martedì 1 aprile 2008

Sciiti

Quella strana alleanza fra salafiti e americani
Reportage da Abu Samra, il quartiere di Tripoli roccaforte dello sceicco Omar Bakri: seguace di al Qaeda, alleato del premier Hariri e quindi degli Usa. In nome del radicalismo sunnita contro il nemico numero uno, gli Hezbollah sciiti Nasrallah? Per Bakri non è un eroe della resistenza ma un alleato di Israele perché garantisce la tranquillità della frontiera sud del Libano
Michele Giorgio
inviato a Tripoli

«Volete saperla una cosa? In Libano uno Stato islamico non si farà mai». Ci guarda dritto negli occhi lo sceicco Omar Bakri, ma il suo tono oscilla tra il serio e il faceto. «Qui sono tutti collaborazionisti, lavorano per il mukhabarat (servizi di sicurezza), amano il cibo buono, i ristoranti in riva al mare. I veri qaedisti qui non metteranno mai piede perché dopo un paio d'ore verrebbero arrestati».
Dal suo ampio e ben arredato ufficio di Abu Samra, la roccaforte salafita della sunnita Tripoli, Omar Bakri non prende sul serio chi scrive, come di recente ha fatto il giornalista Fidaa Itani, della nascita in Libano di ventina di gruppi e cellule che si rifanno ad al-Qaeda. E sminuisce anche il significato dei combattimenti tra esercito e i qaedisti di Fatah al Islam a Nahr al Bared nonché il peso effettivo dei mustashdidin (estremisti) di Usbat al-Ansar e Jund al-Sham asserragliati nel campo profughi di Ein al-Hilwe (Sidone). «I servizi segreti, non solo quelli libanesi, manovrano tutto e tutti in questa terra e se uno elogia Osama bin Laden finisce subito in prigione, tanti giovani sono stati arrestati», aggiunge con una smorfia del viso. Ma se i servizi non esitano ad arrestare i sospetti qaedisti, come si spiega l'ampia libertà di parola e di movimento che viene lasciata proprio a Bakri, che pure è un aperto sostenitore di bin Laden, predica con passione contro gli Stati uniti e figura sulla lista nera dei servizi segreti della Gran Bretagna (dove ha vissuto per oltre 20 anni)? La risposta sta in quella «zona salafita autonoma» che si consolida giorno dopo giorno ad Abu Samra, all'ombra dei poster giganteschi del leader della maggioranza filo Usa e antisiriana Saad Hariri, figlio dell'ex premier assassinato Rafiq Hariri, nonché capo del partito Mustaqbal (Futuro). Un territorio che ospita gli islamisti più radicali del Libano ma che hanno abbandonato la retorica anti-americana per abbracciare, sotto la guida di Saad Hariri, la causa della lotta all'Islam sciita, a Hezbollah e all'Iran.
Di Tripoli roccaforte dell'estremismo sunnita si è detto e scritto molto, specialmente lo scorso anno quando oltre 150 soldati libanesi sono morti nel lungo assedio alle basi di Fatah al Islam nel campo profughi palestinese di Nahr al Bared, distrutto in gran parte dai bombardamenti e con i suoi 40 mila abitanti sfollati e costretti a vivere in condizioni penose a Beddawi e in località vicine. Addossata la responsabilità di quel bagno di sangue (in cui persero la vita anche oltre 200 militanti islamici e decine di abitanti del campo) ai profughi palestinesi, che pure erano una minoranza esigua in Fatah al-Islam, a Tripoli regna ora una calma insolita, frutto evidente di una intesa tra potere politico e i salafiti che da un lato afferma l'inviolabilità delle forze armate (sempre più equipaggiate e armate dagli Usa) e dall'altro sancisce che i sunniti libanesi, laici o religiosi, devono puntare i loro sforzi contro gli sciiti e il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah. «Ci sentivamo presi di mira, venivamo puniti severamente per le nostre idee ma ora i sunniti sono uniti contro il loro nemico naturale, la setta degli sciiti», ci dice Maher, 22 anni, che si proclama un «sunnita preoccupato dal potere di Nasrallah». Da parte sua lo sceicco Bakri non ama Saad Hariri ma allo stesso tempo denuncia «la gravità della condizione dei sunniti in Libano nei confronti degli sciiti sempre più potenti» e non esita ad accusare Nasrallah di essere, in realtà, «non un eroe della resistenza ma un alleato di Israele, perché con la sua milizia e i soldati dell'Unifil garantisce la tranquillità della frontiera», con lo Stato ebraico.
Le bandiere nere con i versetti del Corano che sventolano ovunque e gli enormi ritratti di Hariri sulla facciata di tanti palazzi di Abu Samra, affermano oltre ogni dubbio l'alleanza stretta tra il leader di Mustaqbal, sponsorizzato a piene mani da Washington e Riyadh, e il radicalismo sunnita libanese. Tutto in nome di un jihad anti-sciita davvero insolito che mette insieme laicismo e salafismo e che è diventato anche un punto di arrivo dell'impegno finanziario saudita in Libano, mascherato da investimenti e da aperture di nuove imprese.
Hariri nega che la promozione del potere politico sunnita rappresenti un aiuto ai gruppi armati. «Sponsorizziamo cultura ed istruzione, non il terrorismo. Gli Hariri non hanno mai avuto e mai avranno le mani sporche di sangue», ha spiegato il leader di Mustaqbal. I fatti però dicono altro. Il partito di Hariri è impegnato a registrare oscure società di sicurezza privata che assomigliano sempre più una milizia sunnita armata con oltre 2 mila affiliati che presto, secondo Fidaa Itani, solo nel nord del Libano arriverà a toccare quota 14 mila. Una di queste società è la al-Afwaj. «I suoi membri sono venuti anche da noi - conferma lo sceicco Omar Bakri - sono molto attivi e cercano di attirare quante più persone qui a Tripoli e in altre città».
Senza dimenticare che i fedelissimi di Hariri hanno anche fornito mezzi di trasporto ai manifestanti sunniti che hanno protestato con violenza contro le vignette su Maometto pubblicate in Danimarca e pagato le spese legali per alcuni salafiti accusati di aver preso parte, qualche anno fa, alla costituzione del mini-emirato islamico di Dinniyeh, non lontano da Tripoli. Spese mediche private e risarcimenti sono stati offerti dal governo di Fuad Siniora e dal Mustaqbal ad Abdel Rahman Hilo e alla famiglia di Bilal Hayek protagonisti di scontri con rivali alawiti e sciiti avvenuti oltre un anno fa. Nel frattempo gli islamisti sunniti non apertamente schierati contro «il nemico sciita» vengono messi fuori gioco. Fathi Yakan, leader storico di una corrente locale della Fratellanza islamica e sostenitore del fronte «8 marzo» guidato da Hezbollah, è stato espulso dal Gruppo Islamico, l'ombrello di varie organizzazioni musulmane.
Dall'alto degli edifici Saad Hariri sorride. A Tripoli ha costruito la roccaforte per combattere contro Hezbollah, con l'aiuto dei salafiti e la benedizione di Washington.

Intervista allo sceicco Daii al Islam al Shahhal principale leader salafita libanese
Gli sciiti? «Sono peggio degli Usa»
I salafiti ora, via i siriani, hanno mano libera. Il laico (e filo americano) Saad Hariri il loro eroe
Mi. Gio.
Tripoli

Il salafismo, che è solo sunnita, si basa sul principio che i Salaf - i primi leader dell'Islam - rappresentino la voce originale che i fedeli devono tornare ad ascoltare. Il suo concetto fondamentale è la distinzione tra i valori originari da accettare e l'innovazione (qualificata come «shirk», politeismo) rispetto ai tempi di Maometto che è da respingere, così come le culture estranee, anche in modo violento. Sono due le forme di salafismo: quello riformista tra la fine dell''800 e inizi '900 guidato da teologi come Mohammed Abdo e Jamal al Din al Afghani, volto a ricostruire il pensiero islamico e che ha dato origine tra gli altri alla Società dei Fratelli musulmani, e quello wahabita che oggi domina in Arabia saudita. Dal salafimo riformista, negli anni '60, sotto la spinta anche dell'egiziano Sayyed Qutub, è nata la corrente estremista del «Takfir» (quando si dichiara una persona o una intera società «non credente»). La fusione della visione radicale-violenta dell'egiziano Ayman Zawahry e di quella del wahabita saudita Osama bin Laden ha partorito l'alleanza ideologico-militare rappresentata da al Qaeda. In Libano, tenuti sotto stretto controllo per 30 anni dai servizi segreti siriani, i salafiti, dopo il ritiro delle truppe di Damasco nel 2005, hanno ritrovato una ampia libertà di movimento.
A causa anche del sistema settario e confessionale ora concentrano la loro azione in particolare contro lo sciismo (non riconosciuto come propriamente islamico) di cui è principale rappresentante il segretario di Hezbollah, Hassan Nasrallah. Convinto che la cosiddetta «Mezzaluna sciita» sia più pericolosa dell'imperialismo americano, è il principale leader salafita libanese, lo sceicco Daii al-Islam al Shahhal di Tripoli (la sua scuola el-Hedaya al-Islamiya vanta centinaia di seguaci). Al-Shahhal, nel nome della lotta ad Hezbollah, ha raggiunto una intesa non scritta con il potente sunnita Saad Hariri, il leader della maggioranza di governo, sebbene quest'ultimo sia un musulmano laico e fedele alleato degli Usa. Lo abbiamo intervistato ad Abu Samra, il «cuore» salafita di Tripoli.

Sceicco al-Shahhal, come valuta la situazione dei musulmani sunniti oggi in Libano, soprattutto cos'è cambiato per i salafiti da quando i siriani hanno lasciato il paese?
Sono cambiate tante cose per noi e per tutti i sunniti da quando i siriani non sono più in Libano e si è spezzata la stretta relazione tra i servizi segreti dei due paesi. Ci sentiamo più liberi. Prima non potevano esprimerci, eravamo controllati. La stampa era imbavagliata da una autorità che, peraltro, dava un forte sostegno agli sciiti. Per fortuna ora possiamo muoverci.

In Libano ora godete di una libertà di manovra che in altri paesi della regione vi viene negata. Si deve solo alla partenza dei siriani?
No, dipende in buona parte dal potere di Saad Hariri, un «eroe» che sta portando avanti l'azione di suo padre Rafik per ridare forza al sunnismo. Saad Hariri avrà un grande futuro anche se ci sono famiglie sunnite di Tripoli, come i Karame, o a Sidone come il clan di Osama Saed, che lo ostacolano. Lui è il vero capo dei sunniti.

Ma Hariri è un laico e un alleato degli Usa che voi accusate di imporre ai musulmani una cultura contraria all'Islam...
La questione sciita è un problema che riteniamo ben più grave delle interferenze e progetti Usa. Con ciò non voglio dire che i sunniti libanesi debbano accettare l'influenza degli Stati uniti ma rendersi conto che è meno pericolosa di quella degli sciiti e riconoscere di aver trovato in Saad Hariri il loro protettore. Il pericolo Usa è più generale mentre l'attacco degli sciiti è diretto.

E in cosa consistono questi attacchi?
Prima di tutto vengono dalle loro basi teologiche che possono danneggiare la nazione islamica. Subito dopo dall'appoggio che siriani e iraniani offrono agli sciiti ed Hezbollah nel sud del Libano negli attacchi contro Israele.

Ma anche voi dite di voler attaccare Israele...
E' ben diverso. Siamo certi che la zona tampone che esiste di fatto tra Libano e Israele sia frutto di una intesa con gli israeliani volta a proteggere i sionisti e a creare le basi per un unico stato sciita che partendo dall'Iran, passando per Iraq e Siria, arriva fino al Libano meridionale a maggioranza sciita. Tutto questo non dovrà avvenire mai.

E come pensate di impedirlo?
Non credo alla creazione di milizie contrapposte ma considero legittimo il diritto dei sunniti all'autodifesa.

Ma lei riconosce gli sciiti come musulmani?
Gli sciiti per me sono una setta islamica che percorre una strada che va nella direzione opposta alla nostra e che accetta falsi dogmi.

Manifesto 28 Marzo 2008