sabato 19 luglio 2008

La città in vendita

«Mondo finanziario e politici compiacenti
ecco gli autori del grande sacco di Roma»

Gianni Ventola Danese
Leggendo il suo libro ("La città in vendita", Edizioni Donzelli) si ha l'impressione, confermata dai dati e dalla realtà dei fatti, che le città siano state espropriate: al tessuto urbano sono stati letteralmente requisiti spazi storici, luoghi pubblici e, in definitiva, la prospettiva di uno sviluppo a misura d'uomo. Ma chi sono gli espropriatori?
Gli espropriatori sono essenzialmente due. Uno è quello vero, ovvero chi detiene le leve dell'economia che ormai ragiona solo in termini di investimenti. L'altro è quello politico. Facciamo una precisazione, stiamo parlando delle grandi città italiane, quelle che generano un flusso mondiale perché nelle città minori il fenomeno si legge di meno, anche se anche lì è comunque rintracciabile. Facciamo due esempi: Roma e Milano. Oggi gli immobili si comprano per la loro "valorizzazione", per trarne il maggior profitto possibile e senza sottostare ad alcuna regola di programmazione urbanistica. Se per fare questa operazione devo trasformare un immobile storico o addirittura aggiungere un piano in più, come ha fatto il gruppo Boscolo a Roma in Piazza Esedra, lo si fa. E nessuno dice niente.

Ma questo accade anche all'estero?
Direi di no. Nessuno a Parigi si sognerebbe di aggiungere un piano a uno dei palazzi che contornano Place Vendôme. Qui da noi hanno proprio rotto gli argini, si tratta di una pressione gigantesca da parte del mondo finanziario e imprenditoriale, anzi più finanziario che altro, che deve trovare luoghi di collocazione di un grande flusso di denaro. Ma il secondo fattore espropriante è anche quello politico amministrativo delle città, un sistema servile che, da sinistra a destra, è assolutamente acritico nei confronti di questo modello. All'estero non è così, mi dispiace dirlo, ma negli altri paesi europei l'idea secondo la quale le città sono un patrimonio culturale comune, e pertanto da difendere, è largamente condivisa, anche sul piano politico. In Germania stanno facendo opera di sbarramento all'ingresso di Wal Mart sul loro mercato commerciale, in Italia le grandi catene internazionali aprono dove e quando vogliono, negli ultimi anni a Roma sono sorti 28 centri commerciali, e ora si prepara addirittura la terza Ikea, come se non ne bastassero due...

Insomma, ritmi costruttivi da Italia del dopoguerra, lei l'ha definita una vera e propria «alluvione di cemento»...
E non sono io a dirlo, è il centro di ricerca economica Cresme che lo ha denunciato. Da qualche anno siamo tornati a costruire ai ritmi degli anni Sessanta, e purtroppo lo facciamo in grande. Solo qualche settimana fa c'è stata l'inaugurazione del centro commerciale più grande d'Italia, all'Eur, con tanto di miss Italia. Duecentocinquanta negozi più 20mila metri quadrati di supermercato, 5mila posti auto. E queste cose possono accadere solo quando il pubblico non fa più il pubblico e si lascia libero spazio ai profitti privati.

Ma ora non c'è il boom economico degli anni Sessanta, come sono possibili questi investimenti?
Questo è il punto, queste sono operazioni essenzialmente finanziarie, slegate dagli indicatori economici. Sono operazioni di land banking , cioè, una volta rotte le regole urbanistiche - facciamo un altro esempio, quello della Roma Calcio e la speculazione del Quartaccio - il privato decide come e quanto costruire in base alle sue esigenze di ritorno economico e in cambio concede un piccolo tornaconto al Comune: una strada, un giardinetto, un asilo. Insomma, per violare la legge, perché il piano regolatore fino a prova contraria è legge, in Italia è sufficiente pagare. Ma l'esempio paradigmatico di queste operazioni è quello della collina della Magliana dove ora c'è il più grande hotel di Roma con 2mila posti letto. Nel 2000 l'Alitalia, in crisi oggi come allora, chiese per esigenze di bilancio di poter valorizzare quei terreni, che il piano regolatore destinava altrimenti, attraverso la costruzione di un imponente hotel. Il piano regolatore è stato saltato a piè pari attraverso lo strumento dell'accordo di programma. E con il solo cambio della destinazione d'uso di un terreno si possono fare enormi profitti.

Già, mi spiega allora come è possibile acquistare terreni e case nel comune di Roma a 2 euro al metro quadro?
Si riferisce alle ex proprietà Borghese, e in effetti questo è un altro caso eclatante. Una holding lussemburghese ha acquistato in blocco 500 proprietà nel comune di Roma per 14 milioni di euro, spiccioli. E oggi hanno incominciato a metterle a frutto attraverso operatori spregiudicati che riescono anche a corrompere i poteri pubblici con lo stesso meccanismo dello scambio: edificabilità in cambio di strutture pubbliche. I profitti per il privato sono astronomici. Ed è questo secondo me il tema dei temi. Se in Italia, uno dei paesi più ricchi del mondo, si fa economia e profitto in questo modo truffaldino da paese arretrato, è chiaro che non andremo da nessuna parte. Questo malaffare negli altri paesi europei non esiste, non puoi comprare un terreno agricolo e poi piazzargli sopra un ipermercato, e se da noi si lascia spazio a queste operazioni spericolate poi non chiediamoci perché almeno quattro regioni del nostro paese sono in mano alla criminalità organizzata...

A proposito, che ruolo ha avuto in questo senso la legge Tremonti sul rientro dei capitali dall'estero?
Su questo sono sinceramente sconcertato. Grazie a quella legge sono rientrati in Italia flussi spaventosi di denaro di provenienza molto dubbia immediatamente reinvestiti in speculazioni edilizie. Io mi chiedo, quando Tremonti si erge a paladino contro il liberismo sfrenato e la globalizzazione, perché la sinistra non gli chiede come mai abbia fatto rientrare 70 miliardi di euro dal nulla? Mafia e camorra sono i principali attori del boom edilizio in Italia, con la complicità del mondo politico. Di tutto il mondo politico. Fu Fassino a dichiarare al Sole24Ore , nell'estate del 2005 a proposito dei furbetti del quartierino, che per lui «non c'era alcuna differenza tra Ricucci e un imprenditore che investe i propri soldi in una impresa, perché tutti e due creano ricchezza». Ebbene, uno che ha una tale confusione nella testa, cioè che non sa distinguere tra rendita speculativa e impresa, non credo possa portare il Paese da nessuna parte. Mi chiedo, perché la sinistra alternativa non declini più questi argomenti, che sono fondamentali per il passaggio a una nuova stagione storica. La mobilità nelle città, ad esempio.

Sarebbe a dire?
Perché è anche la mutazione delle grandi città che sta impoverendo molti italiani. Le faccio un esempio. Negli ultimi anni sono andate via da Roma 300mila persone, persone di ceto sociale debole costrette a trovare una nuova casa fuori Roma. Per la cronica mancanza di mezzi pubblici e di ferrovie, queste stesse persone sono condannate a usare l'automobile ogni giorno per tutto l'anno e, con i costi attuali del petrolio, è una spesa insostenibile per molti. Voglio dire, lo sfruttamento dei più deboli è anche questo, oggi è soprattutto questo. Ma perché il mondo politico non vede queste cose?

Le città vittime del pensiero unico?
Mi dispiace dirlo, ma sono uomini della sinistra a dire certe cose. Bersani ha spinto per sveltire le pratiche necessarie per aprire un nuovo esercizio commerciale. Senza alcuna regola, si pensa di poter lasciare le città in mano all'economia di mercato. Il più devastante di tutti è stato Capezzone, un fulgido esempio di coerenza, dai Radicali alla Rosa nel Pugno, ora con Forza Italia. Anche lui paladino della libera impresa in libera città. Ignorando che la città non è un mercato aperto dove l'impresa deve vincere su tutto, la città è uno spazio di relazioni sociali in cui tutti devono poter vivere. Oggi molti rioni del centro storico sono letteralmente morti, la vita è sparita, è rimasto solo un ceto sociale ad alto reddito, non c'è più stratificazione, non c'è più la società.

Ma ci sono forme di resistenza a questi processi?
Per fortuna sì, per esempio si guardi al caso della ex scuola Angelo Mai nel pieno centro di Roma, prima destinata a centro commerciale, poi a hotel di lusso. Fortunatamente nel rione Monti c'è ancora un tessuto popolare, una rete civica forte che si è opposta e il progetto fortunatamente non è andato in porto. Ma l'unica forma di resistenza efficace che vedo è il ritorno alle regole, il ritorno al rispetto del piano regolatore. Oggi con l'accordo di programma, tra la giunta comunale e l'operatore economico, tutto avviene in segreto, e il Consiglio comunale ratifica la decisione della giunta. Ma a quel punto chi legge i pacchi di migliaia di carte? Si ratifica e si va avanti. O ci rivolgiamo nella direzione del rispetto delle regole e della trasparenza nei processi decisionali, o il sistema paese è destinato a crollare sotto il peso dell'illegalità.

Ma ci si può realmente aspettare il ripristino della legalità e del rispetto della sfera pubblica da una classe dirigente che oggi più che mai coincide con i poteri forti del mercato?
Da questa sicuramente no, è tempo sprecato, ma dalla sinistra alternativa e dalle nuove forze sociali del paese ci si può aspettare un programma politico sui grandi temi che vada oltre le sacrosante battaglie contro la Tav o contro la base Nato di Vicenza. E penso al tema dell'energia, della mobilità, del lavoro che deve essere, quando possibile, sempre di più telelavoro, dei diritti, del Welfare, della libera comunicazione nella Rete, e in sostanza di un pubblico che deve riconquistare qualità e autorevolezza nei confronti di un privato che oggi sembra sempre più arrogante e invadente. E il mio libro parla essenzialmente di questo problema, drammaticamente evidente nei nuovi assetti urbanistici delle grandi città.


Liberazione 19/07/2008

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