venerdì 15 febbraio 2008

Die Linke

Il successo della Linke
cambia il panorama
politico in Germania

Paola Giaculli
Berlino
La Germania si sposta a sinistra. È questa l'analisi di autorevoli o popolari organi di stampa e osservatori politici, che vedono in DIE LINKE la vera novità di questa tornata elettorale. Per la prima volta il partito della sinistra entra in parlamenti di regioni dell'ovest. Già presente nella città stato di Brema, lo sfondamento in Bassa Sassonia con il 7,1%, ma soprattutto nella conservatrice Assia dove arriva al 5,1%, sono risultati clamorosi.
Lothar Bisky, presidente del partito insieme a Oskar Lafontaine ha definito il traguardo raggiunto la scorsa domenica «Una pietra miliare», ma soprattuto è un risultato che cambia le sorti della sinistra e addirittura del paese dove vige, ormai, un sistema a cinque partiti, e con l'insediamento definitivo a ovest di un partito a sinistra della socialdemocrazia, rappresenta una novità nella storia del dopoguerra. DIE LINKE si rafforza in virtù dei temi sociali che riesce a imporre nel dibattito politico, sospingendo la Spd più a sinistra, e che cerca, anche se gradualmente, di allontanarsi, dal neoliberismo assolutista che ha caratterizzato l'era Schröder. Politiche che hanno creato sfiducia anche nell'elettorato più fedele della Spd: prevedibile in un paese con uno stato sociale tradizionalmente forte e un tenore di vita medio abbastanza elevato, che si trova di fronte ad un impoverimento accelerato della popolazione e che colpisce soprattutto i ceti medi.
I toni razzisti, anticomunisti e populisti da guerra fredda ("LINKE riporta la Ddr e il muro", etc.), a cui il candidato CDU Koch, ormai ex governatore dell'Assia, aveva affidato la sua campagna elettorale, si sono rivelati un boomerang per il democristiano, comunque troppo aggressivo anche per il partito della cancelliera Angela Merkel. Il governatore CDU della bassa Sassonia Wulff, ha perso (42,5 contro 48,5), ma, a fronte anche di una SPD più defilata e in calo (da 33,4 a 30,3). In Assia, si mantiene in sella grazie alla sua moderazione. Tanto da spingere alcuni analisti conservatori a lamentarsi di uno spostamento a sinistra anche della CDU.
Si chiude così il ciclo inaugurato dall'ex cancelliere democristiano Kohl,artefice nel 1990 della riunificazione di fatto del paese, in realtà mancata con l'esclusione del popolo dell'est, che in gran parte affidava le proprie speranze alla Pds. A oltre 17 anni da quella annessione dell'ovest sull'est, l'anticomunismo è finalmente archiviato: in Assia per nove anni in mano alla CDU, contribuiscono al clamoroso 5,1% di DIE LINKE 16.000 ex votanti della CDU, 31.000 della Spd, 18.000 dei Verdi, 5.000 dei Liberali-FDP, 26.000 da altre formazioni minori e locali e altrettanti 26.000 dall'astensionismo. Oltre alla SPD, che raggiunge la CDU (36,7, +7,6, contro 36,8), anche DIE LINKE concorre quindi al crollo della CDU (-12). A "tirare" sono i temi sociali e ambientali, ed è per questo che l'elettorato premia sia SPD che DIE LINKE. Fallita quindi la logica del "voto utile": per cacciare Koch, non basta la Spd, nonstante la sua candidata, Andrea Ypsilanti, abbia da smpre osteggiato la famigerata Agenda 2010 di Schröder. Insomma, il voto alla DIE LINKE è utile sia ai numeri che alla politica, e il suo successo non ridimensiona quello della Spd.
È il partito di Bisky e Lafontaine che però ha cambiato le priorità: le sue campagne sul salario minimo, un'istruzione popolare e gratuita, contro la riforma delle pensioni e dei sussidi sociali, hanno suggerito alla SPD i suoi "nuovi" cavalli di battaglia elettorali. La situazione di stallo apparente sulla futura coalizione di governo, dovuta alla nuova ripartizione della "torta" parlamentare in Assia, per l'ingresso di DIE LINKE, deve far riflettere: prima o poi ci si dovrà rassegnare all'idea che è impossibile escludere a priori partiti entrati a pieno titolo in parlamento. È la politica a vincere, e infatti non ci sono i numeri sufficienti per una coalizione CDU-Liberali, né per SPD e Verdi (dal 10,1 al 7,5), mentre invece è ipotizzabile un asse rosso-rosso-verde (SPD-LINKE-Verdi), che Ypsilanti ha ottusamente escluso in partenza, confidando nel fatto che DIE LINKE sarebbe rimasta fuori. Del resto, a ben guardare, la maggioranza nel paese è a sinistra da tempo. E la große Koalition , come si vede, non gode certamente di un elevato indice di gradimento. Insomma o si cambiano le politiche o non si governa: Andrea Ypsilanti può anche voler sommare volgarmente mele e pere, ma, certamente, se governa con i liberali si può scordare la chiusura delle centrali nucleari, l'energia eolica e solare, l'istruzione popolare, il blocco delle speculazioni edilizie intorno all'ampliamento dell'aeroporto di Francoforte. Questo ragionamento potrebbe far riflettere anche chi in Italia, non vede di buon occhio il sistema elettorale tedesco.
Il successo della sinistra intercetta e porta in parlamento i bisogni e i desideri della maggior parte della popolazione tedesca, che al 70% è contro le missioni militari all'estero e critica le politiche antisociali. Non è un caso che i sondaggi rilevino che i conflitti sociali godono di un appoggio quasi incondizionato (comunque superiore al 60%): come nel caso dei pur lunghissimi scioperi dei macchinisti - una vera e propria rottura di un tabù in Germania - o del recente "scandalo" di Nokia che ha trasferito in Romania lo stabilimento tedesco di Bochum a fronte di un utile di 7,2 miliardi di euro nel 2007, due terzi in più rispetto all'anno precedente, gettando sul lastrico più di 2.000 lavoratori (indotto più di 4.000), dopo aver usufruito di sovvenzioni pubbliche per oltre 80 milioni di euro. Il disperato bisogno di giustizia sociale è alle origini del "terremoto" in atto in Germania. Come dice Lafontaine, «il clima politico e sociale è cambiato».

Liberazione
01/02/2008

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