lunedì 22 giugno 2009

Flavio Briatore

La sera ci vedevamo al Billionaire

di Marco Travaglio

Da un po' di tempo parla come il Berlusconi prima della discesa in campo. Lui assicura che della politica non ha bisogno, eppure tra miliardi, problemi penali, società off shore e amicizie poco ortodosse, i requisiti ce li ha tutti. Storia e imprese di Flavio Briatore detto il "Tribüla"

"Tanti ragazzi mi chiedono: come si diventa Briatore? Io rispondo: chiunque faccia bene un lavoro si deve sentire un Briatore. Anche senza essere campione del mondo". Parola di Flavio Briatore, playboy, finanziere, re della Formula Uno, dandy del new pacchian style e tante altre cose, che da qualche tempo parla come il Berlusconi del '93: i giovani gli scrivono, l'Italia va male, la politica non funziona, le tasse troppo alte, l'ansia di novità. Che stia per scendere in campo pure Flavio? Lui naturalmente nega: "Sono già ricco di mio, non ho bisogno della politica", dice con la consueta eleganza. Ma nel Paese di Pulcinella non si può escludere nulla. Nemmeno l'ingresso in politica di un tizio che giustifica l'evasione fiscale perché "da noi le tasse sono troppo alte" e comunque in Italia lui non le paga perché "ho vissuto per 12 anni in America e da 12 risiedo in Inghilterra". E anche lì ne paga poche, visto che le sue società sono tutte al sicuro nei paradisi fiscali.

A Verzuolo, provincia di Cuneo, dov'è nato nel 1950 sotto il segno dell'Ariete, lo chiamavano "tribüla" (fatica), non si sa bene se per il suo arrabattarsi a caccia del successo o per la scarsa attitudine al lavoro. I genitori, insegnanti elementari, sognavano almeno un figlio su due avvocato. Invece Flavio s'è fermato al diploma di geometra ("col minimo dei voti", tiene a precisare) con una tesina dal titolo "Progetto di costruzione di una stalla", e suo fratello fa l'agricoltore. Il Tribüla studia poco, ma ha una gran fregola di sfondare. Bazzica il Country Club di Cuneo. Conosce un finanziere della zona, Attilio Dutto, che ha rilevato la Paramatti Vernici (in passato di Michele Sindona), e diventa il suo portaborse. Dutto nel 1979 salta in aria insieme alla sua auto: scena da Beirut, più che da Cuneo. Non si saprà mai chi l'ha organizzata, anche se le voci di paese parlano del clan dei marsigliesi. Briatore cambia aria. Si dice che faccia l'assicuratore, poi il maestro di sci. Rispunta poco dopo a Milano, appartamento di piazza Tricolore tanto lussuoso quanto kitsch.

Poi il Tribüla si dà alla discografia, al seguito di Iva Zanicchi. Ed entra nel giro delle bische clandestine, dove impazza il clan Turatello. S'imbarca in un'allegra brigata di "spennapolli", specializzata nel trovare facoltosi "clienti" da portare al tavolo verde e spolpare con partite truccate di poker e chemin de fer. I giudici processano tutta la compagnia: tra gli altri, il vicedirettore del Tg1 Emilio Fede, e naturalmente lui, Flavio Tribüla. Fede verrà assolto per insufficienza di prove (pare che perdesse anche le partite concordate). Briatore si becca in primo grado 3 anni a Milano e 1 anno e mezzo a Bergamo. Nella sua agendina trovano anche un numero di New York accanto al nome "Genovese": è intestato, secondo i giudici, "alla ditta G&G Concrete Corporation di John Gambino. Gambino e Genovese sono schedati dalla polizia Usa quali esponenti di rilievo di Cosa Nostra". Ma Flavio non fa un minuto di carcere: prima della sentenza è volato a Saint Thomas, Isole Vergini. E lì ha trovato il modo di trasformare in oro anche la latitanza, aprendo alcuni negozi per Luciano Benetton. Intanto, in Italia, la solita amnistia del 1989 sistema tutto. Ma lui si stabilisce negli Usa e poi a Londra. E fa carriera nel gruppo di Ponzano Veneto, prima coi maglioni, poi con la Formula Uno, dove vincerà quattro mondiali: due con Michael Schumacher e - dopo il divorzio da Benetton (34 miliardi di buonuscita) - due alla Renault con Fernando Alonso.

Nel '92 i giudici di Catania lo beccano al telefono con Felice Cuntrera, faccendiere legato al boss Nitto Santapaola: si parla di affari e di mafiosi interessati al business dei motori. Nel '93 una misteriosa bomba distrugge l'ingresso della sua principesca casa londinese in Cardogan Place. Incidenti di percorso che non scalfiscono l'immagine gaudente del playboy dalla chioma grigio-metallizzato. Ormai il Tribüla è pieno di miliardi, donne e successi. Possiede, oltre alla villa a Londra, un appartamento a New York, un attico a Parigi, un pied-à-terre ad Atene, una tenuta in Kenya, un aereo privato, due yacht (uno da 70 metri con tre ponti, il "F.B."; l'altro da 43 metri, il "Lady in blue", con un Fontana e un Pomodoro nel salone) e due localoni in Italia: il "Billionaire" a Porto Cervo e il "Twiga" in Versilia, dove una bottiglia di champagne può costare anche 1500 euro. "Mai visto tanta gnocca al metro quadro", è lo slogan raffinato che Briatore ha coniato per i suoi locali. E anche per la sua vita privata, visto che passa da fidanzate celebri come Naomi Campbell ad altre che lo diventano fidanzandosi con lui, come Elisabetta Gregoraci. Ha il 30% della Pierrel farmaceutica. Ha venduto a Telecinco (Berlusconi) i diritti tv dei gran premi per una cascata di miliardi. Ha fondato una griffe di presunta altamoda, Billionaire Couture.

Sta per aprire una catena di boutique a Tokyo. E' amico della crème dei politici e dei finanzieri, ma anche di centinaia di star e starlet. Senza dimenticare Daniela Santanchè, Lele Mora, Paolo Brosio e Marcello Lippi, suoi soci nel Billionaire e/o nel Twiga. Le sedi sono in Italia, ma la holding briatoresca è tutta all'estero: Isole Vergini britanniche e Marshall, Hong Kong e Lussemburgo. Vien da chiedersi che aspetti il Tribüla a buttarsi in politica: una condanna ce l'ha, un'amnistia pure, e poi miliardi, società off-shore, persino qualche amico mafioso. Che gli manca?

http://www.giudiziouniversale.it/20/travaglio/briatore

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