lunedì 12 luglio 2010

Ventimila stranieri tornano a casa senza riscuotere la pensione

Effetto della crisi, ma la legge impedisce di incassare i contributi prima dei 65 anni

Beatrice Macchia
Ventimila lavoratori stranieri potrebbero lasciare l'Italia per tornare nel Paese di origine senza poter riscuotere i contributi versati all'Inps.
E' il calcolo effettuato dal portale lavoce.info sul numero dei migranti che, perduto il lavoro, diventano irregolari e quindi si vedono costretti ad abbandonare tutto.
La legge concede soltanto sei mesi di tempo per cercare una nuova occupazione, ma in tempo di crisi non è semplice.
La Bossi-Fini dice anche altro: che gli stranieri possono richiedere la pensione soltanto a 65 anni, a prescindere dal numero di anni lavorati in Italia. Secondo i dati Istat sulle forze lavoro, nel 2009 gli immigrati disoccupati sono saliti a 239mila e cioè 77mila persone in più rispetto all'anno precedente. E' probabile che oggi il numero sia arrivato a 90mila.
Gli stranieri sono il 7,5% della forza lavoro, ma costituiscono il 12,5% delle persone alla ricerca di un mestiere e questo dà conto di come la crisi economica abbia colpito più duramente i non italiani, spesso impiegati in rapporti di lavoro precario o in nero.
Dunque, dopo sei mesi di ricerca infruttuosa, almeno ventimila potrebbero fare le valigie e andarsene, lasciando nelle casse della previdenza circa 200 milioni di euro. In realtà gli immigrati che torneranno a casa saranno molti di più, ma, in base ad accordi di reciprocità con l'Italia, potranno percepire la pensione anche se non hanno compiuto 65 anni: sono per esempio i cittadini comunitari, i tunisini e chi possiede la carta di soggiorno. Marocchini, albanesi, ucraini, cinesi, indiani e molti altri, invece, avranno le tasche vuote.
E molti di loro, quando avranno 65 anni, non presenteranno domanda di pensione in Italia perché non conoscono la normativa e pensano di avere perduto per sempre quei contributi.
Naturalmente si tratta di un'ingiustizia, visto che soltanto nel 2007 l'Inps ha ricevuto dai lavoratori stranieri 21 miliardi di euro. Ma il reddito prodotto dagli immigrati è sicuramente più alto, perché la previdenza pubblica non può tenere conto dei lavoratori stranieri in nero, come le migliaia di colf e badanti. Si calcola che gli stranieri non in regola alimentano quel 15-16% di valore aggiunto al Pil che viene prodotto dall'economia sommersa.
I migranti, inoltre, pesano molto poco sul sistema pensionistico poiché la stragrande maggioranza è ancora giovane e in età da lavoro: il 70% ha meno di 40 anni e il 22,4% è costituito da minorenni. Nel 2006 percepivano la pensione circa 285mila stranieri (pari all'1,2% dei pensionati), con una media di 583 euro al mese. Una quota esigua, che non crescerà molto nei prossimi anni. Insomma, è chiaro che la presenza dei migranti contribuisce alla ricchezza dell'Italia senza pesare sulle casse del Paese.
Una evidente discriminazione è invece costituita dall'assegno sociale, erogato soltanto agli stranieri che hanno soggiornato regolarmente e continuativamente in Italia per 10 anni: una norma del 2009 varata dal governo che voleva così rispondere ad alcune truffe, alimentate in maniera propagandistica dalla Lega, perpetrata da migrati anziani che si stabilivano per breve tempo in Italia per richiedere l'assegno sociale e poi tornare in patria.
Secondo le tabelle elaborate da Caritas/Migrantes negli anni scorsi, quest'anno andranno in pensione circa 20mila stranieri, un numero che si manterrà pressoché invariato fino al 2014, dal 2015 invece saranno almeno 35mila l'anno. Nei prossimi anni tra gli immigrati ci sarà insomma un pensionato ogni 25 residenti, mentre tra gli italiani il rapporto è uno a cinque.
Le pensioni più basse percepite dai migranti corrispondono a salari più bassi guadagnati durante l'età lavorativa: sempre secondo la Caritas, la differenza di guadagno tra un lavoratore italiano e straniero può arrivare a 10mila euro.

Liberazione 13/06/2010, pag 4

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