venerdì 4 dicembre 2009

La corsa agli armamenti del Nobel per la Pace

Autore: Noam Chomsky
Traduzione: Andrea Grillo


Testata/Fonte: www.senzasoste.it

Le speranze e le prospettive di pace sono fuori allineamento, e neanche di poco. Il compito è quello di riportarle in sintonia. Presumibilmente questo era l'intento della Commissione del Premio Nobel per la Pace quando ha eletto il presidente Barack Obama. Il premio "sembrava una specie di preghiera e di impulso da parte della commissione del Nobel per una leadership statunitense più consensuale", come hanno scritto Steven Erlanger e Cerril Gay Stolberg sul New York Times. Il tipo di transizione Bush-Obama dipende direttamente dalla probabilità che le preghiere e gli incoraggiamenti possano portare a qualche progresso.

Le preoccupazioni della commissione del Nobel erano valide. Hanno scelto la retorica di Obama sulla riduzione degli armamenti nucleari. Proprio ora le pretese nucleari dell'Iran dominano i titoli. Gli avvertimenti sono che l'Iran forse sta nascondendo qualcosa all'Agenzia Internazionale dell'Energia Atomica (IAEA) e sta violando la Risoluzione 1887 del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, approvata il mese scorso e sbandierata come una vittoria degli sforzi di Obama per contenere l'Iran. Significativamente, si continua a dibattere se la recente decisione de Obama di riconfigurare i sistemi di difesa dei missili in Europa sia una capitolazione di fronte ai russi o un pragmatico passo avanti nella difesa dell'Occidente da un attacco nucleare iraniano.

Il silenzio è spesso più eloquente che il più rumoroso dei clamori, quindi facciamo attenzione a quello che rimane implicito.

In pieno furore per la doppiezza iraniana, la IAEA ha approvato una risoluzione nella quale esortava Israele a sottoscrivere il Trattato di non proliferazione nucleare (NPT) e aprire le sue installazioni nucleari alla sua ispezione. Gli Stati Uniti e l'Europa hanno cercato di bloccare la risoluzione, ma questa è andata avanti lo stesso. I media hanno praticamente ignorato l'avvenimento. Gli Stati Uniti hanno assicurato a Israele il loro sostegno al rifiuto della risoluzione, reiterando un accordo segreto che ha permesso a Israele di mantenere il suo arsenale nucleare al riparo dalle ispezioni internazionali, stando a funzionari che conoscono questi accordi. Ancora una volta i media sono rimasti in silenzio.

I funzionari indiani hanno salutato la Risoluzione 1887 dell'ONU con l'annuncio che l'India "può ora costruire armi nucleari con lo stesso potere distruttivo di quelle degli arsenali delle maggiori potenze nucleari del mondo", ha informato il Financial Times. Tanto l'India come il Pakistan stanno implementando i loro programmi di armamento nucleare. Sono stati per due volte vicini alla guerra nucleare, e i problemi che allora stavano per far esplodere la catastrofe in gran misura ci sono ancora.

Obama ha salutato la Risoluzione 1887 in modo diverso. Il giorno prima che gli fosse concesso il premio Nobel per il suo impegno nel ricercare la pace, il Pentagono annunciava che stava accelerando la distribuzione delle più letali armi non nucleari del suo arsenale: 13 tonnellate di bombe per bombardieri invisibili ai radar B-2 e B-52, progettate per distruggere bunker nascosti sottoterra e protetti da 5 tonnellate di cemento armato. Non è un segreto per nessuno che questi cacciatori di bunker potrebbero essere utilizzati contro l'Iran. I piani per questi "distruttori di artiglieria pesante" erano iniziati negli anni di Bush, ma rimasero fermi fino a quando Obama si raccomandò di svilupparli rapidamente quando arrivò al potere.

Unanimemente approvata, la Risoluzione 1887 esorta a mettere fine alle minacce di uso della forza e chiede a tutti i Paesi la firma del NPT, cosa che l'Iran ha fatto anni fa. Coloro che non lo hanno firmato sono India, Israele e Pakistan e tutti questi hanno sviluppato armi nucleari con l'aiuto degli USA, violando il NPT. A differenza degli Stati Uniti, di Israele e dell'India (che occupa brutalmente il Kashmir), l'Iran non invade nessun altro Paese da qualche centinaio di anni. La minaccia dell'Iran è minima. Se avesse armi nucleari e sistemi di trasporto per utilizzarli, il Paese sarebbe disintegrato. L'analista strategico Leonard Weiss rileva che credere che l'Iran utilizzerà l'armamento nucleare per attaccare Israele o qualsiasi altro Paese "sarebbe come pensare che i leader iraniani siano pazzi" e che desiderino essere ridotti a "polvere radioattiva", e aggiunge che i sommergibili lanciamissili di Israele sono "praticamente invulnerabili ad attacchi militari preventivi", per non parlare dell'immenso arsenale statunitense.

Nelle sue manovre navali di luglio, Israele ha inviato i suoi sommergibili Dolphin, capaci di trasportare missili nucleari, nel Mar Rosso attraverso il Canale di Suez, a volte accompagnati da navi da guerra, in una posizione dalla quale avrebbero potuto attaccare l'Iran, dato che hanno il "diritto di sovranità" per farlo, secondo il vicepresidente USA Joe Biden.

Non è la prima volta che si copre con un velo di silenzio quello che comparirebbe in titoli a carattere cubitale in società che avessero a cuore la propria libertà e si preoccupassero del destino del mondo. Il regime iraniano è duro e repressivo e nessun essere umano vuole che l'Iran o chiunque altro disponga di armamento nucleare. Ma un minimo di onestà non farebbe male quando si trattano questi problemi. Il Premio Nobel per la Pace, è superfluo dirlo, non riguarda solo la riduzione della minaccia di una guerra nucleare definitiva, ma piuttosto la guerra in generale e la sua preparazione. E quanto a questo la scelta di Obama desta scetticismo, anche nell'Iran circondato dagli eserciti di occupazione statunitensi.

Alle frontiere dell'Iran con Afghanistan e Pakistan Obama ha intensificato la guerra di Bush ed è probabile che prosegua su questa strada, forse con durezza. Obama ha messo in chiaro che gli Stati Uniti pianificano a lunga scadenza un maggior dispiegamento di truppe nella regione. Lo indica a sufficienza questa enorme città nella città chiamata l'ambasciata a Baghdad, diversa da qualsiasi altra ambasciata del mondo. Obama ha annunciato la costruzione di macroambasciate a Islamabad e Kabul e consolati enormi a Peshawar e altrove.

Rapporti indipendenti sui bilanci e sulla sicurezza sostengono in Government Executive che con la richiesta dell'"amministrazione di 538 miliardi di dollari per il Dipartimento della Difesa nell' anno fiscale 2010 e la sua dichiarata intenzione di mantenere un alto livello di finanziamento nei prossimi anni il Presidente si avvia a spendere di più per la difesa, in dollari reali, di qualsiasi altro presidente in un solo mandato dalla Seconda Guerra Mondiale". "E non si contabilizzano i 130 miliardi in più che l'amministrazione Obama ha richiesto per finanziare le guerre in Iraq e Afghanistan durante il prossimo anno, cosa che comporterà una spesa militare prevista per i prossimi anni ancora più alta."

Sarebbe stato meglio se la commissione del Premio Nobel per la Pace si fosse orientata su scelte davvero degne, prima tra queste la straordinaria attivista afghana Malalai Joya. Questa donna coraggiosa è sopravvissuta ai russi e dopo agli islamisti radicali, la cui brutalità fu così estrema che la popolazione dette il benvenuto ai talebani. Joya ha resistito anche ai talebani, e ora al ritorno dei signori della guerra sotto il governo di Karzai. Per tutto questo tempo, Joya ha lavorato in modo coscienzioso per i diritti umani, specialmente per quelli delle donne; è stata eletta al parlamento e successivamente espulsa per aver continuato a denunciare le atrocità dei signori della guerra. Attualmente vive sotto una forte protezione, ma prosegue la lotta, con le parole e con i fatti. Mediante azioni come queste, ripetute dappertutto quanto meglio possiamo, le aspettative di pace si avvicinano lentamente alle speranze.

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