domenica 14 settembre 2008

Shanghai cooperation organisation

Con la Shanghai cooperation organisation nuovo spazio in Oriente per armi, affari e diplomazia
Scacco a Onu Nato e Wto
Cina e Russia ballano da sole?

Monica Di Sisto
E' la risposta "da Oriente" all'Ocse, l'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, anche se fino ad oggi un po' meno visibile. Ritiene che l'Onu sia l'organizzazione internazionale più rappresentativa e autorevole. Ma anche che «dovrebbe migliorare la propria efficienza e rafforzare la propria capacità di rispondere alle nuove minacce e sfide conducendo un'apposita, necessaria riforma». E' la Shanghai cooperation organisation (Sco), che sta giocando una propria partita nello scacchiere georgiano, stretta tra la strategia Russa, le pressioni della Nato e la spinta autonomista di Ossezia del Sud e Abkhazia.
Il Gruppo di Shanghai, o gruppo dei Cinque, è stato creato nella città cinese nel 1996 da Cina, Russia, Kazakistan, Kyrghizystan e Tagikistan dopo la guerra civile nel Tagikistan, l'ascesa del potere dei taliban in Iraq, l'emersione del terrorismo nella regione musulmana cinese dello Xinjiang e in Uzbekistan, per fare massa critica contro "tre mali": estremismo, terrorismo e fondamentalismo. Ma anche per fare buoni affari, a partire da armi ed energia. Quando ai cinque del gruppo iniziale, nel 2001, si unì l'Uzbekistan, la Shanghai cooperation organisation prese il largo con un'apposita Dichiarazione. Anche se i sei precisano che «non è un'alleanza intesa contro altri Stati e regioni», in realtà viene sempre più utilizzata come contrappeso all'espansione della presenza militare statunitense nella regione grazie ai conflitti iracheno e afghano e come spazio economico autonomo.
La Russia di recente ha fatto sapere che procederà nell'avvicinamento all'Organizzazione mondiale del commercio (Wto) solo se le converrà, e che nel frattempo le liberalizzazioni impostele per l'adesione si sente libera di rispettarle solo se non la danneggiano. Ieri Putin si è anche detto non affezionato alla poltrona nel G8. La Cina, dal canto suo, ha elegantemente "scaricato" nel luglio scorso i negoziatori di Ginevra quando ha capito che non avrebbe guadagnato molto dal round negoziale Wto in corso. Se si aggiunge a questo il fatto che sta contravvenendo a molti dei limiti imposti sulla carta dall'adesione all'organizzazione, l'oscuro tavolo dello Sco potrebbe d'ora in avanti brillare di nuova luce.
I temi che dovevano trattare ieri i sei di Shanghai a Dushanbe, capitale del Tagikistan, nel corso del vertice programmato da prima dello scoppio del conflitto del Caucaso, dovevano essere il terrorismo e il traffico di droga dall'Afghanistan. In realtà il presidente russo Dimitri Medvedev ne ha approfittato per un faccia a faccia con il collega cinese Hu Jintao, fino a ieri equidistante tra Mosca e Washington. I sei hanno confermato il proprio impegno «sul principio del rispetto della storia e delle tradizioni culturali di ogni popolo», ma, hanno precisato, «mirando anche a mantenere l'unità degli Stati e la loro integrità territoriale». Il riferimento esplicito a Georgia, Abkhaza e Ossezia nei fatti non c'è, e Mosca deve accontentarsi di incassare il sostegno al suo «ruolo attivo per il contributo offerto nell'assicurare la pace e la cooperazione nella regione». «Capiamo la complessa storia - ha sottolineato il portavoce del ministro degli Esteri cinese Qin Gang, confermando l'appoggio alla Russia come ospite dei Giochi Olimpici Invernali 2014 - e auspichiamo una soluzione attraverso il dialogo e il confronto». Pechino si preoccupa della sua sicurezza interna: del separatismo a mano armata degli uiguri nello Xinjiang, ricco di giacimenti petroliferi e passaggio obbligato per la "via della seta" di ferrovie e oleodotti che Hu vorrebbe aprire alle risorse delle montagne e del Mar Caspio. Insieme alla scomoda indipendenza di Taiwan e ai continui scontri in Tibet le sono sufficienti per non sbilanciarsi. Nel frattempo, con singolare tempismo, si è "coperta" da eventuali ritorsioni Usa raggiungendo con l'Iraq un accordo da tre miliardi di dollari per lo sfruttamento congiunto dei giacimenti petroliferi di Ahdab, nella provincia sciita di Wasit, risuscitando un contratto cancellato dopo l'invasione alleata. Pechino punta, inoltre, da tempo a costruire tra i Paesi Sco un'area di libero scambio, e ha fissato con Mosca l'obiettivo di raggiungere un valore di scambi bilaterali tra i 60 e gli 80 miliardi di dollari (erano 29 circa nel 2005).
Non è sfuggito a Medvedev che la posizione unitaria dei sei avrebbe avuto, ad ogni modo, «risonanza internazionale - ha puntualizzato - e spero servirà da serio segnale a coloro che cercano di distorcere i fatti e giustificare questa aggressione». E' sotto questo cappello, infatti, che Cina e Russia hanno condiviso imponenti manovre militari, la prima nel 2005, di ben 8 giorni, con oltre 100mila soldati in esercizio tra il mare di Barents e il mar Giallo, l'ultima nello scorso aprile. Senza dimenticare che Iran, India e Pakistan hanno richiesto e ottenuto lo status di osservatori. Il messaggio è chiaro e forte: Onu, Nato, Ocse e Wto non sono più da sole a trattare i destini del pianeta.


Liberazione 29/08/2008

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