giovedì 27 agosto 2009

Una metropoli costruita su un'autostrada

Duecento km di lunghezza, come da Roma a Napoli: LA è pensata per le 4 ruote, non per le persone

Cristina Petrucci
E' il 1966 quando il giornalista e filmaker Antonello Branca decide di ritornare negli Stati Uniti. Nato nel 1935 a Roma, ma sardo d'origine, è fotografo in Kenia a soli 24 anni. Prima di partire erano diversi anni che collaborava con Tv7 , il programma d'informazione della seconda rete nazionale. E' il primo regista nel 1963 a documentare il disastro del Vajont e a denunciarne le responsabilità umane. Proprio per questo viene messo all'indice e allontanato dal programma per un lungo periodo. E' poco dopo che Antonello decide di allontanarsi dal Vecchio Mondo per filmare e raccontare le profonde trasformazioni che invece sta vivendo il Nuovo. Siamo appunto alla metà degli anni '60. Gli Stati Uniti sotto la presidenza di Johnson sono impelagati nella guerra in Indocina con 385.000 uomini. Alla presidenza della Nazioni Unite c'è Amintore Fanfani. E' da poco stato ucciso John Fitzgerald Kennedy di cui Branca ci lascia un'affascinante intervista realizzate nel 1963.
E' proprio nell'aprile di quell'anno che il presidente Kennedy chiede al Congresso di emanare leggi che garantiscano ai cittadini neri uguale accesso ai servizi e alle strutture pubbliche e private e che non sia permessa la discriminazione nelle assunzioni da parte di imprese e istituzioni federale. E' la strada per l'attuazione del Civil Rights Act che diventerà legge l'anno seguente. Ma è la California ad affascinare Antonello Branca, dove si recherà in quegli anni dopo aver realizzato What's happening sulla beat generation newyorkese.
E' il 1968 quando arriva nella "Terra d'oro" degli Stati Uniti d'America, in particolare nella sua capitale Los Angeles. I Lakers sono stati appena sconfitti dai Boston Celtics nell'NBA Playoffs. Quella che Antonello trova è una città che sta ancora cercando di dimenticare i fatti di Watts, una sommossa a sfondo razziale di imponente portata durata per 6 giorni nell'agosto del 1965. Alla fine delle giornate di rivolta si conteranno 34 morti, 1.032 feriti e 3.952 arresti. Ma la Città della Chiesa della Nostra Signora degli Angeli della Porziuncola di Assisi, comunemente abbreviato in LA, è in crescita ed espansione. E' in particolare una città in automobile. Così Branca chiamerà il primo di tre documentari sulla California che verranno anche trasmessi in Italia, sulla rete nazionale, l'anno dopo.
Prodotto dalla Filmakers Research Group il documentario è realizzato in collaborazione con Andrea Barbato (indimenticabile la sua Cartolina ) e racconta le aporie di una città che ha sviluppato l'organizzazione degli spazi sull'uso dell'automobile. Immagini straordinarie documentano le contraddizioni di una scelta che, nel rispondere ai bisogni di libertà individuale, apre la strada ad un assedio degli spazi, occupati da svincoli, sopraelevate, cimiteri di auto, in un crescendo claustrofobico, quasi profetico rispetto ai problemi che affliggono le città del XXI secolo.
Duecento chilometri di lunghezza (come da Roma a Napoli), costruita ad uso di un'automobile sempre più grande e sempre più dotata di comodità: dalla televisione al giradischi, al dittafono, al mobile bar, a tutti quegli arrangiamenti che il capriccio o la necessità esigono. Certo gli abitanti della città ci passano la maggior parte del tempo, per portarsi da casa al lavoro e viceversa, tuttavia nonostante le strade larghissime e corsie numerose anche a LA ci sono le stesse "code" che da noi e si procede per ore a passo d'uomo.
Così mentre a Roma si discute di rendere Piazza Navona pedonale, in un editoriale del 1967 intitolato "Esseri a quattro ruote", un perplesso Paolo Spriano commenta l'andata in onda sulla seconda rete tv del documentario di Branca: «Ci si informava che in questa città quasi il novanta per cento degli abitanti ha la sua macchina, che chi va a piedi è tanto sospetto - oltre ad essere un eroe - che lo possono arrestare da un momento all'altro. E poi, dove può andare a piedi? Los Angeles si è sviluppata come città per gli esseri a quattro ruote, lungo autostrade che, complessivamente, coprono mille chilometri, è una città che non ha più un centro ma solo un'immensa, solitaria e formicolante, periferia di casette a uno o due piani, col giardino intorno. Più niente vita associativa. Gli uomini sono diventati davvero altrettanti nomadi, senza comunicare tra di loro, senza divertirsi insieme, chiudendosi nell'ambito della propria famiglia, o meglio davanti al televisore la sera». Facilmente potremmo adattare commenti del genere ai giorni d'oggi. Già allora infatti ci si preoccupava delle speculazioni che attanagliavo le città americane e che con paura stavano interessando anche quelle italiane.
«I documentari sugli Stati Uniti - quando sono appena onesti - possono essere un'ottima scuola sia per coloro che già oggi pensano che è necessario battersi con tutte le forze per abbattere il capitalismo, se si vuole salvare l'uomo, sia per coloro che di questo non sono ancora convinti. In questo senso, la prima puntata del documentario di Antonello Branca sulla California, trasmessa ieri sera, era molto istruttiva. La California viene chiamata, negli Stati Uniti, "lo Stato d'oro" e anche attraverso quel che Branca ci ha riferito abbiamo potuto constatare come davvero la società californiana sia basata sul denaro e sul profitto. I suoi mali - clamorosi - vengono da questo e ogni soluzione dei suoi problemi da questo viene impedita». (Lo Stato d'oro).
Siamo sempre nel 1967 quando in "La gasopoli della solitudine" si legge: «I topi giovani possono riprendersi, gli altri non sopravvivono. Questo il risultato di esperimenti effettuati in California per misurare i danni che può produrre lo smog. I topi bianchi possono essere le ignare cavie usate dagli scienziati, ma possono essere anche i cittadini di Los Angeles, la città dove il fumo e la nebbia prodotti dallo scappamento delle automobili hanno ucciso nel solo 1955 mille persone senza contare gli invalidi permanenti. Possiamo essere noi, in un futuro non tanto lontano. Una città nata dall'automobile e per l'automobile, dove la dimensione umana assume caratteristiche fantascientifiche e allucinanti, tanto più se si pensa che Los Angeles prefigura tutta la nazione di domani». Per il giornalista, le gasopoli sono le zone residenziali tanto care ad Hollywood che stavano creando già allora spaventose stratificazioni sociali con conseguente isolamento delle persone.
Antonello Branca può perciò considerarsi come il primo mediattivista della storia italiana, per la sua capacità di entrare nel cuore dei personaggi ed essere nel centro del problema, ma anche per l'immediatezza delle immagini, molto movimentate ma sempre a fuoco. Quel che ci vuole trasmettere è chiaro anche in Los Angeles: una città in automobile in cui il regista affida a Raffael De Luca il suono e a Rossana Coppola lo splendido montaggio. Il racconto è tutto quello che vorremmo l'Italia non fosse diventata, ma da cui invece non è scampata. Un regista precursore dei tempi che negli anni 60 ha saputo raccontare gli Usa come mai più nessuno. Ringraziamo l'associazione a lui dedicata per averne raccolto e conservato le preziose pellicole e per il lavoro che fa per restaurarle e renderle visibili.

Liberazione 09/08/2009, pag 20

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