Rousseff, candidata di Lula al 56%. La lotta alla povertà rimane la sua priorità
Matteo Alviti
«Yes, a woman can». E' Dilma la nuova presidente. Nulla hanno potuto gli appelli al cambiamento della classe dirigente lanciati dallo sfidante socialdemocratico José Serra, né il tentativo di ingerenza della chiesa cattolica, preoccupata per il futuro del divieto di aborto imposto alle donne brasiliane. Dal prossimo primo gennaio - dopo otto anni di governo illuminato di Luiz Inacio Lula da Silva -, Dilma Rousseff assumerà la carica di presidente del Brasile. La prima donna presidente della storia del paese, ottava potenza economica mondiale, quinto per grandezza.
Della sua vittoria, in fondo, non c'era da dubitare. Troppo esigue politicamente le figure degli sfidanti - con l'eccezione del successo inatteso in quella misura della sfidante verde al primo turno Marina Silva, segno che nel Partito dei lavoratori si nasconde qualche macchia, in particolare nelle scelte ambientali. Troppo importante il peso del suo padrino Lula. Poca la voglia degli elettori di cambiare quelle politiche di successo che hanno fatto crescere il Brasile a ritmi impressionanti nonostante la crisi finanziaria ed economica mondiale (per il 2010 si prevede un +7% del pil). E che hanno tirato fuori dalla povertà 24 milioni di persone e portandone 31 milioni nella classe media. «Ho votato Dilma perché voglio continuità», ha spiegato Severino da Silva, un quarantaduenne di Sao Paulo guidatore di carrelli elevatori. «Lula ha portato più lavoro, ha stabilizzato l'economia. E ora voglio che Dilma faccia ancora di più».
Domenica nelle urne la sessantaduenne Dilma ha conquistato il 56% dei consensi, contro il 44% dello sfidante del Psdb Serra, ex governatore dello stato di Sao Paulo. La nuova presidente è una figura relativamente poco carismatica, dal passato tumultuoso, quasi sconosciuta alle grandi folle prima che Lula la incoronasse alla corsa per la sua successione. E' salita nella scala del potere di governo in governo, da ministro dell'energia nazionale a capo dello staff di Lula, senza mai passare per un'elezione prima delle presidenziali. Ma quale sarà ora la sua cifra politica? Cosa la distinguerà dal suo predecessore? Secondo David Fleischer, uno degli autori del settimanale di politica Brazil Focus, a differenza del suo mentore Dilma tenderà ad accentrare le scelte su di sé, limitando la tendenza alla delega esercitata da Lula. Il futuro ex presidente era solito avvalersi di «persone che lo rappresentassero. E Dilma tra queste aveva il ruolo di una sorta di primo ministro, o presidente aggiunto. E' nota per essere una manager», ha detto Fleischer.
Criticata da qualcuno per non essersi data durante la campagna elettorale, un profilo netto, per non essere uscita dall'ombra della fama di Lula, nel discorso di domenica sera Dilma ha finalmente cominciato ad aprire la strada del suo primo mandato: sradicare la povertà dal Brasile rimarrà la sua priorità. «Ho detto in campagna elettorale che tutti quelli che hanno bisogno di aiuto - bambini, giovani, disabili, disoccupati, anziani - avranno la mia attenzione. E ora riconfermo il mio impegno». Dilma vuole un Brasile più aperto alle donne, sogna che un giorno «i genitori possano guardare negli occhi le figlie per dirgli che "sì, una donna può"».
Per realizzare quanto promesso Dilma potrà valersi delle due solide maggioranze della coalizione di dieci partiti guidati dal Pt, che contano su 58 seggi su 81 nella camera alta e più di 300 su 513 in quella bassa. L'aiuto delle camere le servirà per tentare di risolvere i gravi problemi che affliggono ancora il paese, dalla debolezza del sistema sanitario, scolastico, universitario, alla corruzione che funesta quello giudiziario. Per finire con gli alti tassi di criminalità e la realizzazione delle necessarie infrastrutture, anche in vista dei mondiali di calcio del 2014 e delle olimpiadi del 2016.
Liberazione 02/11/2010, pag 4
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