domenica 23 maggio 2010

E la Cina privatizza l'ultima banca pubblica

Matteo Alviti
La Cina è un paese da record. Ne ha fatti segnare tanti nel recente passato, in positivo come in negativo. Il prossimo luglio bisognerà registrarne un altro: quello della più ingente capitalizzazione mai registrata al mondo per un ingresso sul mercato borsistico.
Fra circa due mesi, a meno di rinvii, la Agricultural Bank of China (Abc) entrerà nelle borse di Shanghai e Hong Kong, ultima grande banca statale cinese delle "quattro grandi" a fare il salto.
Quel giorno saranno offerte azioni per un valore complessivo di 200 miliardi di yuan, più di 23 miliardi di euro. Molto al di sopra dei 17,5 miliardi del precedente record, fatto segnare nel 2006 sulle piazze di Hong-Kong e Shanghai da un altro istituto cinese - guarda caso -, l'Industrial & Commercial Bank of China (Icbc). Quello della Abc non è dunque il primo record della Repubblica popolare che riguarda il mondo della borsa. Sul mercato di Shenzhen, il terzo dopo Hong-Kong e Shanghai, la Hepalink Pharmaceutical aveva infranto in precedenza altri due record: la quotazione d'ingresso più alta mai registrata in Cina, 148 yuan, e il guadagno più alto durante il primo giorno di scambi, +18%. Ma la Abc sta su un altro pianeta.
Per capire quanto sia importante la banca cinese per l'economia agricola nazionale - e non solo - basta snocciolare i numeri del 2009, anno di crisi mondiale. Solo nell'esercizio passato l'Abc - creata nel 1951, prima banca specializzata dal 1979, più di 300mila dipendenti e 350 milioni di clienti - ha prestato agli agricoltori cinesi 150 miliardi di yuan, circa 17,5 miliardi di euro. L'ammontare dei prestiti per gli agricoltori del 2009, ha dichiarato il presidente della banca Xiang Junbo a gennaio, supera quello degli ultimi cinque anni messi assieme. Sempre l'anno scorso l'Abc ha registrato nuovi depositi per 1750 miliardi di yuan, un incremento del 27,7% rispetto all'anno precedente. I prestito complessivi hanno superato i mille miliardi di yuan e la banca ha ottenuto un guadagno di 65 miliardi di yuan, 7,5 miliardi di euro, +26% rispetto al 2008.
E' dal 2006 che si parla della quotazione della Abc.
Il grande passo era stato però rimandato per diverse ragioni, dalla necessità di rendere più stabili gli asset liberandosi dei titoli tossici, alla crisi mondiale. Ora sarebbe arrivato il momento buono, forse. Lo testimoniano le recenti visite di banchieri occidentali a Pechino. Le grandi banche d'investimento mondiale hanno fatto a gara negli ultimi due anni per entrare nell'affare delle consulenze con l'Abc. E non è ancora chiaro se Pechino anche questa volta lascerà comprare parte della azioni a investitori stranieri, come cinque anni fa.
A differenza di allora, scrive il Financial Times, oggi la Cina non ne avrebbe bisogno ed è probabile che non rischi e tenga tutto in patria. Oltre all'ingresso in borsa della Abc, le altre tre grandi banche statali quotate - Icbc, China construction Bank e Bank of China - hanno annunciato per il 2010 corposi aumenti di capitale. Si stima che complessivamente i quattro istituti avranno bisogno di circa 48 miliardi di euro. Un rischio per alcuni analisti, secondo cui la fame di azioni da parte degli investitori potrebbe non essere tanto grande quanto si spera. Già altre aziende cinesi che avevano previsto da tempo l'ingresso in borsa stanno ripensando ai loro piani. Come la società immobiliare Swire Properties, scrive lo Spiegel, che ha bloccato la quotazione sulla piazza di Hong-Kong il giorno prima di stabilire il prezzo di vendita delle azioni. Forse proprio per evitare rischi, le autorità cinesi, ha scritto il Wall Street Journal, intendono procedere prima con l'Abc e poi con le ricapitalizzazioni delle altre tre banche.
L'Asia, e soprattutto la Cina, nonostante i dubbi rimangono comunque il faro delle banche d'investimento mondiali. Nel 2009 Hong Kong e Shanghai si sono piazzate rispettivamente al primo e secondo posto nella classifica delle borse mondiali. E il valore delle azioni delle 208 aziende quotate in borsa l'anno scorso, 60 miliardi di dollari, è stato superiore del 150% rispetto al 2008. Nonostante la crisi, ci si aspetta anche per il 2010 un anno da record. Per il fatto di essere separata dal resto del mercato finanziario, infatti, le borse cinesi potrebbero sviluppare un equilibrio completamente diverso dal trend mondiale.
Come lo yuan, anche le borse in Cina sono sottoposte a un rigido controllo. Gli investimenti stranieri sono praticamente vietati, a parte pochi investitori istituzionali, che possono scambiare capitali limitati. Nemmeno ai cinesi, d'altra parte, è praticamente permesso di investire sui mercati stranieri. Ma il panorama borsistico cinese è ancora squilibrato. Le cose cambieranno presto, se, come deciso l'anno scorso dal governo di Pechino, Shanghai dovrà diventare entro il 2020 quel centro finanziario internazionale che ci si aspetta. Verso quell'obiettivo, il prossimo ingresso in borsa di Abc è una tappa importante.

Liberazione 14/05/2010, pag 1 e 6

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