lunedì 2 novembre 2009

Pechino alla Buchmesse ma senza democrazia

Le inquiete ombre cinesi

Guido Caldiron
Nei giorni in cui dalla regione dello Xinjiang arriva la notizia di altre sei condanne a morte pronunciate contro altrettante persone accusate di esser coinvolte negli scontri etnici esplosi nel mese di luglio in quest'area di frontiera della Repubblica Popolare Cinese, dove vive una forte minoranza musulmana e turcofona, gli uiguri, Pechino fa mostra della sua produzione culturale alla Buchmesse di Francoforte. E' infatti la Cina controversa della repressione selvaggia delle minoranze e che ha celato solo pochi mesi fa il tragico anniversario del massacro di piazza Tienanmen del 1989, proprio in questi gorni sono emerse nuove scioccanti immagini di quella vera "macelleria", l'ospite d'onore della più importante fiera libraria d'Europa che si è aperta mercoledì e che si concluderà sabato.
Da Pechino arriveranno in Germania oltre duemila persone tra editori, esponenti del mondo della politica, della cultura e del giornalismo: tra loro anche cento scrittori. Trecento le case editrici cinesi, nel paese sono attive oltre seicento imprese editoriali per un numero complessivo di pubblicazioni annuali intorno alle duecentomila, convolte nell'iniziativa - su un totale di settemila espositori presenti a Francoforte, provenienti da oltre cento paesi - e diverse centinaia i titoli che si candidano a essere tradotti in tedesco grazie al "mercato" dei diritti che fa da corollario alla fiera. Almeno cinquecento gli appuntamenti dedicati all'editoria cinese previsti nell'ambito delle giornate della Buchmesse: non solo presentazione di libri ma anche mostre, spettacoli di opera, di balletto e anteprime cinematografiche.
«La presenza della Cina a Francoforte come ospite d'onore offre centinaia di possibilità per consentire di avvicinarsi a questa cultura ancora poco nota. Si tratta di un'occasione unica per entrare in contatto con la Cina, non solo come era avvenuto finora nel campo dell'economia e della politica, ma anche della letteratura e della cultura», ha spiegato il presidente della fiera di Francoforte Juergen Boos. Solo che questa "scoperta" avverrà, secondo molti osservatori indipendenti e secondo le organizzazioni per la tutela dei diritti umani all'ombra della censura: quella operata dalle autorità di Pechino che sono state accusate di aver selezionato accuratamente gli autori da presentare alla Buchmesse, evitando con cura che alla trasferta tedesca partecipassero anche scrittori dissidenti o scomodi per il regime. Questo senza contare che una parte significativa della letteratura cinese contemporanea emerge dalla diaspora di Pechino in giro per il mondo. Come ha ricordato in questi giorni proprio a Francoforte il poeta dissidente Bei Ling che ha spiegato come «Noi abbiamo un'altra voce, la voce della letteratura underground, della poesia underground». Mentre Boos precisava come «la presenza cinese a Francoforte obbligherà Pechino a entrare in una discussione aperta sul tema dei diritti e della censura».
La Cina resta in ogni caso al centro dell'attenzione culturale, e non solo di quella visti i frequenti viaggi d'affari di questo o quel premier europeo, dell'Occidente. Al di là della vasta messe di traduzioni letterarie, dai romanzi storici al noir passando per amore e erotismo, si segnala da questo punto di vista la nuova opera dedicata in Italia al grande paese asiatico. Si tratta dei quattro volumi de La Cina , curati da Maurizio Scarpari di cui Einaudi ha iniziato la pubblicazione proprio nei giorni della Buchmesse. Articolata in quattro volumi, ciascuno di più di mille pagine, l'opera prende in esame «l'intera civiltà cinese», non solo la "storia" della Cina e delle sue istituzioni, ma anche la storia della letteratura, della filosofia, dell'arte, delle scienze e dell'economia. Il primo volume ad arrivare in libreria è in realtà il terzo della serie La Cina III. Verso la modernità (pp. 1072, euro 95,00) che «si sofferma sui cambiamenti che hanno interessato la Cina dal 1860 a oggi, analizzando le trasformazioni che hanno interessato le istituzioni politiche, i rapporti della Cina con il resto del mondo, l'economia, il diritto, la società e la cultura cinese».
Nell'introduzione al libro, Guido Samarani docente di Storia della Cina e Storia e Istituzioni dell'Asia Orientale all'Università Ca' Foscari di Venezia, cita un brano della lettera che il funzionario imperiale cinese Lin Zexu indirizzò alla Regina Vittoria nell'agosto del 1839, alla vigilia dello scoppio della cosiddetta "guerra dell'oppio". «Il vostro paese è molto lontano dalla Cina. L'obiettivo delle vostre navi che giungono in Cina è di realizzare ampi profitti: dato che tali profitti sono conseguiti in Cina e sono di fatto tolti al popolo cinese, come è possibile che gli stranieri in cambio dei benefici avuti portino un simile veleno che arreca danno ai loro benefattori? (...) Mi è stato detto che avete severamente proibito l'oppio nel vostro paese, e ciò indica senza dubbio la vostra consapevolezza di quanto dannoso esso sia. Voi non volete che l'oppio arrechi danno al vostro paese ma scegliete di portare un simile danno ad altri paesi come la Cina? Perché?». «E' da queste parole, da questi concetti - spiega Samarani - che muove il presente volume finalizzato ad analizzare le tappe principlai del "viaggio" della Cina attraverso 150 anni circa, tra la metà del XIX secolo e i primi anni del XXI», tenendo ben presente come "la modernizzazione" della Cina «può essere concepita come un processo continuo e aperto di interazione tra culture, tecniche e istituzioni diverse».

Liberazione 16/10/2009, pag 8

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