mercoledì 3 agosto 2011

Karzai avverte la Nato: fermate i raid, o sarete forza occupante

Afghanistan il presidente afghano: non tollererò più vittime civili

Simonetta Cossu
Duro avvertimento del presidente afghano Hamid Karzai alla Nato: se l'Allenaza non sospenderà i raid contro la popolazione civile, la presenza militare internazionale si «trasformerà in una forza di occupazione». «È il mio ultimo avvertimento alle forze Nato. Non verranno più tollerati attacchi contro le case degli afgani» sono state le sue dure parole. Il presidente afgano ha parlato nel corso di una conferenza stampa, ed è apparso categorico. «Gli afgani soffrono per il terrorismo e per la guerra al terrorismo. Se la Nato non smetterà di effettuare raid aerei contro le case degli afgani, la sua presenza verrà considerata come forza di occupazione, contraria alla volontà del popolo afgano. Da questo momento, raid aerei contro le case della gente non sono più consentiti». E per rendere l'avvertimento ancora più concreto ha ricordato che «la storia afgana è testimone di come noi affrontiamo le forze occupanti». Un molto chiaro riferimento a quello che accadde alle truppe dell'Unione sovietica che nel decennio di quel conflitto che da dal 1979 al 1988 contò più di 15 mila militari uccisi.
A far infuriare Karzai è stato l'ultimo "incidente" in ordine di tempo accaduto lo scorso sabato quando un raid Nato ha colpito un edificio provocando la morte di quattordici civili - tra cui donne e bambini - nella provincia meridionale dell'Helmand.
«Prendiamo molto sul serio le preoccupazioni del presidente Karzai, come le notizie sulle perdite civili, che facciamo ogni sforzo per evitare». E' stata la risposta da Bruxelles della portavoce della Nato, Oana Lungescu, aggiungendo che l'Isaf (la missione Nato in Afghanistan) sta conducendo un'inchiesta insieme alle autorità afghane su quanto è accaduto. Ma per ora l'Alleanza fa capire con porrà termine ai raid. «I comandanti Nato in Afghanistan - ha assicurato la portavoce - continueranno a fare tutti gli sforzi per garantire che non vi siano perdite di vite umane, e continueranno a coordinare strettamente queste operazioni con le forze di sicurezza afghane». Si tratta, ha insistito, di operazioni che «continuano a essere necessarie». La Nato ha fretta di levare le tende ma il problema è che non può semplicemente fare le valige ed andarsene. Longescu infatti ha sottolineato che per il Paese «questo è un momento cruciale: le forze di afghane si stanno preparando ad assumere la responsabilità della sicurezza in sette province o distretti, che coprono il 25% della popolazione; un passo significativo verso l'assunzione di responsabilità da parte degli afghani, come prevede la roadmap su cui si sono accordati Kabul e l'Isaf a novembre. La transizione comincerà a luglio e siamo fiduciosi - ha concluso la portavoce della Nato - che sarà completata entro la fine del 2014».Una transizione che molti paesi vorrebbero che venisse accelerata, e forse da qui l'aumento dei raid per fare piazza pulita dei talebani. A spingere per un più rapido ritiro non sono però spinte pacifiste, ma quelle economiche. Di ieri la notizia che la guerra in Afghanistan costerà quest'anno ai contribuenti statunitensi 113 miliardi di dollari nell'anno fiscale in corso e 107 il prossimo. E diversi consiglieri del presidente Barack Obama ritengono la cifra troppo alta per essere giustificata in tempi di crisi di bilancio. A rivelarlo è stato il Washington Post, citando una fonte dell'amministrazione: «Il punto al quale siamo adesso semplicemente non è sostenibile», ha detto la fonte. La difficoltà di giustificare una spesa simile, insieme alla recente uccisione di Osama bin Laden, potrebbe spostare l'equilibrio dentro la Casa Bianca in favore di chi, come il vicepresidente Joe Biden, sostiene l'idea di un ritiro delle truppe dall'Afghanistan più rapido di quanto ora previsto. Il piano ufficiale prevede di cominciare a ritirare le forze Usa dal paese quest'estate, ma il Post osserva che l'allargamento di varie basi Usa in Afghanistan non si è fermato e farebbe pensare a una permanenza di lungo periodo. Lo schieramento opposto a quello che fa idealmente capo a Biden sostiene che parlare di ritiro completo a questo punto sarebbe un errore strategico.


Liberazione 01/06/2011, pag 7

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