venerdì 1 agosto 2008

INDIA: Singh perde la sinistra

I nazionalisti denunciano la compravendita di voti
Accordo nucleare Usa
Singh salva il governo ma perde la sinistra

La giornata è finita con balli e canti dei sostenitori del partito de Congresso sotto casa si Sonia Ghandi, la leader ufficiosa del partito di maggioranza relativa indiano

Martino Mazzonis
La giornata è finita con balli e canti dei sostenitori del partito de Congresso sotto casa si Sonia Ghandi, la leader ufficiosa del partito di maggioranza relativa indiano. Nelle ore precedenti le scene trasmesse dai network televisivi indiani somigliavano da vicino alle giornate drammatiche e farsesche del Parlamento italiano. Urla, accuse, discorsi retorici e un voto sul filo di lana.
Ieri il governo Singh affrontava un passaggio politico chiave. Il premier che guida la coalizione di centrosinistra, sostenuta fino a ieri dall'appoggio dei partiti comunisti e dei partiti tribali e di casta tra cui quello di Mayawati Kumari, presidente dello Stato dell'Uttar Pradesh, aveva deciso di porre la fiducia per far approvare l'accordo di fornitura nucleare siglato con gli Stati Uniti. La Lok Sabha , come si chiama la Camera bassa, gli ha concesso dato ragione per un pugno di voti. Ma la seduta è stata di quelle infuocate, ricche di insulti e accuse, ma anche di politica seria. Proprio come è la democrazia indiana: enormi limiti, corruzione diffusa, ma anche partecipazione e confronto di idee veri. Il casus belli è il presunto tentativo della maggioranza di comprare voti. Per la precisione il tentativo è stato quello di comprare astensioni. I membri del principale partito di opposizione, i nazionalisti indù del Bjp hanno agitato mazzette di rupie in aula, urlato che il governo si deve dimettere e portato il caos in aula. Rahul Ghandi, erede della principale famiglia politica del Paese, è stato interrotto e insultato perché teneva il suo discorso in inglese. Ma dopo ore di dibattito, tanta tensione e una conta dei voti lenta e confusa, Singh ha ottenuto la fiducia.
In effetti, promesse, giochi politici ambigui, manifestazioni di massa a favore contro il governo, hanno caratterizzato le ultime giornate della politica indiana. Senza i voti dei partiti di sinistra, al Congresso servivano 46 voti per ottenere la maggioranza. Alla fine ne ha ottenuti di più, convincendo, ma anche utilizzando metodi improbabili. Sei deputati in carcere hanno avuto il permesso di votare, una pratica legale, e deputati il Bjp ha trasportato un suo membro dall'unità di rianimazione fino in Parlamento. Se il governo avesse perso, le regole imponevano il ritorno automatico alle urne entro sei mesi. Ed è per questo che il voto era tanto importante: la coalizione guidata dal Partito del Congresso difficilmente avrebbe potuto ricomporsi dopo la sfiducia e il Bjp si preparava alla rivincita.
Al voto di ieri si è arrivati dopo un dibattito intenso e molto lungo. Sia il Bjp che la sinistra ritengono che l'accordo con gli Stati Uniti sia un'ipoteca all'indipendenza indiana. L'accordo prevede la fornitura di tecnologia americana in cambo dell'ingresso nell'Aiea (l'Agenzia atomica intenazionale), con la conseguente condivisione di tutte le informazioni relative al proprio programma nucleare civile e militare. Per i nazionalisti si tratta di una svendita del Paese, impossibilitato, d'ora in poi, a sviluppare armi nucleari proprie. Per il Bjp si trattava soprattutto dell'occasione per far cadere il governo: circa dieci anni fa il governo cadde per un voto e i nazionalisti presero il potere per la prima volta. Per i comunisti, che governano con diverse contraddizioni in molti stati importanti e tra i più dinamici l'argomento è simile, ma dettato soprattutto dalla ammirazione per l'esempio cinese. Il gigante asiatico è geloso della propria sicurezza interna e tende a non condividere informazioni con nessuno. Per i Pc c'è anche un'ostilità nei confronti degli Stati Uniti maturata nei decenni della guerra fredda. Per il partito del Congresso, l'accordo è invece l'unica chiave per accedere al club delle potenze nucleari e garantirsi in futuro l'energia necessaria.
Un voto di ratifica definitivo era urgente e necessario. Negli Stati Uniti infatti, c'è chi, con una posizione uguale e contraria a quella dei nazionalisti indù, non vorrebbe cedere nessuna tecnologia a un grande governo asiatico, potenzialmente pericoloso.
Alla fine Singh ha ringraziato per una «maggioranza così convincente», ma l'incognita è il futuro della coalizione di centrosinistra. Singh, che ha attaccato duramente il Bjp, è stato blando nei confronti degli alleati. Ha chiesto ai suoi «amici» di rivedere le loro posizioni, di «considerare con che compagnia vi state mettendo». In passato la sinistra ha strappato diverse misure importanti, ma oggi accusa il Partito del Congresso di avere tradito il programma. Per adesso ha vinto Singh.

Liberazione 23/07/2008

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