martedì 12 gennaio 2010

Uno sciopero della fame non è una cosa da prendere alla leggera

Shukri Said*
Uno sciopero della fame non è una cosa da prendere alla leggera. Si mette a rischio la propria salute, il proprio fisico. Chi lo fa crede fortemente nella giustizia, chi lo fa crede negli altri. Io sono in sciopero della fame da una settimana e comincio ad sentirne gli effetti: mi muovo più lentamente, ho capogiri, faccio fatica anche a scrivere questo articolo. Ma sono serena, perché sento di fare la cosa giusta, perché voglio denunciare un'ingiustizia. Sì, perché con lo sciopero della fame voglio denunciare un clima intollerabile verso gli immigrati, una situazione che crea una discriminazione inaccettabile per un paese civile. Il mio paese, l'Italia.
Ci sono tre elementi che hanno creato una miscela esplosiva: la legge Bossi-Fini, il pacchetto sicurezza, la sanatoria. Si voleva frenare la clandestinità, il risultato è l'opposto. Parliamo di permessi di soggiorno: bene, la Bossi Fini ha moltiplicato la burocrazia, dilatando a dismisura i tempi per il rinnovo. Il risultato è che se entro sei mesi non riesci ad ottenere il rinnovo, diventi clandestino. La conseguenza? Che diventa illegale anche chi illegale non è, chi illegale non vuole essere, chi illegale ha il diritto di non esserlo. Il secondo e il terzo punto sono legati tra loro: parliamo del cosiddetto «Pacchetto sicurezza» e della sanatoria conseguente: tutto ciò doveva servire a perseguire la criminalità e l'illegalità. Quello che accade realmente è che invece vengono colpiti gli immigrati regolari e attaccati i diritti naturali dell'individuo: il matrimonio, il riconoscimento dei figli. La sanatoria, inoltre, ha creato una grave discriminazione tra colf e badanti (ammesse) e tutti gli altri lavoratori (esclusi). Il risultato è la confusione più totale, con il rischio di un pericoloso scivolamento verso l'illegalità di migliaia di individui che lavorano, producono, versano contributi. Venti anni fa era meglio. Prima, per ottenere il rinnovo del permesso, se avevi il lavoro dovevi sottoporti solo ad una lunga fila. Oggi, non basta più. Giri di ufficio in ufficio, di timbro in timbro, un supplizio... e la risposta ti arriva in un periodo che varia dai 7 ai 13 mesi. Nel frattempo sei già diventato clandestino e rischi di essere licenziato ed espulso. Molti ottengono il permesso quando sta per scadere di nuovo, altri addirittura quando è già scaduto. Naturalmente, però, i soldi vanno versati prima... Ho visto gente piangere, lavoratori vessati, umiliati. Così come Sher Khan morto (ucciso, io dico) dopo che, a 21 anni di residenza in Italia, scaduto il suo permesso era stato recluso nel Cie di Ponte Galeria, malato e cardiopatico, e ne era uscito a pezzi. Ecco perché faccio lo sciopero della fame: voglio che il governo rispetti la legge che prevede che il rinnovo (se tutto è in regola) sia rilasciato entro 20 giorni; voglio lo smaltimento delle pratiche arretrate, voglio che si superi la discriminazione; voglio che il mio paese sia civile, moderno, europeo. Non chiedo la luna, solo diritti. Di cittadina.
*segretaria dell'associazione Migrare

Liberazione 10/01/2010, pagina 4

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