domenica 17 febbraio 2008

Il Brasile la conflittualità sindacale

I movimenti sociali e la teologia della Liberazione
In Brasile la conflittualità sindacale
resta alta, nonostante Lula

Pietro Orsatti
La storia sindacale brasiliana è estremamente complessa, anche perché è maturata in gran parte in clandestinità, durante i vent'anni di dittatura militare dissoltasi solo negli anni '80. E si intreccia, strettamente, con l'attuale scenario politico. L'attuale presidente della repubblica è stato un sindacalista e oppositore del regime militare. Nel 1978 Luiz Inácio "Lula" da Silva fu eletto presidente del sindacato dei lavoratori dell'acciaio di São Bernardo do Campo (una delle principali aree industriali metalmeccaniche dell'intera America latina) e, dopo essere stato imprigionato e aver trascorso un periodo in clandestinità, fondò l'associazione sindacale Central Única dos Trabalhadores (Cut), che oggi è il più grande sindacato dell'intero continente. E se non bastasse, sulla poltrona di ministro del lavoro siede Luis Marinho, per anni segretario nazionale della Cut.
Nonostante sia strettissimo il legame con l'attuale governo, la Cut non ha cercato in questi sei anni di presidenza Lula di avere un rapporto privilegiato e conciliante. Anzi, paradossalmente, la Cut (anche nel periodo della reggenza di Marinho prima del suo passaggio al governo) ha mantenuto una posizione radicalmente autonoma con le autorità governative federali. Certo, alcune iniziative del governo come il progetto Fome zero (fame zero) e quello contro la lotta al Trabalho escravo (contro le nuove forme di schiavitù nel nord del Paese) hanno avuto il totale appoggio e anche un apporto organizzativo capillare dalla Cut e dalle altre organizzazioni sindacali, ma la conflittualità su alcuni temi (salario, riforma agraria, sicurezza sul lavoro, politica dei trasporti, rimessa del debito estero e liberalizzazioni) è rimasta elevata.
Il concetto della "concertazione" è totalmente estraneo alla cultura sindacale brasiliana. Per fare un esempio, basti ricordare l'incredibile sciopero dei lavoratori bancari del 2004, durato due mesi, con un braccio di ferro perso miseramente dal governo che ha accettato tutti i punti delle rivendicazioni su orari e salari e contratti avanzati dalla Cut. Per due mesi l'intero sistema bancario rimase immobilizzato, congelato. Vennero garantite agli utenti solo le operazioni effettuate agli sportelli automatici e solo per somme minime. Soltanto gli sportelli postali (privatizzati) riuscirono a garantire un minimo di copertura delle esigenze di milioni di brasiliani.
Ma forse ancora più clamorosa fu la partecipazione della Cut alla Marcia per la riforma agraria promossa l'anno seguente dal Mst, il movimento dei Sem terra brasiliani che oggi, a tutti gli effetti, si delinea come un'organizzazione di rappresentanza sindacale contadina. Più di 15.000 persone marciarono attraverso il Brasile per 20 giorni fino alla capitale, Brasilia, per chiedere l'applicazione della riforma agraria, che nonostante fosse già regolata da una legge, era rimasta (e in parte lo è ancora) al palo di partenza per mancanza della copertura finanziaria. Anche in questa occasione Lula si vide costretto a cedere alle richieste dei lavoratori.
La saldatura fra Mst e Cut non è solo strategica, ma anche culturale. Entrambe nascono o sono state appoggiate da settori della chiesa che durante gli anni della dittatura fornivano, nei fatti, l'unica forma organizzata di resistenza al regime. In particolare due pastorali, quella operaia e quella della terra, offrirono appoggio e organizzazione a due nascenti organizzazioni laiche che, oggi, rappresentano l'ossatura dei movimenti sociali e sindacali brasiliani. Il modello iniziale è stato quello delle comunità di base della teologia della liberazione che, con gli anni, si è evoluto in strutture che raccolgono milioni di persone.
Anche nell'attuale fase economica brasiliana, con una drastica riduzione del debito, un maggior grado di inclusione sociale e una crescita economica di poco inferiore a quella indiana e cinese, la conflittualità" sindacale non si è "riassorbita". Nel 2007 sono state attuate dalla Cut più di 400 vertenze nazionali e locali (statuali). Di queste sono andate a buon fine circa 300 e una gran parte delle vertenze rimaste aperte sono in via di chiusura nei prossimi mesi. E' chiaro che il peso anche elettorale di questa organizzazione è enorme e perciò riesce a condizionare seriamente la politica, sia sul piano nazionale federale che statuale: quando parliamo della Cut parliamo di un blocco di voti di circa 12 milioni di persone, e per quanto riguarda lo Mst si parla di di poco meno di dieci milioni di voti. Queste due aree dei movimenti sociali sono per Lula non solo controparti conflittuali - entrambe le organizzazioni sono molto critiche verso le politiche di liberalizzazioni selvagge dell'attuale governo -, ma sono anche un bacino elettorale immenso, sul quale si basa gran parte del successo elettorale di questo presidente "operaio" sul serio, che porta addosso ancora i segni della fabbrica - ha perso un dito sotto una pressa - e che continua a voler trattare direttamente con le forze sociali, scavalcando e sovrapponendosi, spesso, ai ministri del proprio governo. Senza però mai confondere piani e ruoli.


03/02/2008

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