lunedì 18 febbraio 2008

Jean-Loup Amselle

Nella Francia di Sarkozyla politica parla di nuovo di razza
La lectio magistralis che l'antropologo francese Jean-Loup Amselle terrà oggi all'università di Roma Tre.
Nella societàd'Oltralpe i rapporti si etnicizzano. Ma anche il multiculturalismo che seduce la sinistra riconferma il ruolo delle comunità etniche Jean-Loup Amselle è direttore di studi all'Ecole des hautes etudes per le scienze socialidi Parigi ed è caporedattore dei "Cahiers d'etudes africaines".
Il suo ultimo libro pubblicato in Italia da Meltemi è "L'invenzione dell'etnia". La lectio magistralis ha per titolo "L'etnicizzazione del sociale". Sarà pronunciata oggi alle 15 all'università di Roma Tre (aula 1 della facoltà di scienze della formazione, piazza della Repubblica 10, Roma).
Jean-Loup Amselle
Tratterò essenzialmente del caso della Francia del dopoguerra e dei cambiamenti che vi si possono osservare in relazione ai modelli di intelligibilità del sociale. La congiuntura attuale segnata dall'elezione il 6 maggio 2007 di Nicolas Sarkozy alla Presidenza della Repubblica, si traduce nella progressiva affermazione delle idee di "razza", di etnicità e di biologizzazione dei rapporti sociali.Ecco alcuni esempi: la creazione del Ministero dell'identità Nazionale, dell'immigrazione e del co-sviluppo; la vicenda dei test del Dna per provare la discendenza in materia di ricongiungimento familiare, la sola forma di immigrazione legale; la creazione dell'istituto di ricerca sull'Immigrazione e l'Integrazione presieduto da Hélène Carrère d'Encausse, accademica che si è resa tristemente celebre per le sue dichiarazioni apertamente razziste in occasione della crisi delle banlieues del novembre 2005, crisi a suo dire dovuta al fatto che i giovani protagonisti della rivolta provenivano da famiglie poligame; la creazione dell'immigrazione per quote; la creazione e la successiva soppressione da parte del Consiglio Costituzionale, nel novembre 2007, delle Statistiche etniche.In questo quadro è all'opera, per riprendere Foucault, un'estensione della bio-politica e di una politica di sorveglianza che si è potuta osservare a questo proposito, nel novembre 2007. Il caso di Villiers-le-Bel, periferia parigina in preda a scontri violenti fra manifestanti e forze dell'ordine, in cui si può parlare dell'instaurazione, come direbbe Giorgio Agamben, di un "vero stato di eccezione", dimostra efficacemente la vera natura ed i limiti della democrazia in Francia. Ma il fatto più paradossale è che i due aspetti di questa politica (bio-potere e sorveglianza), che traducono la presenza delle idee di Le Pen nelle sfere al potere e che ricadono dunque nell'ambito della critica foucaultiana, si trovano allo stesso tempo sostenute, in un certo qual modo, dalla concomitante affermazione delle idee postcoloniali, idee queste stesse derivate, in parte, dalla cosiddetta "French Theory", ovvero la ricezione "interessata" in ambito statunitense di alcuni elementi di un panorama intellettuale transoceanico. Si può leggere in questo senso l'utilizzazione in chiave postmoderna e multiculturalista di alcuni autori come Derrida, Foucault, Bourdieu solo per citarne alcuni. La cosa curiosa è che oggi queste stesse idee vengono rimpatriate nella Francia contemporanea come idee innovatrici e in chiave post repubblicana per superare il cosidetto imperialismo repubblicano.In effetti è sulla base della decostruzione delle grandi narrazioni del secolo dei Lumi - la narrazione repubblicana e quella della lotta di classe - che si è potuto sviluppare a sinistra o in una parte di essa, come avrò modo di approfondire nella corso della Lectio, un racconto postcoloniale fondato sul riconoscimento, in un contesto multiculturale, dell'etnicità, della "razza", del colore della pelle, o per meglio dire delle "minoranze visibili".Quello che sto dicendo a proposito della Francia si può ugualmente applicare al caso italiano come dimostrano le recenti analisi di Francesco Pompeo nel lavoro da lui curato dal titolo La società di tutti. Multiculturalismo e politiche dell'identità edito da Meltemi. Nel caso francese come in quello italiano, si può osservare che le nozioni di cultura, etnicità e multiculturalismo hanno per effetto, al di là del riconoscimento della o delle differenza/e - della "diversità" come si dice in Francia- di riconfermare indirettamente l'identità nazionale "bianca" dominante.Tornando più precisamente al caso francese, attualmente si può osservare la convergenza delle idee di "razza", etnicità e bio-politica tra la destra, soprattutto quella estrema come nel caso di Brice Hortefeux, Ministro dell'identità nazionale, dell'immigrazione e del co-sviluppo, e la sinistra multiculturale e post-coloniale, le quali entrambe, per ragioni opposte, si trovano a rivendicare il principio della "razza" come elemento che struttura la società francese.L'emergere in tutti e due gli schieramenti del principio della "razza" rende la lotta antirazzista, essa stessa squalificata da Pierre-André Taguieff all'inizio degli anni '90, in nome dell'anti-anti razzismo (i repubblicani universalisti ci dicono che la "razza" non esiste ma che le discriminazioni razziali verso neri e arabi-beurs in particolare mostrano bene che la categoria della "razza" esiste davvero), molto difficile da praticare.In effetti, la sinistra offre un fronte frammentato dinanzi alla presenza di membri delle "minoranze visibili" al governo come Rashida Dati, Ministro della giustizia; Fatela Amara, Segretaria di stato alla città e Rama Yade, Segretaria di stato ai diritti dell'uomo. Tale presenza si coniuga peraltro con una forsennata difesa dell'identità francese.Se un certo fronte si è potuto costituire, per esempio, in opposizione alla creazione dell'Istituto delle ricerche sull'immigrazione e l'integrazione, esso si sgretola quando si tratta dell'introduzione delle statistiche etniche.Da una parte vi sono quelli che si richiamano alla visione repubblicana universalista francese, fra i quali mi collocherei (Sos Razzismo, movimento contro il razzismo, l'antisemitismo e per la pace, la Lega dei diritti dell'uomo, la Lega internazionale contro il razzismo e l'antisemitismo) che militano in favore di un impegno repubblicano contro le discriminazioni, ovvero coloro che considerano prioritaria la lotta contro il razzismo e contro quelli che discriminano piuttosto che intervenire dal lato dei discriminati. È per questo che si battono contro l'impiego di statistiche etniche nei censimenti e propongono come metodo alternativo di individuazione del razzismo il "testing" (pratica che consiste nell'inviare alcuni membri di "minoranza visibili" come blacks o beurs all'entrata delle discoteche per vedere se queste persone sono vittime di razzismo). Tuttavia alcuni tra coloro che si oppongono alle statistiche etniche, allo stesso tempo, fanno parte di organismi che militano per il riconoscimento delle "minoranze visibili" e di istituti ufficiali sull'immigrazione o di commissioni del governo incaricate di instaurare delle quote etniche.Dall'altra parte, si trova una sinistra multiculturale e postcoloniale che si impegna a favore delle "statistiche della diversità", unico mezzo per questa parte politica per combattere le discriminazioni o che stima che il riconoscimento dell'etnia e della "razza" costituiscano un fattore essenziale per spiegare la crisi delle banlieues del 2005.Alcuni membri di questa sinistra multiculturale peraltro collaborano con il governo, per esempio, per instaurare la "diversità" nell'insegnamento superiore.Tutto ciò mostra che la "razza" come l'etnicità hanno preso il ruolo principale nella lotta politica e che questi principi hanno fatto esplodere le divisioni destra-sinistra. Per altro l'elogio che il candidato Barack Obama ha fatto di Sarkozy non si indirizza alla sua politica in favore della diversità? L'etnico non è divenuto un derivativo che consente di evacuare il sociale?
15/02/2008 Liberazione

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