giovedì 1 maggio 2008

Muhammad Yunus

La finanza etica sfida il sistema: un'alternativa è possibile alla rapina delle grandi banche. L'intervento di Muhammad Yunus
«La povertà può diventare un ricordo
Vi dico come farlo concretamente»

Vorrei toccare alcuni aspetti per spiegare che cos'è che vogliamo raggiungere e da dove siamo partiti. Negli anni Settanta il Bangladesh si trovava in una situazione di gravissima crisi; la nostra economia era sull'orlo del collasso e nel 1974 abbiamo avuto una carestia. Potete immaginare il livello della nostra frustrazione? Chiunque si trovi a vivere in un Paese che attraversa una crisi così profonda, ogni giorno si augura un indomani migliore, e ogni giorno si affronta la frustrazione di vedere che le cose anziché migliorare peggiorano...
La prima cosa che ho tentato di fare è stato cercare di rendermi utile a singole persone anziché ambire a risolvere l'interezza del problema, cosa che era evidentemente impossibile. L'ho fatto nei pressi del campus universitario dove insegnavo, con le persone che abitavano in quei paraggi. Ho cercato di capire se c'era qualcosa che potesse rendergli la vita più facile. Subito mi sono reso conto che c'era un problema di usura. I prestatori - evidentemente a condizioni proibitive - davano ai poverissimi pochissimi soldi e chiedevano indietro grosse somme, che di fatto li strangolavano. Ho fatto un elenco dei creditori per capire chi fossero e quanto avessero preso in prestito. Alla fine della ricerca avevo 42 nomi per un totale pari a 27 dollari!
Sono rimasto sconvolto. Nelle aule delle facoltà di economia non si parla di cifre come 27 dollari ma di milioni se non di miliardi di dollari; si parla di grandi iniziative, incontri di sviluppo nazionale, ecc. Quindi ho pensato di aiutare queste 42 persone prestando loro i 27 dollari che cercavano, in modo che potessero rimborsare i loro creditori...
Mi sono detto di proseguire su quella strada perché una somma così piccola riusciva a rendere felici tante persone. In cerca di una soluzione più stabile, sono andato alla banca all'interno del campus, pensando che creando un collegamento diretto tra queste persone e la banca il problema si sarebbe risolto. Ma la banca ha risposto: non prestiamo soldi ai poveri perché non possono restituirli. Ho cercato di persuaderla, invece la banca sollevava ogni sorta di obiezioni inaccettabili. Ho finito per mettere insieme una lunga lista di lamentele sul sistema bancario perché lo trovai molto ingiusto nel respingere i poveri e le donne. Per quanto riguarda la questione di genere mi sono reso conto che tra coloro che avevano chiesto prestiti solo l'1% erano donne.
Dopo mesi di tentativi, vedendo che una qualche soluzione ci sfuggiva, ho avanzato una nuova proposta: mi farò garante io, firmerò io le carte relative ai prestiti di ciascuno. Sono effettivamente riuscito a realizzare questo progetto, cercando anche di attivare procedure semplificate per ciascuno dei prestiti. E ha funzionato. La gente si prendeva il suo piccolo prestito e poi lo restituiva; più persone riuscivamo a coinvolgerere più la banca sembrava recalcitrante. Mi sono detto: se dobbiamo fare affidamento su questa banca non faremo molta strada. È necessario fondare una banca alternativa che si dedichi esclusivamente a questa idea. Ho iniziato così trattative a livello governativo per ottenere la licenza per l'avvio di un istituto bancario. È stata una procedura lunga, complessa ma finalmente nel 1983 siamo diventati una banca.
La prima decisione assunta è stata quella di continuare a fare prestiti ai poveri, ma in modo che il 50% fossero donne. Dopo aver tanto criticato il sistema bancario perché rifiutava le donne, adesso dovevo correggerlo. Proponevo prestiti alle donne, ma queste rifiutavano perché non avevano mai avuto la possibilità di gestire somme di denaro. I miei studenti, a loro volta frustrati per quanto succedeva, mi consigliavano di lasciare stare. Ma ho deciso di insistere. Secoli di paura non si superano così facilmente. Per arrivare al 50% di prestiti a donne ci abbiamo messo 6 anni. Ci siamo accorti che il denaro che arrivava attraverso le mani delle donne produceva per quelle famiglie vantaggi molto maggiori rispetto a quanto sarebbe successo se fosse arrivato attraverso le mani degli uomini. Visto questo fenomeno abbiamo pensato di non fermarci al 50% ma di concentrarci solo sulle donne. Da allora sono donne la maggioranza delle persone che hanno usufruito dei prestiti.
Attualmente sono 7 milioni e mezzo le persone che usufruiscono dei prestiti accordati dalla Grameen Bank di cui il 97% è costituito da donne. In questi anni molte persone mi hanno chiesto che regole ci siamo dati, come le abbiamo trovate. Quando abbiamo bisogno di una regola, di una procedura, prima vediamo come si comportano le banche tradizionali e poi facciamo il contrario…
Il principio di fondo dei prestiti normali fatti da banche tradizionali è che più soldi il cliente dispone, più gli viene prestato. Noi abbiamo ribaltato questo principio: meno il cliente ha e più diventa attraente per noi. Se proprio non ha nulla, è il nostro cliente migliore. Altro principio sacrosanto delle banche tradizionali è il bisogno di garanzie. Dal primo giorno di attività della Grameen Bank abbiamo fatto a meno di garanzie.
Inoltre noi facciamo a meno degli avvocati. Non ci sono procedure legali, non ci sono carte da firmare. E ancora. I proprietari della banche sono uomini ricchi. La "mia" banca è proprietà dei poveri, e per lo più di donne povere.
Noi abbiamo ribaltato anche la prassi di doversi recare in banca. Di fatto questi sette milioni e mezzo di donne e uomini del Bangladesh li abbiamo sempre incontrati di persona, andando noi sulle porte delle loro case.
A differenza delle banche convenzionali, che si disinteressano completamente dei figli delle persone a cui si prestano i soldi, a noi questi bambini interessano moltissimo. Le persone a cui abbiamo concesso i prestiti sono per lo più analfabeti. Ora quasi il 100% dei figli dei nostri clienti va a scuola. Per incoraggiarli abbiamo introdotto un programma di borse di studio: 30.000 l'anno. Ci siamo accorti che molti di questi bambini progredivano bene negli studi e avevano capacità tali per cui avrebbero potuto fare bene alle scuole superiori, ma le loro famiglie non disponevano del reddito necessario. Abbiamo introdotto un tipo di prestito a scopo educativo, per finanziare tutti i corsi di studio, comprese le scuole superiori. Sono 18.000 i ragazzi che frequentano le scuole superiori e le università grazie a questi finanziamenti. Una nuova classe di professionisti, laureati e dottori sta nascendo.
Che cos'è la povertà? È qualcosa che sta nelle persone, negli individui? O sta per caso nel sistema? Per noi la povertà non è qualcosa di insito nelle persone, è qualche cosa che viene imposto.
Le stesse persone che qualche tempo fa dicevano: «No, no, io i soldi no, non ne so niente, non ci capisco niente, mi fanno paura». Adesso ci sono donne che conducono aziende piccole ma fiorenti. Capisci che ci sono tanti doni e talenti che queste persone non hanno mai avuto l'opportunità di sviluppare.
Ogni essere umano è dotato di una potenzialità pressoché illimitata. Ma attorno a queste persone abbiamo creato una società che non consente a ciascuna di scartare il regalo e scoprire che cosa è.
Queste persone sono riuscite a migliorare il loro livello di reddito, a mandare i figli a scuola. Noi non abbiamo fatto altro che prestare dei soldi. Semplicemente abbiamo messo queste persone nelle condizioni di esplorare la propria creatività, il proprio ingegno e sviluppare le proprie risorse.
Quando parlo dei poveri mi piace usare l'analogia del bonsai: si prendono delle sementi molto selezionate, si mettono in un vasetto, cresce una piantina, un albero piccolo piccolo. Era cattivo il seme per cui l'albero è venuto così piccolo? Non era cattivo il seme, il seme era ottimo. È stato piantato in un vaso piccolo anziché lasciargli lo spazio per affondare le radici e diventare alto. E così sono i poveri, sono bonsai. Non c'è niente che non vada in loro, è solo che la società non gli ha dato lo spazio per crescere.
Davanti all'esempio della Grameen Bank, le altre banche non possono più dire che i poveri non sono creditori affidabili. I nostri tassi di rimborso sono migliori, molto più elevati di quelli delle banche convenzionali.
C'è un unico concetto di impresa in circolazione oggi: l'impresa nasce per fare soldi, per massimizzare i profitti. Concepirli come robot per massimizzare il profitto è un insulto agli esseri umani. Per rendere giustizia all'essere umano penso che al mondo ci dovrebbero essere almeno due tipi di impresa: una creata per il vantaggio personale di chi l'avvia e l'altra di tipo sociale, creata per fare del bene alla gente. L'impresa di tipo sociale non ha perdite e non distribuisce dividendi, realizza finalità sociali e non profitto.
Il dollaro creato dall'impresa sociale ha una vita infinita perché si ricicla ogni volta. Un esempio di impresa sociale è quella che abbiamo creato in collaborazione con un grande produttore caseario, quella dello yogurt. Questa impresa si chiama Danone (non è la multinazionale francese, ndr ) e fabbrica sì yogurt, ma lo fa con un obiettivo sociale. In Bangladesh ci sono milioni di bambini malnutriti. Nello yogurt noi aggiungiamo dieci micronutrienti di cui ha bisogno un bambino con un livello nutrizionale insufficiente. Questo yogurt viene venduto a un prezzo molto abbordabile cosicché ogni famiglia povera se lo può permettere. Due confezioni di questo yogurt a settimana sono in grado di fare superare a un bambino la sua condizione di malnutrizione.
Perché la chiamo impresa sociale? È evidente: né Danone né Grameen possono prendersi dei dividendi da questa impresa, possono bensì ritirare il capitale investito nell'arco di alcuni anni se lo desiderano. Lo yogurt prodotto in questa maniera non serve a far profitti, serve a risolvere il problema del malnutrizione.
Un'impresa sociale si può creare con diverse finalità: una per tutti è quella di fornire acqua veramente potabile alle persone che non ne hanno a disposizione. L'impresa può essere anche di tipo sanitario, per esempio un ospedale, una clinica, un ambulatorio che cura i ricchi a pagamento in modo di poter curare gratuitamente i poveri.
Una volta accettato il concetto di impresa sociale occorre fare altre cose: un nuovo mercato azionario, una nuova borsa. Oggi le società che producono profitti vendono le proprie azioni per realizzare introiti, investirli e produrre profitto. In un mercato azionario alternativo ci sarebbero soltanto aziende sociali, in modo che chiunque voglia realizzare delle finalità sociali, possa andare nella borsa sociale, incontrando altre aziende lì quotate.
Un altro progetto riguarda l'educazione, l'istruzione universitaria: credo che nelle nostre università dovrebbero aprirsi nuove scuole di amministrazione, di gestione aziendale che diano in uscita un titolo di studio "sociale". Immagino un master di amministrazione di imprese sociali, un corso nel quale si formino i giovani a sposare ideali per poi gestire le imprese sociali, innovare e impiegare le nuove tecnologie riducendo sempre più i costi d'impresa e aumentando i benefici, eliminando tutti i fronzoli e fare in modo che le imprese sociali si rivolgano direttamente ai poveri e alle persone che ne hanno più bisogno.
Le teorie correnti non consentono il decollo delle imprese sociali. Siamo di fronte a teorie economiche che non lasciano spazio, quindi noi sogniamo "l'altra economia". La questione non è di creare un'altra economia o un'economia alternativa ma di completare le teorie economiche esistenti perché riguardano soltanto un aspetto, il profitto, e prendono di mira la creazione di un solo tipo di azienda. Integrando questa teoria, creando istituzioni che tengano presente le diverse esigenze credo che possa non esserci più una persona povera al mondo. Dobbiamo far diventare la povertà un ricordo…


Muhammad Yunus, in lingua bengalese: Muhammod Iunus, (Chittagong, 28 giugno 1940) è un economista e banchiere. È ideatore e realizzatore del microcredito, ovvero di un sistema di piccoli prestiti destinati a imprenditori troppo poveri per ottenere credito dai circuiti bancari tradizionali. Per i suoi sforzi in questo campo ha vinto il premio Nobel per la Pace 2006. Yunus è anche il fondatore della Grameen Bank, di cui è direttore dal 1983. Bibliografia consigliata: Il banchiere dei poveri , Feltrinelli, 1998, Il credito come diritto umano , conferenza tenuta dall'autore alla Camera di commercio di Ravenna il 9 ottobre 2003. Il sito della Grameen Bank è www.grameen-info.org.

Yunus è stato recentemente in Italia. Pubblichiamo l'intervento fatto in quell'occasione.


Liberazione 12/04/2008

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