martedì 16 settembre 2008

West Bengala

«I contadini hanno perso i loro campi ma l'impero delle auto non avrà vita facile»

Daniela Bezzi
Anuradha Talwar, 49 anni, è Presidente del Pbkms, acronimo che tradotto dal Bengali sta per Sindacato Agricolo del West Bengal. Avrebbe dovuto essere in Italia dal 4 settembre per il Forum Sbilanciamoci, ma l'acuirsi della tensione intorno agli investimenti Tata Motors per la produzione della famosa Nano Car nelle terre di Singur, in West Bengala, non le ha permesso di partire. Della vicenda Tata Motors, che l'ha vista protagonista, si parlerà domani, dalle ore 18, alla Casa Internazionale della Donna di Roma.
Di estrazione sociale agiata, studi a Delhi e poi allo stesso Istituto Tata di Scienze Sociali di Mumbai che ha formato Medha Patkar, di cui è stata allieva («per soli sei mesi, prima che Medha sparisse sul fiume Narmada dopo aver scoperto l'emergenza di quei territori sotto l'assedio del colossale progetto-dighe»), Anuradha condivide con il marito, Swapan Ganguly, l'impegno di organizzare le frange più marginali del settore agricolo, in Bengala: non solo i bargadars , ovvero i braccianti cui la riforma agraria degli anni '70 aveva garantito alcuni diritti, poi erosi; ma anche l'area immensa del bonded labour (lavoro a coazione, vincolato dai debiti, spesso accumulati da più generazioni), del lavoro minorile (soprattutto domestico), e dei lavoratori delle piantagioni di thè del Darjeeling, un tempo fiorenti e ora abbandonate, dove i morti per fame sono stati solo l'anno scorso più di 700. Vive in una comune agricola, poco fuori Kolkata con una ventina di famiglie «perché vivere in mezzo alla gente e nel verde è meglio». Sempre in prima linea, è protagonista della resistenza contro le requisizioni delle terre agricole di Singur: in più occasioni è stata malmenata e imprigionata.

11 giorni di picchettaggio, massiccio, ordinato, senza incidenti. Blocco della produzione negli ultimi sette giorni. Il potente Ratan Tata che si spazientisce e minaccia la serrata. Qual è il bilancio di questo ultimo capitolo di proteste intorno a quel muro che ha rubato le terre di Singur?
Dopo l'annuncio di Tata abbiamo avuto un temporaneo smarrimento, abbiamo dovuto renderci conto che la partita era chiusa e che, volenti o nolenti, la fabbrica andava "salvata", altrimenti ci saremmo trovati a rispondere anche dell'accusa di rallentare il processo di industrializzazione, di gettare nella disperazione chi aveva già venduto i terreni. Oggi, a mente fredda, penso che il solo fatto di aver gettato in un simile imbarazzo l'impero Tata, sia un bel risultato. Tutta la stampa internazionale ha dedicato al "caso Tata Motors" articoli tutt'altro che ostili, anzi direi sconcertati: hanno riportato (per esempio) l'iniquità di quelle indennità già pagate, ben al di sotto dei valori di mercato, oltre al volume di quelle ancora da pagare. Un simile scenario di ostilità e di avversione verso quella che era stata pubblicizzata come dream car , la topolino dell'India, il regalo di India shining alla gente qualsiasi… beh, se non altro a livello di visibilità, il bilancio è ottimo. E' stata una grande manifestazione di forza e unità. E nell'attuale scenario di conflittualità sulla questione della terra, in tutta l'India, già questo è una vittoria.

Ora però bisogna trattare, e la trattativa (anche mentre chiudiamo il pezzo, ndr) è ancora in corso presso la residenza del governatore del West Bengala. Cosa riuscirete a ottenere, realisticamente?
Nessuno ha mai sperato di poter riavere indietro tutti i terreni (circa 400 acri ndr ) occupati "illegalmente" due anni fa quando le trattative erano ancora in corso tra i villaggi - e i cui indennizzi non sono infatti mai stati accettati dai contadini. Alcuni terreni sono già stati, almeno in parte, edificati con i primi capannoni per l'indotto: che senso avrebbe pretenderne la restituzione? Vorrei però sottolineare il fatto che mentre due settimane fa la nostra richiesta suonava improponibile, già ieri mattina si parlava di un centinaio di acri sicuramente restituibili. Ci sarà una minoranza che riavrà indietro qualcosa e una maggior parte che rimarrà davvero senza niente. L'azione della nostra organizzazione si concentrerà su queste fasce di popolazione: braccianti, lavoranti a mezzadria, soprattutto donne, che prima dell'arrivo della Tata potevano contare su un numero di giornate equivalenti a un reddito tra i 450 e i 500 Euro all'anno (sic!), in questi ultimi due anni si sono trovati a guadagnare 3 o anche 4 volte meno e le donne hanno pagato il costo più alto. E ciò significa: fame. Ci batteremo perché tutti loro vengano indennizzati per tutte le giornate che hanno perso. Ma soprattutto c'è da capire come gestire il futuro. In India è stato varato tre anni fa uno strumento di welfare che si chiama Nrega (Legge Nazionale per l'Impiego Rurale Garantito) che dovrebbe garantire almeno 100 giornate lavorative all'anno, per tutti. Ma non ha mai funzionato. Nel caso di Singur dovranno farlo funzionare per forza, su questo non ci arrenderemo. Poi bisognerà capire come sarà possibile un minimo di attività agricola nelle aree coltivabili che ancora rimangono intorno al muro. Perché l'inquinamento industriale distruggerà i campi non solo negli immediati dintorni ma anche nel raggio di 5 o 7 chilometri. E questo grazie a un accordo che il prode Ratan Tata riuscì a strappare nel settembre 2006 al primo ministro Manmohan Singh - accordo che esenta l'intero settore dell'auto da qualsiasi vincolo ambientale. Come possiamo accettare una simile aggressione? E' in questione un problema di sovranità alimentare, diritto alla vita, alla salute! L'urgenza di queste richieste è stata sottolineata anche di recente. La risposta è stata: faremo il possibile.
Il blocco a oltranza si è concluso sì, e ha visto forse vittoriosa Tata Motors - ma ora comincia l'azione martellante delle rivendicazioni legali, caso per caso, villaggio per villaggio, campo per campo. E sarà dura. Perché la negligenza, il disinteresse, l'incuria con cui le nostre campagne sono state trattate è scandalosa. Basti pensare all'inenarrabile misera in cui versa la popolazione nelle ex piantagioni di the, ora abbandonate perché non più produttive, nel nord del Bengala: centinaia di morti per fame ogni anno. Siamo 21 organizzazioni diverse al lavoro sulle terre di Singur. E a questo è servito il movimento degli ultimi mesi: a darci compattezza, accrescere la solidarietà.

La protesta di Singur sembrava defunta, dopo la sentenza negativa dell'Alta Corte di Kolkata verso fine gennaio. Quali sono state le condizione che l'hanno fatta rinascere?
Quella sentenza fu un colpo tremendo per tutti. La gente si aspettava giustizia. Ma come sperare che una potenza come Tata Motors potesse venire umiliata dalla Corte dello stesso stato che gli ha praticamente regalato le terre? Incassato il colpo abbiamo ripreso il lavoro di base. Il 13 maggio è arrivata la sentenza avversa e pochi giorni dopo, il 21 maggio, ecco le elezioni locali per il rinnovo dei panchayat (consigli di villaggio, ndr ) e la rimonta del partito Trinamool di Mamta Banerjee, che essendo all'opposizione rispetto al Partito di governo (comunista) in West Bengala aveva cavalcato la vicenda di Singur fin dall'inizio. Una vittoria periferica, che però diede ad alcuni panchayat il coraggio di ostacolare l'operatività di Tata Motors: per esempio non "facilitando" il permesso per gli allacci della corrente elettrica, ostruendo il passaggio verso le cancellate di accesso in fabbrica, e così via. A fine giugno un pezzo di muro se ne va, sotto i picconi della rabbia contadina. Per tutto luglio sit in, dimostrazioni, crescita del movimento. Dai primi di agosto l'ultimatum: o ci si siede a discutere sui famosi 400 acri in contenzioso, oppure il 24 agosto cominciamo la serrata a oltranza. Si era fissata la data dell'incontro, per il 20 agosto. Ma dalla sede del governo, il "Buddha Rosso" (Buddhadeb Bhattacharjee, ministro del West Bengala ndr ) ecco la richiesta di … rinunciare alla questione delle terre, altrimenti non ci ricevono! Come dire: non vogliamo negoziare. Il 24 agosto comincia quindi il picchettaggio: 21 posti di blocco tutt'intorno al muro, per oltre 10 km, una cosa logisticamente epica. E che ha avuto, devo dirlo, alcuni momenti di grande euforia.

Non avete mai temuto di trasformare Singur in un replay di Nandigram, altra area del West Bengala dove l'anno scorso i contadini si sono opposti alla requisizione di 22mila acri di terra da destinare alle industrie chimiche Salim, pagando però un grosso debito di sangue?
Diciamo che anche le forze dell'ordine hanno collaborato. Perché l'ennesimo bagno di sangue sarebbe stato per Tata Motors un danno di immagine incurabile, una ripetizione anche del massacro di Kalinga Nagar (nello stato dell'Orissa, dove Tata Steel ha sulla coscienza la morte di 12 tribali, ndr ). Io credo che il danno di immagine sia stato enorme anche così. Ma non è questo il punto. Vittoriosi, vinti… abbiamo perso tutti. Singur non sarà mai più quella che era. E anche la fabbrica non potrà sperare di lavorare in pace. L'agricoltura è morta, sì. Ma anche il progetto industriale è nato male, fa acqua (letteralmente) da tutte le parti. Gli intoppi, il risentimento, i problemi, continueranno a riproporsi a singhiozzo. La repressione dello stato crescerà e cresceranno le mafie. Chi ha venduto due anni fa si troverà a invidiare coloro che, avendo resistito, avranno indietro qualcosa: ma non sarà invidia per i campi, piuttosto per i valori che i terreni hanno maturato: in soli due anni sono cresciuti anche 15 volte, ti rendi conto? Noi ci poniamo il problema di far convivere i campi con l'industria, ma l'economia che si prepara qui - dove prima c'era un'economia normale, magari lenta ma "sana", che produceva dai 2 ai 4, anche 5 raccolti all'anno - è pura speculazione. Anche senza il bilancio dei morti e delle iniquità, anche così è una storia demoralizzante. Ma non solo per noi. E' il tramonto di qualsiasi qualità progettuale. E' la vittoria di uno stile d'impresa rapace, raffazzonato, che coniuga il "divide et impera" di coloniale memoria con la più sprezzante modalità "usa e getta". E la vostra prima industria automobilistica si è alleata con questi signori! Il minimo che possa capitare è che oltre ai profitti si troverà a condividere anche gli imbarazzi e le inevitabili perdite. Perché la situazione in cui l'India versa oggi, da qualunque punto di vista la si voglia guardare, non è più tanto shining . Al contrario, è esplosiva.


Liberazione 07/09/2008

Nessun commento: