martedì 16 settembre 2008

Cina e Iran alla ricerca dell'equilibrio instabile

Petrolio per tecnologia e appoggi internazionali

Matteo Alviti

Come era già accaduto per l'apertura dei Giochi Olimpici, l'otto agosto scorso, anche la cerimonia inaugurale delle Paraolimpiadi, ieri, è stata occasione per un importante incontro per il presidente cinese Hu Jintao. Sugli spalti dello stadio di Pechino sedeva il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad.
Hu e Ahmadinejad si erano incontrati appena la scorsa settimana a Dushambe, in Tagikistan, in occasione del vertice dello Sco, l'Organizzazione per la cooperazione di Shangai, di cui la Cina, con la Russia e altri paesi ex sovietici è parte, mentre l'Iran è semplice osservatore. La cooperazione regionale si sta lentamente strutturando, forte di un'interdipendenza energetica e commerciale sempre più marcata. «Sia la Cina che l'Iran sono nazioni in via di sviluppo e c'è un grande potenziale per la cooperazione», ha detto Hu.
Il termometro delle relazioni tra i due paesi recentemente ha fatto segnare variazioni notevoli. Negli ultimi mesi l'importazione cinese di greggio iraniano ha fatto segnare un brusco rallentamento, toccando lo scorso giugno, con 286mila barili, il valore più basso degli ultimi 18 mesi, ben il 50% in meno di giugno 2007. E' stato il culmine di una tendenza al ribasso che già nei primi quatto mesi dell'anno si era attestata sui 465mila barili, con una flessione del 10% circa. Tehran si è trovata così costretta a stoccare ingenti quantità di greggio in petroliere al largo delle coste. E' un segnale che in parte va interpretato con il rallentamento generale dell'economia e con la crescita del costo dell'oro nero. Tuttavia nello stesso periodo la Cina ha aumentato le importazioni dall'Arabia Saudita e dall'Angola.
Nonostante i rallentamenti sul fronte energetico, nello stesso periodo Pechino ha concluso diversi accordi con Tehran. Con il commercio di beni, Cina e Iran contano di far crescere quest'anno il volume dell'interscambio a 30 miliardi di dollari, rispetto ai 20 miliardi circa del 2007. Il mese scorso Seifollah Jashnsaz, direttore della National Iranian Oil Company, era partito alla volta di Pechino con l'obiettivo di discutere l'acquisto di tecnologia per l'estrazione di petrolio. La Cina starebbe anche negoziando con la Repubblica Islamica un accordo del valore di 16 miliardi di dollari per sviluppare un giacimento di gas e costruire un impianto per il gas naturale liquefatto. Pechino ha bisogno di carburante per far girare il suo motore e allargare il numero di persone che beneficiano della crescita, prima che il malcontento scoppi irreparabilmente. Se quest'anno, secondo le previsioni, la Cina dovrebbe importare oltre la metà del greggio di cui necessita, nel 2030 la dipendenza potrebbe raggiungere l'80%. Per questo gli occhi di Hu sono sempre più rivolti alla situazione politica del Medio Oriente - da cui proviene il 45% del greggio acquistato all'estero - e dell'Africa - che fornisce il 30% del fabbisogno energentico importato.
Finora i rapporti sino-iraniani si sono fondati su un doppio binario: petrolio da Tehran contro tecnologia e appoggio internazionale da Pechino, oltre al normale scambio commerciale. La Cina non ha interesse a che la situazione mediorientale si destabilizzi, ma non può permettersi di tagliare i ponti con l'Iran. Quella di ieri è stata un'ulteriore occasione per riportare il clima su temperature miti, dopo le freddure per l'altalenante posizione cinese sul nucleare iraniano. Serviva un segnale di discontinuità. Che Hu non ha mancato di mandare ai membri del 5+1 - il gruppo dei membri permanenti del Consiglio di sicurezza Onu, di cui la Cina fa parte, più la Germania. «Al momento», ha detto il presidente cinese, «la questione del nucleare iraniano ha di fronte una rara opportunità per la ripresa dei colloqui. Noi speriamo che tutte le parti interessate colgano l'opportunità». Pechino, ha detto Hu, rispetta il diritto dell'Iran all'uso pacifico dell'energia nucleare. La Cina si è sempre rifiutata, con Mosca, di sostenere le sanzioni più dure contro l'Iran, pur essendosi schierata per tre volte dal 2006 al fianco di Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti nel votare provvedimenti politici ed economici contro Tehran. Nonostante le tre serie di sanzioni votate dal Consiglio Onu, l'Iran ha finora sempre opposto un netto rifiuto alle richieste di congelamento del programma nucleare, civile per Tehran, prodromo di un programma militare per l'Occidente e Israele. Ahmadinejad ha incassato, in attesa che possa essere trovata «una soluzione accettabile da tutti».


Liberazione 07/09/2008

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