lunedì 10 marzo 2008

Gerry Adams

«L'inimmaginabile è accaduto»
Dopo il congresso del Sinn Fein lo scorso weekend, Jerry Adams fa il bilancio di un decennio cruciale
Gerry Adams *

Un anno è passato dal precedente congresso e la situazione politica si è trasformata abbastanza radicalmente. Anzi si può affermare che l'inimmaginabile, qualcuno direbbe l'incredibile, è accaduto. Ian Paisley e Martin McGuinness siedono, partner uguali, nel governo condiviso del nord. Inoltre il Sinn Fein ha nominato i ministri dell'agricoltura e dello sviluppo regionale, e la ministra all'istruzione. Oggi il Sinn Fein è riuscito a porre al centro della politica nordirlandese l'uguaglianza. Ed è la prima volta che accade. Le istituzioni nord e sud lavorano e cominciano a avere un impatto reale.
Nel 1968, quarant'anni fa, quando ero molto più giovane, il movimento per i diritti civili al nord è sceso in piazza. Riuniva repubblicani, socialisti, nazionalisti e altre forze progressiste attorno a richieste di base: diventato organico e spontaneo, ha raccolto il consenso delle masse. L'attacco contro quel movimento nell'ottobre del '68 a Derry ha segnato l'inizio della discesa verso un conflitto che sarebbe durato oltre un quarto di secolo. Ci sono volute le iniziative dei repubblicani e la strategia di pace perseguita dai repubblicani per arrivare alla firma dell'accordo di pace, nell'aprile di dieci anni fa. Naturalmente quell'accordo che continuiamo a sostenere e difendere, è un work in progress. Ci sono ancora questioni aperte. Non c'è ancora per esempio una legge sui diritti e le disparità, anche di opportunità economiche in molte zone del paese, nord e sud, sono ancora evidenti. Inoltre il settarismo continua a essere un problema difficile da sradicare.
Gli storici hanno sottolineato che le richieste del movimento per i diritti civili non avrebbero potuto essere soddisfatte dalla classe dominante unionista senza provocare una crisi nello stesso unionismo. I leader unionisti decisero di non correre il rischio di una simile crisi. Il resto è storia. Lo stesso dilemma affligge l'unionismo oggi. Al suo interno continua a esserci chi non vuole dividere il potere con i repubblicani. E cerca attivamente di porre fine a questo governo. Naturalmente riconosciamo che senza la lungimiranza di alcuni leader unionisti le istituzioni politiche che oggi abbiamo non sarebbero mai esistite. La speranza è che questo unionismo riesca ad avere la meglio su chi vorrebbe riportare indietro le lancette del tempo.
Vicini all'obiettivo
Per quanto riguarda la riunificazione irlandese, mai come in questo momento siamo stati così vicini a raggiungere il nostro obiettivo. Nonostante dentro l'establishment irlandese sia incancrenita una posizione partizionista, c'è un crescente sostegno per l'unità irlandese e c'è maggior consapevolezza dell'importanza di una economia unita per il futuro della nazione. Ma nulla accadrà per caso. Dobbiamo stabilire come intendiamo raggiungere questo obiettivo e come riusciremo a creare le condizioni di un'Irlanda unita.
E significa anche affrontare le difficoltà poste dal trattato di Lisbona. Il trattato prevede un maggior coinvolgimento irlandese nei gruppi di battaglia europei, nell'agenzia di difesa Ue, nell'alleanza militare partnership per la pace, nella Nato. Il trattato concede alle istituzioni Ue troppo potere. A nostro avviso per contrastare questo trattato bisogna prima di tutto votare no al referendum, costringendo così i leader al tavolo negoziale ancora una volta. In quella sede dovremo lavorare per assicurare l'introduzione di un articolo che protegga la neutralità irlandese, ma anche la possibilità di optare per la cessazione del sostegno al nucleare, all'agenzia di difesa Ue e altri contributi alla spesa militare europea.
Certamente essere membri della Ue ha portato grandi benefici al nostro paese, compresi investimenti nelle infrastrutture, una legislazione più progressista per i lavoratori e per le donne, sostegno fondamentale al processo di pace, positive iniziative ambientali. Ma tutto ciò ha avuto un prezzo, che va dalla completa distruzione della nostra florida industria peschereccia, alla crescente perdita di potere, all'abbandono di una politica estera progressista e indipendente. Il posto dell'Irlanda è in Europa. Ma si può appoggiare l'Europa e essere a favore di una maggiore democrazia e della neutralità. Il nostro impegno alla neutralità si fonda sulla convinzione che la lunga lotta del popolo irlandese per la libertà e l'indipendenza ha riscosso il rispetto di tanti nel mondo. Un rispetto che è cresciuto con il processo di pace. Gli irlandesi sono considerati come sinceri mediatori in zone di conflitto, specie nelle regioni che hanno sofferto il domino coloniale e imperialista. Perseguire questa politica però richiede un governo e un sistema politico pronto a lottare per valori di progresso e di uguaglianza anziché accettare supinamente le direttive delle forze globali più potenti.
Ma il governo è sordo
Il governo irlandese non è in sintonia con la maggioranza del popolo irlandese che ha una posizione precisa sulla politica globale, non sottomessa a chi tra le grandi potenze tira il primo colpo. Prendiamo il medioriente. Che cosa sta facendo questo governo per dire basta all'incredibile trattamento riservato ai palestinesi che hanno il diritto a avere un loro stato? Nulla. E che cosa sta facendo rispetto all'ingiusta invasione e occupazione dell'Iraq da parte di Usa e Gran Bretagna? Nulla. Il Sinn Fein è molto chiaro. L'occupazione dei territori palestinesi deve cessare. La guerra in Iraq deve cessare. Siamo anche contrari alla demonizzazione dei leader di quei paesi che cercano di esercitare la loro sovranità e il controllo sulle loro risorse, come il Venezuela, Cuba e più recentemente Bolivia e Ecuador. Il Sinn Fein ha una visione globale che è quella di promuovere una vera democrazia. Ed è per questo che abbiamo aiutato i processi in medioriente, Sri Lanka, tra i popoli dei paesi baschi e della Spagna, in Iraq.
Sappiamo bene che per far sentire la nostra voce in queste e altre questioni dobbiamo crescere come partito. Per farlo dobbiamo affondare le nostre radici nelle comunità. E bisogna essere chiari sui pericoli che la nostra società si trova di fronte. Se permetteremo che il sistema a doppia velocità nell'istruzione, sanità e welfare continui a svilupparsi ci troveremo con sempre maggiori divisioni nella società e anche a livelli più alti di povertà e criminalità. Se i ricchi e super ricchi continueranno a essere protetti dal sistema di concessioni fiscali del governo la gente comune sarà sempre più delusa. C'è una crescente disperazione e cinismo per gli standard nella vita pubblica ed è sempre più diffusa l'idea che i politici siano corrotti o corruttibili. E quanto efficace può essere la democrazia se centinaia di migliaia di cittadini non votano e anzi sono sempre più scettici nei confronti del processo politico? Non vogliamo far la predica a nessuno, ma i politici dovrebbero evitare di porsi in situazioni di conflitto di interesse. Una rinnovata fiducia nella rappresentanza si costruisce solo con il dialogo e il coinvolgimento dei cittadini.
Dal punto di vista economico pensiamo che la corsa del governo verso le privatizzazioni vada fermata. Le società in attivo oggi in mano pubblica devono rimanere pubbliche. Non dimentichiamoci che per la prima volta in molti anni i giovani sono costretti a lasciare il paese in cerca di lavoro. Dobbiamo agire subito per contrastare questa tendenza. Questo governo si aspetta dai lavoratori che hanno contribuito più di chiunque altro alla crescita della Tigre Celtica (beneficiandone meno di tutti) che tirino la cinghia in questi tempi di incertezza economica. E' inaccettabile che il 20% della popolazione viva in condizioni di povertà. Le cose da fare dunque sono molte. Il cammino è appena iniziato.
*Presidente Sinn Fein

Manifesto 9 Marzo 2008

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