venerdì 26 febbraio 2010

Non sono solo

Non sono solo

Intervista all’avvocato Mohamed al-Mansoori, che si batte per la riforma democratica delle istituzioni negli Emirati Arabi Uniti e la tutela dei lavoratori immigrati nel Paese

di Elisabetta Norzi e Christian Elia

La strada che da Dubai porta all'emirato di Ras al-Khaimah è una meraviglia. La strada, ottima come quelle di tutto il Paese, racconta la storia degli Emirati Arabi Uniti. Dai grattacieli impressionanti si passa, anzi si torna, al deserto. Mandrie di cammelli pascolano beate tra gli arbusti che spezzano la linearità del fondo sabbioso, mentre ai lati della carreggiata il deserto sembra avvicinarsi minaccioso, quasi a reclamare uno spazio che gli appartiene.
L'avvocato Mohamed al-Mansoori da appuntamento nei pressi di un centro commerciale, come fanno tutti da queste parti, dove il volto di una città cambia ogni minuto. Arriva a bordo di un fuoristrada elegante, occhiali da sole griffati, dishdasha candida e copricapo tradizionale. Un local come tanti altri negli Emirati. Solo all'apparenza, però. Per certi versi, l'avvocato al-Mansoori è il nemico pubblico numero uno del Paese. Il primo dell'aristocrazia locale a dire chiaro e tondo che gli Emirati non sono una democrazia e che lo sviluppo del Paese avviene nell'ambito di un sistema di schiavitù che opprime i lavoratori immigrati. Fondatore e presidente dei Giuristi Democratici, associazione di avvocati nata come gruppo di pressione per ottenere riforme libertarie da parte della famiglia reale, al-Mansoori è stato arrestato nell'agosto del 2006 e rilasciato, mesi dopo, solo grazie alla mobilitazione delle organizzazioni internazionali che si battono per il rispetto dei diritti umani.
Privato del passaporto e della possibilità di esercitare la professione, l'avvocato continua a difendere le sue idee, incurante delle conseguenze. Occhiali da intellettuale hanno sostituito quelli da sole, mentre riceve in un piccolo ufficio in centro a Ras al-Khaimah. Viso spigoloso, sguardo penetrante. Idee chiare.

Avvocato al-Mansoori come racconterebbe a un visitatore che arriva qui per la prima volta il suo Paese?
Credo che sia troppo presto per raccontare. Il racconto è una dimensione che si addice a eventi passati. Qui, nel giro di pochi anni, è accaduto quello che altrove ha richiesto cento anni. Dalla vita nomade, beduina, all'alta finanza. Uno choc culturale che, purtroppo, non ci ha trovati pronti. Il visitatore di cui parla andrebbe lasciato libero di girare per le strade, senza pregiudizi. Vedrebbe allora come funziona questo Paese. Vedrebbe chi costruisce le nostre torri e le condizioni nelle quali lavorano. Vedrebbe dove vive questa gente. Ma potrebbe capire che gli interessi della famiglia reale e del clan che gli ruota attorno sono una cosa, la gente è un'altra. Questo non è il paradiso turistico che raccontano, ma non è neanche un posto barbaro dove gli schiavisti si sono arricchiti con il petrolio.

Lei, per primo, ha denunciato questa condizione di sfruttamento dei lavoratori immigrati, ma non si è limitato a quello. Cosa cambierebbe di questo Paese?
"Smetterò di rompere le scatole quando anche solo uno dei miei delatori mi dirà che ho torto. Fino a quando continuerò a sentirmi dire che ho ragione, ma che rovino l'immagine del mio Paese con le mie denunce andrò avanti, perché vuol dire che sto facendo la cosa giusta. Ho fondato l'associazione dei Giuristi Democratici per fare pressione sul governo. Gli abusi che subiscono i migranti sono solo uno degli orrori dovuti alla totale mancanza di democrazia in questo Paese. Lo stesso sceicco, una volta, mi ha chiesto per quale motivo non vivevo tranquillo, godendo della nostra ricchezza, senza criticare il Paese esponendolo agli attacchi dell'Occidente. Non fa per me. Io credo nel mio Paese più di tutti coloro che tacciono. Qui la legge sul lavoro è ferma al 1980 e l'accordo per il quale le imprese straniere che vogliono investire qui possono avere solo il 49 percento della loro attività, lasciando il 51 percento a un locale, ha creato un cortocircuito gravissimo. Gran parte delle imprese, infatti, finiscono nell'orbita delle famiglie degli sceicchi. Come potranno mai applicare leggi che promettono, per tenere buoni i media occidentali, ma che finirebbero per danneggiarli economicamente? Che interesse potranno mai a vere e rendere i diritti dei lavoratori in linea con gli standard internazionali? Ci rimetterebbero un sacco di soldi.

Quali altre sono le istanze che lei e i Giuristi Democratici denunciate?

La totale mancanza di democrazia in questo Paese. Lo sfruttamento dei lavoratori, il riciclaggio di denaro sporco, l'inquinamento selvaggio, il traffico di esseri umani sono tutte conseguenze di un problema di fondo: la dittatura delle famiglie reali dei singoli emirati, con ovviamente Dubai e Abu Dhabi in testa. Si parla di elezioni, ma nessuno dice che del 15 percento della popolazione, che sono gli emiratini, hanno diritto di voto solo poche migliaia di persone. Per eleggere gli amici del clan. Il tutto si risolve nel salotto di questo o quello sceicco, che hanno interessi economici enormi. Tutto il resto passa in secondo piano. Comprese tutte le libertà civili.

Cosa risponde a coloro, in particolar modo in Europa e negli Usa, che ritengono la schiavitù in qualche modo legata alle tradizioni della popolazione di queste terre?
Rispondo che questa è una delle più grandi bugie che si scrivono sugli Emirati.
E' un'assurdità. Mio nonno e mio padre erano pescatori , poi lo sviluppo economico ci ha garantito un benessere che ci ha permesso di avere una piccola fattoria. I nostri dipendenti erano come persone di famiglia! La tradizione sta nell'educazione che riceviamo dai nostri padri, non nelle chiacchiere.

Qual è il ruolo dei media negli Emirati Arabi Uniti?
I media sono complici di questo sistema. Magari raccontano il singolo episodio, l'effetto di un problema. Ma mai la causa. Nessuno disturba il manovratore. Io l'ho fatto e, vi assicuro, non sono solo. Sono sempre di più le persone che si rendono conto che se non saremo capaci di pensare il futuro adesso, ci sveglieremo di colpo da questo sogno dorato, trovandoci in un incubo. Non possiamo aspettare che il cambiamento arrivi dagli expat, persone che vengono qui solo per un periodo della loro vita, che si possono permettere uno stile di vita che in patria non avrebbero. Ho studiato a Londra e negli Usa. Là ho imparato che i diritti sono tutto in una società.

Com'è la sua vita di tutti i giorni adesso? Quali conseguenze a pagato a livello personale per le sue denunce e per la richiesta di riforme democratiche?
Mi hanno messo in carcere, mi hanno tolto il passaporto, hanno impedito ai miei figli di andare a lavorare o a studiare all'estero. Anche solo rinnovare la patente, per me, è un disastro. Ancora oggi, ogni settimana, con un pretesto i servizi segreti mi convocano e m'interrogano, ma non hanno nulla contro di me. Controllano ogni mio spostamento. Io non mi fermo e continuo a denunciare quello che accade qui ai migranti ma anche in tutti gli altri settori della vita dove la libertà è negata. Che futuro stiamo regalando ai nostri figli? Gli Emirati sono diventati il secondo Paese al mondo per problemi di diabete! Abbiamo una generazione di giovani senza spina dorsale, che di mestiere fanno i partner delle società occidentali che hanno bisogno di una testa di legno per lavorare qui. Incassano un sacco di soldi, che spendono in maniera inutile. Il governo ha tentato in passato di forzare gli emiratini nel mondo del lavoro, per non lasciarle leve economiche in mano agli occidentali. Sa che è accaduto? Rifiutano i posti di lavoro! Si crogiolano nella bambagia di uno Stato che li assiste dalla culla alla tomba, provvedendo a tutto quello di cui possono avere bisogno e soffocando così ogni protesta. Ma che sviluppo è mai questo? Io non rimpiango certo il passato. Una vita dura davvero, sempre in lotta con la povertà, per procurarci i cibo e l'acqua. Ma non era questo il futuro che dovevamo costruire, con grattacieli che vengono su come funghi in città che non hanno le fogne, senza un piano urbanistico, con tutti i rifiuti che vengono gettati in mare. Stiamo distruggendo il nostro Paese, senza lavorare a uno sviluppo sostenibile. Immaginiamo la città a pannelli solari, ma intanto avveleniamo le nostre acque, dissalando in maniera insensata, per regalare aiuole a voi occidentali, che in questo modo vi sentite più a casa. Ma qui le aiuole non ci sono mai state! Ci sarà un modo per convivere nel benessere, senza perdere l'anima.

Cosa si aspetta dal futuro per gli Emirati?
Sono ottimista, perché sono convinto che non potrete continuare a girare la testa. Dubai è diventata la più grande lavatrice mondiale di denaro sporco, tutti i traffici illeciti passano da qua. Ma ho fiducia che prima o poi le cose cambieranno, nonostante i grandi interessi in gioco. Cosa sareste voi, oggi, se di pari passo con lo sviluppo economico non ci fosse stato quello della società del diritto? Aspetto il momento in cui le vostre opinioni pubbliche s'indigneranno per tutto questo e faranno pressione sui vostri governi, che faranno pressione sulle multinazionali che lavorano qui. Che a loro volta faranno pressione sui clan degli sceicchi che saranno costretti a cambiare le cose. Sempre ammesso che voi non abbiate perso la capacità d'indignarvi".

http://it.peacereporter.net/articolo/19095/Non+sono+solo

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