Accusati di violare segreti militari. Secca reazione del Cremlino: «E' una provocazione e una farsa politica»
Matteo Alviti
Nella rete tesa dal controspionaggio di Tbilisi sono finiti in 13. Nove georgiani e quattro russi. Una bella pesca per il David transcaucasico di nuovo alle prese con il suo Golia. O una «farsa politica», come la giudica il viceministro degli esteri russo Karasin, oltraggiato per quel che Mosca ritiene accuse inconsistenti.
Il ministro degli interni georgiano Shota Utiashvili ha reso noto ieri l'arresto di tredici persone accusate di aver organizzato una rete di spionaggio in grado di tenere aggiornato il servizio segreto militare russo per l'estero, il Gru, su informazioni sensibili riguardanti la sicurezza georgiana - dai sistemi di difesa al commercio di armi con gli alleati occidentali. «Si tratta di un grande successo per la Georgia e di un duro colpo al Gru», ha chiosato Utiashvili.
Il ministro degli interni ha spiegato che la rete è stata smantellata grazie a un complesso gioco di controspionaggio, che ha visto come protagonista un ex ufficiale dell'esercito sovietico doppiogiochista infiltrato nel Gru. Oltre ai tredici arrestati, Tbilisi avrebbe scoperto diverse decine di persone che opererebbero sotto copertura. I georgiani hanno potuto completare il puzzle per mezzo della decodificazione di messaggi cifrati russi topsecret, resa possibile grazie all'hardware e al software sottratto dall'agente doppiogiochista. Tra gli arrestati, sei georgiani erano piloti militari che presumibilmente fornivano informazioni sulle risorse militari, in termini di uomini e mezzi, e sulla prontezza per un'eventuale reazione dell'esercito. Gli altri tre erano due marinai, che avrebbero informato sui segnali radio, e un civile. Tra i quattro cittadini russi c'erano un ufficiale di collegamento del Gru, un uomo d'affari impegnato nella sorveglianza di singoli, e due impiegati di una compagnia per le ispezioni portuali, la Saybolt Georgia. Presumibilmente quest'ultimi fornivano informazioni sui carichi di armi in arrivo dall'estero. Il gruppo di spie, in azione già da prima dell'ultimo conflitto russo-georgiano del 2008, era concentrato, secondo Utiashvili, nella regione di Adjara, sul Mar Nero, ex territorio ribelle supportato da Mosca e tornato sotto il controllo di Tbilisi nel 2004.
Una fonte anonima del ministero degli interni russo ha subito derubricato ieri il tutto a una «provocazione che rivela il peggioramento della psicosi anti-russa della classe dirigente georgiana». Il diplomatico anonimo ritiene che la notizia degli arresti sia solo una manovra di Tbilisi per screditare la Russia prima del summit Nato che si terra a Lisbona il prossimo 19 e 20 novembre, a cui parteciperà anche il presidente russo Medvedev. «Siamo molto arrabbiati», ha aggiunto. Già nel 2006, due anni prima dell'ultimo conflitto russo-georgiano, quattro militari russi erano stati arrestati con l'accusa di spionaggio - rilasciati e rimpatriati poco dopo.
Dalla guerra dell'estate del 2008 i rapporti sono rimasti estremamente nervosi. Il conflitto era scoppiato, in seguito ad anni di tensioni crescenti, dopo che le forze militari di Tbilisi avevano tentato di riprendere il controllo di quella parte di territorio, l'Ossezia del sud, formalmente parte integrante della Georgia, ma sostanzialmente da tempo sotto amministrazione separata garantita dai russi. Il conflitto era costato la vita a circa 250 militari, tra russi e georgiani, e 500 civili. Più di 150mila persone, inoltre, erano state costrette a lasciare le loro case per sfuggire al conflitto. Mosca è tuttora presente in territorio georgiano - o sudosseto, a seconda dei punti di vista - con un contingente militare rinforzato rispetto a prima del conflitto, quando l'Ossezia del sud era sorvegliata dai militari del Cremlino in qualità di osservatori internazionali. Ad oggi solo la Russia, il Nicaragua, il Venezuela e Nauru - la repubblica indipendente dell'Oceania più piccola al mondo - hanno riconosciuto l'indipendenza dell'Ossezia del sud.
Gli incriminati, ha detto ieri il ministro Utiashvili, saranno processati in Georgia. Del resto «non abbiamo ricevuto richieste di rimpatrio da nessuno».
Liberazione 06/11/2010, pag 7
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