lunedì 2 novembre 2009

Lettere ai potenti. Le nuove provocazioni del blogger Saramago

"Il Quaderno", una raccolta di pensieri "scomodi" tratti dal blog dello scrittore

Marco Peretti
È noto che in alcuni casi il fine giustifica i mezzi, ma è altrettanto acclarato ormai che i mezzi condizionano il fine. Sorge quasi spontaneo premettere questa considerazione alla lettura delle missive affidate alla rete da José Saramago - che tanto clamore avevano suscitato qualche mese fa - e che ora hanno assunto la forma nobile del libro, oggetto che i potenti, i ricchi, ai quali il mittente il più delle volte si riferisce, forse terranno più in considerazione che non l'anarchico web.
La cura editoriale della Bollati Boringhieri offerta a Il Quaderno (traduzione di Giulia Lanciani, prefazione di Umberto Eco, 2009, pp. 171, euro 15.00) del premio Nobel, a parte le contese e le scelte di campo nell'agone della produzione libraria, si è dovuta cimentare soltanto in un lavoro di ricomposizione dei file sparsi del blog-notes dello scrittore portoghese, ma agli occhi del lettore il blasone del cartaceo gli fa acquisire ancor più le sembianze di un epistolario "aperto", che com'è d'uso in questi tempi difficilmente riceverà risposte.
Comunque charta manent e le domande, che nella rete telematica rischiano di confondersi tra migliaia, ora non possono essere messe agli atti. Domande, inquietudini di un blogger ottantasettenne che da sempre ama la forma diaristica, "quadernistica" verrebbe da dire, visto che di Cadernos l'autore del Memoriale del convento ne ha già scritti, di proprio pugno e pubblicati, cinque volumi. La differenza potrebbe risiedere proprio nel mezzo scelto a partire da settembre 2008, la rete appunto (www.caderno.josesaramago.org), un diario pubblico globale in tempo reale che annulla lo iato che separa il momento della scrittura da quello della pubblicazione. Certo per chi ha potuto sfogliare i Cadernos de Lanzarote (i cinque diari pubblicati in Portogallo) è abbastanza evidente che la possibile, diversa strategia di composizione non indulge al politically correct . La vitalità polemica è la stessa, forse più circoscritta al locale, ma in entrambi i casi emerge accanto al talento professionale dello scrittore l'engagement del cittadino, ancor più di quello dell'intellettuale, e l'«irritazione impenitente, e tenera», come ricorda Umberto Eco, dell'uomo.
Una tenerezza tangibile nella premura che riserva ai deboli, non dimenticando che anche lui lo era («adolescente timido, chiuso nella [mia] condizione sociale»), esplicita nello scritto che inaugurava il blog, dedicato alla sua Lisbona della quale ricorda i quartieri poveri della «gente di poco avere e molto sentire». Il suo sembra quasi un esercizio virtu(ale) in cui veste i panni dell'uomo comune (la stragrande maggioranza che popola questo mondo) che avrebbe potuto essere, se non fosse diventato un accreditato scrittore.
Altri lo potranno giudicare manicheo, sprovvisto delle sfumature necessarie per vivere ai nostri giorni, bastian contrario al fine di promuovere i suoi cahiers de doléances come tutti gli uomini di sinistra (è questa l'accusa che gli viene rivolta in questi giorni dall'episcopato portoghese per il suo ultimo romanzo Caim - "Caino" - non ancora tradotto in italiano, nel quale torna sul tema religioso col suo consueto ateismo ironico), ma della sua acquisita e conquistata condizione odierna continua consapevolmente a far uso di parte, distinguendosi, bisogna dirlo, da chi entrato a far parte dei salotti buoni accetta la sudditanza nei confronti dei potenti e spesso asseconda la loro arroganza verso i deboli.
Ai ricchi sono indirizzate la gran parte delle lettere pubbliche che ha scritto per più di un anno, a Bush, Aznar, Sarkozy, Barack Obama o al muftì dell'Arabia Saudita. Molti di loro sulla carta, democratici, o al servizio della democrazia in quanto rappresentanti del popolo. Il problema per Saramago però è il valore originario di questo termine, il senso aristotelico che egli intende conservare, vale a dire la democrazia come governo del popolo e non per il popolo. La sua visione del mondo lo porta a guardare la dura realtà dei fatti che si nasconde dietro le parole e se si vuole parlare di potere bisogna rivolgersi a chi effettivamente lo detiene: il Mercato. Dunque secondo lui bisogna parlare di plutocrazia e non di democrazia.
Non è casuale quindi che l'autore di Cecità abbia fatto suo il monito del connazionale Almeida Garrett proponendolo nel suo sito con il titolo "La domanda" e riproducendolo in quarta di copertina del libro: «E io chiedo agli economisti politici, ai moralisti, se hanno già calcolato il numero di individui che è giocoforza condannare alla miseria, al lavoro eccessivo, alla demoralizzazione, all'infanzia perenne, alla più abietta ignoranza, alla disgrazia ineluttabile, alla penuria assoluta, per produrre un ricco».
Alla luce di questo contesto, forse, potrebbero assumere altro valore anche le frasi estrapolate da alcune missive inviate al "proprietario" della Einaudi, editore acquisito in corso d'opera e ora abbandonato per incompatibilità politica. In questo caso ripeterle non giova, vale più tornarci rileggendo quant'altro Il Quaderno offre. Riflessioni, opinioni, commenti di un uomo-scrittore che come Brecht ama scrivere del "ciliegio" e di letteratura, ma a causa dei "plutocrati" rimane ancora a ottantasette anni fermo sulla scrivania.
La forma del quaderno, del diario, continua ad essere così come inaugurata nell'800, anche una maniera per parlare di sé che si espone dunque a tutti i legittimi giudizi, ma sia i denigratori che i suoi sostenitori non possono eludere che si tratti di un intellettuale che per carattere si distingue dalla norma e dalla media dei suoi colleghi. Non è "normale" infatti che un membro del Partido Comunista Português titoli "Dogmi" una sua lettera nella quale lamenta che anche Il capitale di Marx sia diventato per molti una bibbia, mentre una rilettura generosa del marxismo potrebbe aprire altri cammini, a cominciare dalla domanda fondamentale «Perché penso come penso? In altre parole: Che cos'è l'ideologia? Sembrano domande di poco conto e non credo, invece, che ve ne siano di più importanti».

Liberazione 23/10/2009, pag 9

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