sabato 1 novembre 2008

Dalla Finanziaria soldi per le banche

Italia a rischio recessione, tutti gli errori di Tremonti
Dalla Finanziaria soldi per le banche e non per difenderci dalla crisi

Salvatore Cannavò
Inutile sperare che le nuvole si rischiarino, inutile ascoltare gli appelli di chi, quotidianamente, dice che il peggio è passato. Il peggio deve ancora venire, perché, a differenza di Detroit o di alcuni distretti industriali degli Stati Uniti, qui da noi i "veri" licenziamenti non sono ancora cominciati e la recessione non si è ancora fatta sentire sulla carne viva delle persone. E' di recessione, infatti, che stiamo parlando anche se ancora non immaginiamo concretamente cosa questo voglia dire. Una prima idea l'ha data il segretario della Cgil, Epifani, quando, domenica, ha avvertito sulla Cassa integrazione straordinaria: «Di questo passo - ha detto - fra due mesi saranno finiti i fondi». Segno che quei fondi da qualche parte andranno trovati ma segno anche che la perdita di posti di lavoro si annuncia pesante. Dicevamo di Detroit. L'altro ieri la Chrysler ha annunciato il taglio di 5000 posti di lavoro tra i suoi impiegati, cioè il 25% dei colletti bianchi in forza all'impresa. Ma le cose non vanno meglio per General Motors che si avvia a fermare la produzione di Opel in Europa o per Renault che annuncia 4000 "esuberi" in Francia e 2000 in Europa o per Peugeot che deve tagliare la produzione. E per la prima volta negli ultimi sette anni, un calo delle vendite su base trimestrale ha colpito anche la Toyota che, nel periodo luglio-settembre, ha visto scendere le vendite del gruppo del 4% su base annua. Ma nemmeno per Fiat che sta già utilizzando la cassa integrazione mentre le previsioni per il 2008 parlano di un utile operativo intorno ai 3,4 miliardi di euro (quanti ne verranno utilizzati per tamponare la crisi tra i lavoratori?).
La recessione è globale e lo si deduce da un indice poco noto e poco utilizzato ma molto osservato dagli operatori industriali, il Baltic Dry Index (Bdi) cioè l'indicatore della costruzione di navi da trasporto a livello mondiale. Dopo aver raggiunto il suo record storico a maggio il Bdi è sceso dell'86%! Praticamente non si costruiscono più navi-merci a significare le reali previsioni che vengono fatte dall'industria manifatturiera mondiale.
Che la situazione sia nera, del resto, lo conferma l'inarrestabile caduta delle borse mondiali. Come al solito a fare effetto sono i titoli dei bancari - anche per le conseguenze che potrebbero generare sui risparmi di milioni di lavoratori - ma anche i titoli industriali non scherzano. La bolla finanziaria è esplosa e ora si sta sgonfiando progressivamente "bruciando" migliaia di miliardi di euro (o dollari) e facendo retrocedere l'economia "reale". Che si trova a corto di domanda - trainata, soprattutto nel mondo anglosassone proprio dal rigonfiamento innaturale del debito e della finanza - a corto di credito - perché le banche sono bloccate dai propri stessi bilanci - e a corto di liquidità. La riprova della crisi è data dalla speranza che il capitalismo occidentale sia supportato dai Fondi sovrani, cioè quei fondi di proprietà degli Stati che beneficiano della rendita energetica (Libia, Arabia Saudita, Dubai) o del surplus commerciale (la stessa Cina). Ieri è stata addirittura la presidente di Confindustria a fare appello al loro intervento. «I fondi sovrani rappresentano un'opportunità che va colta e portata avanti», ha spiegato al Forum Internazionalizzazione 2008, promosso da Abi e Confindustria. «In una logica di governance e di regole che vanno definite - sostiene Marcegaglia - dobbiamo considerare i fondi sovrani un'opportunità da cogliere per riattivare l'economia in rallentamento». Quando si è con l'acqua alla gola tutto va bene pur di superare ‘a nuttata e dopo aver considerato l'intervento dello Stato "un male necessario" ora gli industriali mostrano di apprezzare anche i capitali libici o arabi purché permettano loro di galleggiare nel mare disastrato della crisi globale.
Solo che ai banchieri e agli industriali pensano un po' tutti i governi. Il cosiddetto neo-interventismo statale altro non è che un modo pragmatico di salvaguardare profitti e accumulazione del capitale. Ma di misure per il lavoro finora non si vede traccia. I rinnovi contrattuali promessi dal ministro Brunetta sono un pannicello caldo che solo l'ansia di farsi riconoscere dalla controparte che anima Cisl e Uil (senza dimenticare una parte significativa della Cgil) può contrabbandare per un successo. Quanto a misure sociali, nella gigantesca torta finora messa a disposizione dei mercati non si intravede nemmeno uno spicchio.
Quello che non si è ancora messo in evidenza - lo ha fatto finora solo Scalfari in un suo domenicale su Repubblica - è che la famosa Finanziaria dei 9 minuti di Tremonti e Berlusconi è un macigno micidiale sopra la crisi. Lì si sono immaginati tagli traversali e indiscriminati che non possono non incidere pesantemente sulla recessione. L'allarme, in verità, lo ha appena lanciato il Sole24Ore (non a caso) che ha dato molto risalto alla fotografia scattata il 30 settembre dalla Ragioneria generale dello Stato e rielaborata dall'Ufficio Studi della Camera. Da lì emerge, ad esempio, che al Ministero dello Sviluppo economico si tagliano circa 3 miliardi di euro e stiamo parlando del ministero che dovrebbe presidiare l'economia reale. Ma lo stesso pesano i tagli all'Ambiente - ormai indicato, su scala mondiale, come un possibile settore di uscita dalla crisi - o quelli al ministero del Lavoro - quindi agli ammortizzatori sociali - o, come segnala il movimento studentesco, all'Istruzione. In realtà, il "genio" di Tremonti ha sbagliato le previsioni. Lo diciamo facendo nostro il suo punto di vista: se davvero il ministro dell'Economia aveva compreso la portata della crisi in arrivo, non doveva realizzare una manovra così restrittiva tanto più che gli accordi europei permettono di sforare parzialmente i parametri di Maastricht. Oggi l'Italia sarà costretta comunque a incrementare la propria spesa complessiva ma solo per comprare azioni di banche in crisi e non invece per iniettare liquidità direttamente nel sistema attraverso un aumento o un sostegno ai salari e ai redditi più colpiti dalla recessione. Ammesso che serva a impedire la recessione. Ma questo è un altro discorso.

Liberazione 28/10/2008

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