giovedì 13 maggio 2010

Roma, tanti saluti agli occupanti. Il Comune punta sull'extralusso

Al voto il progetto di Piano: abitazioni "esclusive" all'Eur

Daniele Nalbone
Emergenza abitativa. Dopo oltre due mesi dall'approvazione del Piano Casa comunale, ieri a Roma si è finalmente tornati ad affrontare questa drammatica questione in termini politici. Peccato, però, che a farlo sono stati, sotto la pioggia, in piazza del Campidoglio, centinaia di persone che con questa emergenza sono costrette a farci i conti quotidianamente. Così, mentre all'interno del Consiglio Comunale i politici continuavano a discutere (poco) e a scontrarsi (molto, soprattutto all'interno della maggioranza) sulla questione dell'abbattimento delle Torri dell'Eur, i movimenti per il diritto all'abitare presidiavano la piazza del Marco Aurelio. Mentre all'interno del Consiglio Comunale si affrontava la delibera relativa al faraonico progetto di Renzo Piano, che si vuole approvare contro il parere negativo dei comitati territoriali e che vedrà sorgere al posto degli ex edifici del Ministero del Tesoro (quindi pubblici) abitazioni extra lusso, davanti agli occhi curiosi dei turisti i movimenti denunciavano come «dall'approvazione del Piano Casa, il primo marzo scorso, ad oggi si sono moltiplicati segnali inquietanti che suonano come minacce verso le occupazioni abitative». Segnali che ieri sono divenuti praticamente ufficiali con l'incontro, tenutosi in mattinata, tra la neopresidente della Regione Lazio, Renata Polverini, e il prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, in cui, tra le righe della conferma del Patto per Roma Sicura, si è affrontata l'emergenza abitativa in un'ottica che alla soluzione politica sembra confermare il pugno di ferro in nome dell'ordine pubblico da garantire. «Siamo stanchi, però» denunciano in un volantino le persone che in piazza intanto hanno raggiunto almeno le cinquecento unità «di una concezione di sicurezza e di legalità valida sempre e solo a senso unico: ordine pubblico contro chi lotta per i propri diritti da una parte, tutela per chi guadagna sulle tragedie, vedi il terremoto in Abruzzo, sullo sport, vedi i Mondiali di Nuoto, sulle emergenze, vedi lo sgombero dell'ex ospedale Regina Elena, o sui migranti, vedi il nuovo Cie in progetto nel Lazio. Una tutela» continuano «garantita a suon di mazzette e regalie». Eppure, con il Piano Casa, poco più di due mesi fa, venne approvato un ordine del giorno che stabiliva come si sarebbe dovuto porre in essere un censimento dell'emergenza partendo proprio dalle occupazioni, che in questi anni hanno rivestito l'importante ruolo di "ammortizzatore" del problema, dando un tetto a quanti sono caduti nel dimenticatoio istituzionale. «Ebbene» denunciano dai movimenti«anziché dar vita a questo censimento, si continua nello stillicidio rappresentato dagli avvisi di sgombero ormai quotidiani». Sgomberi ai quali, come dimostrano gli ultimi fatti di cronaca, politica e non, stanno facendo da contraltare delle iniziative di riassetto urbanistico della città, in nome di grandi eventi annunciati (vedi le Olimpiadi di Roma 2020) o in fase di realizzazione (come il GP di Formula 1 che sfreccerà proprio all'Eur), «che mostrano, però, più legami con la corruzione e con la speculazione di quanto avevamo verificato con Veltroni». Chiaro il riferimento all'iscrizione nel registro degli indagati per vicende di corruzione legate agli abusi edilizi dell'assessore comunale all'Urbanistica, Corsini, e del suo predecessore, Morassut. Come è chiaro che, ormai, non si può discutere di casa o di emergenza abitativa senza far riferimento, ironico ma tristemente serio, al caso Scajola: così, dalla balaustra della scalinata del Palazzo Comunale ecco far bella mostra di sé uno striscione, retto da due giovani occupanti di una palazzina in via del Policlinico, che chiede «Scajola, dacce la dritta». Il tutto mentre dalla parte opposta della piazza una ragazza risponde «anche io voglio una casa pagata da altri». Oggi Roma è questo: una città da "riassettare urbanisticamente" con Gran Premi, grattacieli e archistar. Anche in aperto contrasto con chi Roma la vorrebbe vivere e nella quale si trova, invece, a dover sopravvivere, in cui «il territorio non viene concepito come "bene comune" ma come prateria da sfruttare. Dove le nocività da introdurre e con cui speculare, dagli inceneritori alle autostrade, dagli aeroporti alle centrali a carbone, sono molteplici. E dove il livello di corruzione è nauseante».

Liberazione 11/05/2010, pag 4

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