giovedì 23 ottobre 2008

Orario lavoro, direttiva di Bruxelles

Con la nuova direttiva di Bruxelles si potrà arrivare a 78 ore senza accordi collettivi
Orario, sabato Se in piazza contro le 65 ore

Roberto Musacchio
«No alle 65 ore, si al lavoro dignitoso», firmato Gue (Gruppo parlamentare europeo della Sinistra unitaria). Sarà la scritta che apparirà sulle magliette che indosseremo sabato alla manifestazione di Roma. Sperando di poterle tornare ad indossare per la manifestazione europea contro la direttiva che potrebbe esser indetta a Bruxelles per i primi di dicembre, e che fortemente auspichiamo. E sperando di fermarle veramente queste maledette 65 ore. Per riuscirci dobbiamo far crescere la mobilitazione. Solo ora ci si comincia a rendere conto di cosa significa l'arrivo di una disposizione che consente ai padroni d'imporre le 65 ore.
E anche di più. E sì, perché già oggi è in vigore un'altra direttiva che prevede si possa lavorare 13 ore al giorno, recepita nel 2003 dal Governo Berlusconi di allora. Ma poi però c'è ancora l'orario settimanale, le 48 ore, e ci sono i contratti. Con la nuova direttiva invece il calcolo dell'orario si fa annuale, addirittura i riposi settimanali possono essere rimandati nel tempo, e dunque si possono arrivare a 78 ore e si può fare a meno anche degli accordi collettivi. E' il testo che arriva in Parlamento con mittenti i governi che hanno stracciato il già assai discutibile compromesso partorito dal Parlamento stesso in prima lettura. Almeno lì si "scambiava" l'annualizzazione del calcolo con la fine dell'opt-out, e cioè degli accordi individuali in deroga a quelli collettivi. Ora, dopo la sentenza Laval, quella per cui i contratti nazionali contanto solo fino a un certo punto, il nuovo testo si prende sia l'annualizzazione che l'opt-out. Nell'Europa della crisi delle banche, dei frutti amarissimi di Maastricht, sarebbe un affronto colpire così i lavoratori.
Che cominciano a mobilitarsi. La Fiom ha chiesto la manifestazione europea. In Spagna, per la recente giornata a sostegno del lavoro dignitoso, si è scesi in più di 40 piazze contro la direttiva. E sempre in Spagna si è mossa anche la sinistra, al punto che il Parlamento ha approvato addirittura all'unanimità un testo durissimo.
Abbiamo cominciato a lavorare anche come deputati europei progressisti e di sinistra per creare condizioni di contrastare il testo dei governi. Del resto l'allora governo Prodi, al pari di quello spagnolo, lo aveva bloccato. E il nuovo Berlusconi ha cambiato la posizione del nostro paese. Sarà bene chiedergliene conto, anche domandando cosa ne pensa ad esempio la cosiddetta destra sociale e le sue organizzazioni sindacali. Questa battaglia ha tanti valori. Uno assai concreto e riguarda la vita ei lavoratori. L'altro concerne la struttura contrattuale così duramente attaccata: se si toglie il ruolo sindacale sull'orario tutto il poter contrattuale residuo è minato. Ma poi c'è un valore simbolico e di civiltà. Se dalle 48 ore delle conquiste del secolo scorso e dalle 35 ore simbolo di una stagione di riforme mancate, arriviamo alle 65, questo è il segno di una sconfitta storica.
Dobbiamo farla dunque questa battaglia. E farla su una dimensione nuova, quella europea. Del resto è per questo che abbiamo pensato il Partito della sinistra europea.
Europarlamentare e capogruppo Prc-Se

Liberazione 09/10/2008

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