Dal 2013 l'Unione europea adotterà un fondo e un sistema di regole "anticrisi". Sanzioni per gli inadempienti
Matteo Alviti
Una vittoria per la Germania. Ma non nella misura in cui avrebbe voluto la cancelliera Angela Merkel, sostenuta dal presidente francese Nicolas Sarkozy. Dal 2013 l'Europa avrà un suo sistema stabile per garantire la tenuta del sistema economico in casi di gravi crisi finanziarie ed economiche come quella esplosa nel 2008. Lo hanno deciso ieri i capi di stato e di governo dei ventisetti membri dell'Unione euoropea riuniti a Bruxelles per il summit che ha anche definito le misure comuni di contenimento del deficit e della spesa pubblica e il sistema di sanzioni per gli inadempienti.
Ieri è stata così avviata la più importante riforma monetaria da quando è stato introdotto l'euro, che dovrà in qualche modo - vedremo come - essere integrata con le regole definite dal Trattato di Lisbona. Non siamo ancora arrivati alla fase finale della riforma, che infatti verrà discussa nella forma definitiva per l'approvazione il prossimo dicembre. Ma il summit di ieri è stato fondamentale per tracciare le linee di un processo che rappresenta la composizione di posizioni anche molto distanti.
Da una parte Francia e Germania avevano proposto di portare molto oltre il controllo europeo sui bilanci statali e di addirittura sospendere temporaneamente il diritto di voto ai paesi che non avessero rispettato i nuovi parametri per il patto di stabilità. La Germania inoltre ha puntato, con successo, a tirare dentro più organicamente le banche private nel meccanismo di garanzia, facendo scattare in caso di bisogno l'acquisto di obbligazioni pubbliche. Ma il rinnovato asse franco-tedesco non è riuscito a portare a casa tutti i risultati sperati. Contro quella ipotesi "un po' forzata" - conti a posto contro diritto di voto - si è raccolto un certo numero di paesi, con il sostegno del premier lussemburghese Juncker e del presidente della commissione Barroso, che aveva definito «inaccettabile» quella proposta.
Un altro punto di contesa tra l'asse e i suoi oppositori riguardava poi l'integrazione organica delle riforme nel Trattato, che avrebbero avuto bisogno di un lungo processo di approvazione. Secondo Merkel se così non fosse stato la corte costituzionale tedesca avrebbe potuto opporre un dubbio di legittimità e bloccare il processo. Alla fine ci si è accordati su una modifica lieve del Trattato, che potrà essere semplicemente ratificata dal parlamento. Ma c'è da scommettere che i ricorsi di incostituzionalità pioveranno ugualmente.
Cosa cambierà, in concreto, quando le modifiche saranno approvate in via definitiva? Attualmente l'Ue può sanzionare finanziariamente gli stati che sfondano il tetto di deficit fissato dai tempi di Maastricht al 3%. Se sarà approvato definitivamente il nuovo meccanismo, le sanzioni - progressivamente: un deposito cautelativo con interessi, la perdita degli interessi sul deposito, una multa e, forse, addirittura il taglio dei sussidi - potrebbero scattare preventivamente per quei paesi che programmassero politiche economiche "pericolose" per la stabilità. Come questa pericolosità venga intesa è ancora da definire. Ma per la prima volta potrebbe essere sanzionato anche l'eccesso di debito pubblico - Italia attenta -, il che metterebbe in discussione ogni politica di deficit spending, di spesa pubblica per il sostegno dell'economia e dello stato sociale. Uniche escluse dal meccanismo di sanzioni sono Gran Bretagna e Danimarca, che hanno negoziato l'esclusione dalle regole di budget imposte dal Trattato di Lisbona. A proposito di Gran Bretagna: il premier Cameron è riuscito a convincere Germania e Francia dell'opportunità di inserire un tetto per l'aumento del budget europeo del 2,9%, ben lontano dal 5,9% richiesto da parlamento e commissone europea.
La necessità di una revisione del Trattato di Lisbona era emersa in primavera quando la Grecia era andata vicina al fallimento e l'Europa - dopo settimane di scontro tra i big dell'Unione sull'opportunità e la misura del salvataggio - aveva deciso di intervenire radicalmente per frenare le speculazioni dei mercati finanziari su un possibile fallimento di Atene. Che avrebbe potuto innescare una reazione a catena in grado di far crollare Portogallo, Irlanda, Spagna e, quanto meno, mettere in seria difficoltà l'Italia. I paesi membri intervenirono con il Fondo monetario internazionale prima con un prestito di 110 miliardi di euro su tre anni per la Grecia, e poi stanziando un fondo da 750 miliardi complessivi che scadrà però a giugno del 2013.
E proprio prima di quell'anno dovranno essere ratificate le nuove regole. Sul modo in cui dovranno essere ratificate dagli stati membri e sulla sostanza delle riforme sarà detta l'ultima parola al prossimo vertice europeo di dicembre, quando il presidente dell'Unione Herman van Rompuy presenterà il lavoro fin lì fatto.
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Paolo Ferrero: «E' un regalo ai banchieri»
Per Paolo Ferrero, segretario del Prc/Se Federazione della Sinistra, l'accordo di Bruxelles sul nuovo patto di stabilità mette in evidenza il grande deficit di democrazia dell'Unione europea, in cui i poteri forti dellla finanza si sostituiscono di fatto alla volontà dei cittadini, dettando legge ai vari governi del Vecchio continente che poi eseguono tagli draconiani alla spesa sociale senza batter ciglio.
Ferrero accusa anche il governo, il premier Berlusconi e il grande sacerdote dell'economia Tremonti, di prendere in giro gli italiani, di propagandare un falso ottimismo, nascondendo il fatto che la revisione del già scellerato Trattato di Maastricht significherà anni di sacrifici per le classi più deboli. In Italia, come negli altri paesi della zona euro. Anche perché, far rientrare il debito in così poco tempo, significa che la stangata sarà micidiale. «Berlusconi e Tremonti -puntualizza Ferrero- mentono sui contenuti degli accordi stipulati a livello europeo e minimizzano i disastrosi effetti che gli stessi avranno per gli italiani. La demente politica deflattiva decisa a livello europeo obbligherà l'Italia a stangate di almeno 40 miliardi di euro all'anno per i prossimi vent'anni. Una follia che colpevolmente Berlusconi e Tremonti hanno accettato, facendo gli interessi dei
banchieri ma non certo quelli degli italiani. Noi comunisti diciamo basta a queste politiche europee che fanno scomparire ogni sovranità dei parlamenti democraticamente eletti che vengono sottoposti ai voleri delle oligarchie finanziarie».
Liberazione 30/10/2010, pag 2
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