domenica 31 maggio 2009

Lo sceicco e la Gioconda

Donatella Della Ratta
GRANDI MUSEI Parigi, Atlanta, e adesso Abu Dhabi. Che cosa ci fa il nudo della Venere di Milo negli Emirati Arabi, sotto il marchio del Louvre? Scambi culturali, si dirà. No. Un business milionario. Ovviamente reciproco.

Non solo giganteschi grattacieli e hotel superlusso. Il lungomare di Doha, capitale di un Qatar in continuo boom edilizio, riserva una piccola sorpresa se paragonata alle dimensioni supersize degli edifici che la circondano. È il Museo di arte islamica, e il suo progettista, l'architetto sino-americano Leoh Ming Pei, non è nuovo a idee eccentriche. Il mondo parlò di lui quando osò mettere a fianco di uno dei templi della cultura, il Louvre di Parigi, una piramide hi-tech e ultramoderna. E forse proprio questo coraggioso contrasto fra antico e moderno è piaciuto ai governanti del Qatar che lo hanno convocato per dare forma a quello che è destinato a essere uno dei maggiori musei di arte islamica. Un progetto da 45 mila metri quadrati realizzato a ridosso del mare: cinque piani fra negozi, caffetteria, auditorium, biblioteca e sale espositive, costati 800 milioni di rial qatarini (quasi 170 milioni di euro). Bazzecole per un Paese che è il terzo produttore al mondo di gas, oltre a essere uno dei maggiori alleati degli Stati Uniti (ospita la più grande base americana in Medio Oriente, primato sottratto alla vicina Arabia Saudita). Ma l'intelligente strategia dell'emiro Al Thani, al potere dal 1995, è andata oltre il binomio energia e difesa, che da sempre caratterizza la politica di investimenti nel Golfo. Prima Al Jazeera, l'emittente araba più famosa del mondo, che ha trasformato lo Stato in un impero mediatico con all'attivo un intero network di canali tematici (gli ultimi due, quello in inglese e quello di documentari, hanno debuttato recentemente). Ora è il turno dell'arte, a quanto pare uno dei business del futuro nel Golfo. Anche Abu Dhabi, capitale dei vicini Emirati Arabi Uniti, si sta attrezzando. Il piccolo emirato ha siglato un accordo milionario con il Louvre, per aprire una filiale nel deserto, e una partnership con il Guggenheim. E a sua volta Art Paris, la fiera francese di arte contemporanea, ha annunciato che il prossimo 26 novembre organizzerà, in un lussuoso palazzo di Abu Dhabi, la sua prima edizione targata Golfo. Con tanto di visite riservate solamente alle donne, in rispetto dei costumi locali. Molti si sono chiesti come farà il boom dell'arte nel Golfo ad andare d'accordo con i parametri culturali locali, che non ammettono ad esempio la rappresentazione di corpi nudi. "Non credo sarà un problema esporre nel nostro Paese arte occidentale, anche quella che rappresenta il nudo", sostiene Mohammed Yusuf Siddiq, professore di storia dell'arte, architettura e archeologia del mondo islamico all'Università di Sharjah, negli Emirati. "Il nuovo Louvre di Abu Dhabi potrebbe contenere una sezione dedicata esclusivamente alle arti occidentali, proprio come succede nei vostri musei con le sezioni islamiche. In questo contesto potrebbe essere accettabile l'esposizione di statue e dipinti di nudi del vostro patrimonio artistico". Ma dove si va a fare shopping di capolavori o di artisti emergenti? "Esporre pezzi d'arte nei musei non fa parte della tradizione di quest'area", osserva Ismail Azzam, curatore del Museo di arte orientalista di Doha, che raccoglie 550 tele di famosi pittori europei suggestionati dall'Oriente, da David Roberts a Turner. Nel Golfo non solo manca la rappresentazione artistica figurativa - vietata nella religione islamica - ma anche una tradizione espositiva. Nonostante la presenza di siti archeologici, l'idea di conservare ed esporre reperti è recente almeno quanto la vita di questi Stati. Il Qatar ha ottenuto l'indipendenza soltanto nel 1971: il primo museo ha aperto nel 1975, dopo una raccolta collettiva di manufatti tra la popolazione locale, incoraggiata dall'emiro dell'epoca. Come dire: ogni cittadino è chiamato a dare un pezzo della sua storia per organizzare quella del Paese. "Bisogna avere cura del passato ed educare i nostri cittadini a conoscerlo", sostiene Azzam. "I musei sono importanti per costruire l'identità degli Emirati Arabi Uniti", aggiunge Saif Al Bidwawi, professore di storia all'Università di Sharjah. "Il Paese sta improvvisamente cambiando in tutti gli aspetti della vita quotidiana ed è fondamentale che non si perda di vista il senso del passato". Ma spesso il passato bisogna comprarlo all'estero. Qualche anno fa fece scalpore la storia di Saud Al Thani, cugino dell'emiro del Qatar incaricato di acquistare reperti per i futuri musei del Paese. In otto anni ha speso un miliardo di sterline, con la scusa che "diversamente dalla Turchia o dall'Egitto, noi non abbiamo una tradizione storica". Una storia che andava assolutamente acquistata, anche a costo di pagare 94.850 sterline (oltre 144 mila euro) una ceramica iraniana che ne valeva 1500. Fino a che l'emiro del Qatar non ha messo sotto inchiesta il cugino spendaccione, con l'accusa di usare i fondi pubblici, destinati al patrimonio museale, per arricchire le sue collezioni private. "È uno scambio reciproco", dice Siddiq. "Anche il Louvre ha raccolto negli anni reperti di arte islamica in Mesopotamia, Egitto e Siria. Adesso tocca a noi prendere in prestito l'arte occidentale e mostrarla". Pensando alla Gioconda e a tutti i capolavori d'arte italiana che hanno contribuito a fare la fama mondiale del Louvre, come dargli torto. Anche se i nuovi mecenati, ormai, crescono sotto il sole del deserto. E sono dei veri uomini d'affari: la loro missione è trasformare l'arte in una nuova rendita, alternativa al petrolio, e un incentivo all'incremento del turismo. "La cultura è stata identificata come il settore in cui Abu Dhabi può differenziarsi da altre offerte turistiche presenti nella regione", dice Bassem Terkawi, pr manager della Tourist development & investment company di Abu Dhabi, che sta seguendo la trasformazione dell'isola di Saadiyat - pochi chilometri dalle coste di Abu Dhabi - in una nuova destinazione del turismo mondiale. L'isola comprenderà resort costruiti secondo principi ecosostenibili, alberghi di lusso, centri culturali, campi da golf, ma soprattutto il Cultural District, dove verranno ospitati musei e centri artistici. "L'obiettivo è attrarre 3 milioni di turisti stranieri entro il 2015, triplicando le cifre attuali", continua Terkawi. "Vogliamo stimolare interesse nella cultura e nell'arte locale, ma allo stesso tempo avere un appeal universale". E un giorno, magari, vedere la Gioconda nel deserto potrebbe non essere più un miraggio.

http://dweb.repubblica.it/dweb/2007/02/10/attualita/attualita/096ioc53596.html

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