni novanta, perdono iscritti, mentre i partiti confessionali (Cdu/Csu in testa: +150%!) e soprattutto i conservatori li aumentano. Benché il più importante partito conservatore, quello britannico, subisca in questo periodo una devastante emorragia di iscritti (-82%), questo calo è abbondantemente compensato dal sangue fresco dei nuovi partiti conservatori dell'Europa meridionale: la Nuova democrazia greca, Il Partito popolare spagnolo e il Partito-socialdemocratico (che lo è solo di nome) portoghese hanno dimostrato una sorprendente capacità di reclutamento.
Sul piano elettorale, fino all'inizio degli anni sessanta, i partiti confessionali erano nettamente più forti dei loro partner liberali e conservatori. In seguito hanno progressivamente perso consensi a favore dei conservatori i quali, a partire dagli anni ottanta, sono diventati la famiglia politica più consistente della destra, mentre i liberali sono rimasti in una posizione marginale. Da una media del 34% di voti nel periodo 1945-61 i partiti confessionali sono scesi al 21% nel periodo 1980-98. I conservatori, invece, negli stessi periodi, sono saliti dal 24% al 30%. Il declino elettorale dei partiti di ispirazione religiosa sarebbe stato ancora più rovinoso se non fosse stato frenato dalla tenuta della Cdu/Csu e dal recente sviluppo di partiti confessionali in Scandinavia. Ma né il lungo regno del Kaiser Kohl né la vitalità dei - peraltro piccoli - partiti scandinavi ha controbilanciato le perdite. Sul lato conservatore, invece, alla buona salute dei due grandi partiti insulari (Tory inglese e Fianna Fail irlandese) vanno aggiunte le eccellenti performance dei partiti moderati di Portogallo Grecia e Spagna - tutti oltre il 35% - e la dinamica positiva di tutti gli altri, per quanto questi ultimi siano di dimensioni più ridotte e non superino il 20% dei voti. In sostanza, la fiaccola del moderatismo europeo è passata dalle mani dei partiti confessionali a quelle della destra secolare non solo per il declino della rilevanza del fattore religioso quanto piuttosto per il diffondersi, negli anni ottanta, della ideologia neo-conservatrice che ha rilanciato i tradizionali partiti conservatori ed ha rappresentato il messaggio più appealing per i nuovi elettorati appena approdati alla democrazia dei paesi mediterranei.

Ricomponendo i risultati elettorali di tutte e tre le famiglie politiche analizzate, risulta che il ventre molle del conservatorismo europeo è a nord, nella penisola scandinava. Una delle ragioni di questo assetto dipenda dalla frammentazione o meno della destra: laddove i moderati sono rappresentati da un solo partito - conservatore o confessionale che sia, con i liberali a fare da junior partner come in Gran Bretagna o in Germania - la destra è forte; laddove sono divisi in componenti di peso simile e ridotto come in Scandinavia e in parte, nel Benelux, la destra è debole.

Rispetto a questo quadro l' Italia come si colloca? Fino al 1994 il predominio della Dc assegnava l' Italia al gruppo dei paesi a maggioranza moderata con un partito egemonico di tipo confessionale. Oggi la destra italiana è polimorfa: una componente confessionale molto ridotta (Ccd-Cdu), un partito maggiore neo-conservatore (Fi) e due altri partiti inclassificabili nelle tradizionali famiglie politiche "moderate" (la post-fascista An e la regionalista-separatista Lega). Come la ricerca ha dimostrato, la divisione della destra è un handicap solo se non ha una forza egemone e se si trova di fronte ad sinistra unita; nel nostro caso anche la sinistra è divisa e quindi il fronte moderato non dovrebbe essere penalizzato dalla sua diversità.

http://puntofermo.livejournal.com/106311.html

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