Da oggi missione a Dublino. Ecofin straordinario a metà dicembre
Matteo Alviti
Berlino
Al secondo giorno di attacco combinato da parte dell'Unione europea e delle grandi istituzioni finanziarie, la testarda solidità irlandese nel rifiutare gli aiuti internazionali ha iniziato a scricchiolare. E così ieri, nel giorno del meeting dei ministri dell'economia e delle finanze dei 27 a Bruxelles, Dublino ha detto sì alla formazione di una missione congiunta con l'Ue, la Banca centrale europea e il Fondo monetario internazionale che individui i passi più urgenti da compiere per frenare lo sgretolamento del sistema bancario irlandese. Oggi stesso un team composto da membri della Commissione europea, del Fmi e della Bce partità dunque per Dublino per esaminare le carte. E stabilire le misure che si renderebbero necessarie qualora il governo del premier Brian Cowen decidesse di chiedere aiuto, è stato chiarito dopo la riunione dell'Ecofin. Proprio Cowen ha tenuto di nuovo a specificare che questa missione si limiterà a stabilire di quale aiuto possa aver bisogno il suo paese, smentendo ancora con forza le voci secondo cui Dublino stia già discutendo un intervento diretto.
Ieri il ministro delle finanze irlandese Brian Lenihan ha detto di aver raccolto tra i ventisei vis-à-vis commenti positivi al suo piano di tagli strategici al budget nazionale. Lenihan, che pubblicherà un documento più dettagliato la prossima settimana, intende risparmiare 15 miliardi di euro. «Quel che può essere utile in questo momento, più che un trasferimento di denaro, potrebbe essere la dimostrazione di dove si possano reperire altri soldi qualora si materializzassero nuove difficoltà», ha detto il ministro. Fino a metà dell'anno prossimo l'Irlanda non dovrebbe infatti avere necessità di reperire nuovi capitali sui mercati internazionali. E questo lascia un po' d'aria al governo.
Ma di che cifre si sta parlando? I 15 miliardi di Lenihan sono sufficienti? Secondo fonti Irlandesi, il paese potrebbe aver bisogno di 50 miliardi di euro, che secondo gli esperti dell'Ue potrebbero facilmente salire a 70 e oltre - la Grecia avrà pure insegnato qualcosa. Ieri i mercati sembravano non aver dato troppo credito all'orgoglioso rifiuto irlandese della mano tesa da Bruxelles, e i costi dei bond irlandesi sono saliti ancora. Il problema, ed è la questione che ha spinto altri paesi a correre in aiuto ancor prima che si gridasse ‘al fuoco', è che oltre ai titoli di stato di Dublino salgono anche i tassi delle altre economie precarie - Potogallo in primis, e poi potrebbero seguire Spagna, Grecia e la solita Italia.
Ma il governo del premier Cowen, che conta su una debole maggioranza, pensa di aver troppo da perdere accettando gli aiuti di Bruxelles. Cosa tema di più è emerso di nuovo ieri dalle parole di Lenihan, che ha ancora una volta smentito le voci secondo cui l'Irlanda dovrebbe alzare la sua tassa per le imprese, attualmente al 12,5%: «La percentuale della nostra tassa sulle aziende è salva», ha detto il ministro delle finanze nonostante sia proprio quell'elemento, considerato concorrenza sleale, a turbare i rapporti con la vicina Gran Bretagna, per esempio.
Proprio i britannici, le cui banche sono esposte in Irlanda per 150 miliardi di dollari, ieri all'ecofin si sono di nuovo detti disposti ad intervenire. Il problema, ha fatto notare il presidente ecofin di turno, il ministro delle finanze belga Didier Reynders, è che si sta cercando una risposta a una domanda che nessuno ha fatto.
Intanto il mancato accordo tra stati membri sul bilancio Ue 2011 e lo spettro di esercizio provvisorio per l'Ue saranno argomento di una riunione straordinaria dell'Ecofin che si terrà nella mattinata del 16 dicembre prima del vertice dei capi di Stato e di Governo a Bruxelles.
Liberazione 18/11/2010, pag 9
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