sabato 12 dicembre 2009

Ponte di Nona, Roma: magari le cose cambiano

Il regista Andrea Segre nei nuovi quartieri, indagine umana sui feudi dei palazzinari

Boris Sollazzo
«Non facciamo la guerra tra poveri, case nuove contro case vecchie. Mica è una partita a pallone». Neda, 50 anni, non sa se è anarchica o "compagna", «non so più da che parte sto. Ma non me li far fare ‘sti discorsi Andrè, che me demoralizzo e me sento impotente». La romana de Roma che ora è stata "deportata" dal miraggio dell'edilizia popolare a Ponte di Nona (22 km dal centro di Roma, 6 oltre il GRA)- miraggio è anche quando esiste, perché rimaniamo, in Europa, tra i peggiori per quantità e qualità dell'edilizia pubblica- parla ad Andrea Segre, regista di Magari le cose cambiano (produzione indipendentissima di Zalab e Off!cine), già all'ultimo Torino Film Festival diretto da Gianni Amelio e proiettato anche dal predecessore Nanni Moretti nel suo Nuovo Sacher mercoledì scorso (per altri incontri, proiezioni e notizie sul film http://magarilecosecambiano.blogspot.com).
Un dialogo illuminante, preludio a un finale intenso in cui la donna, una vita intensa e una bella famiglia sulle spalle e un sorriso malinconico e ironico verso le ingiustizie subite da sempre, si produce nelle imitazioni di operai e anziani che rappresentano la disperazione sociale attuale in troppe trasmissioni e telegiornali. Li imita con la rabbia di chi ha protestato in strada, ha creduto in un mondo migliore e ora vede se stessa e i suoi simili naufragare nell'indifferenza, propria e altrui, nella rassegnazione degli sconfitti. Dopo lo splendido Come un uomo sulla terra , Segre questa volta rimane nei confini di Roma (si fa per dire), per raccontare quegli scandalosi mostri che sono i nuovi quartieri oltre il Grande Raccordo Anulare, la Roma abusiva, la Roma ad uso e consumo dei palazzinari, un deserto in cui la campagna capitolina, una delle più belle d'Italia, ha lasciato il posto a squallide oasi di cemento nate vecchie, alle "nuove centralità" che da vent'anni, da Veltroni e Alemanno, hanno avuto un ruolo fondamentale nei piani regolatori e soprattutto nelle loro modifiche (guarda caso, spesso in extremis e a colpi di maggioranza). Una realtà mai abbastanza raccontata, se non da una delle puntate più seguite e felici di Report, in cui dati e immagini misero spalle al muro amministratori pubblici e delegati, quella commistione di poteri istituzionali e società per azioni che hanno fatto, con il mattone, la ricchezza di pochi e la povertà di molti.
Segre però ha un'altra sensibilità, lui le ingiustizie le sente addosso e non è interessato alle inchieste giornalistiche dure e pure, ha bisogno di entrare dentro le persone, sentirle parlare e sentirle addosso. E così la sua indagine spontanea, umana, l'affida a due donne. Diverse, intelligenti, complementari (potrebbero ricordare, con un volo pindarico, le protagoniste de L'eleganza del riccio ). Neda, appunto, che abbiamo già conosciuto, e Sara, papà egiziano e mamma pugliese, diciottenne e tra le poche, a Ponte di Nona, ad aver avuto il privilegio di frequentare il liceo. Sono accomunate dalla rabbia tranquilla di chi non vuole smettere di credere in un mondo migliore e di combattere per ottenerlo, e dalla consapevolezza dell'enormità del compito. Sara ha capito che è lo studio la vera opportunità, la cultura, cita e analizza Marx con la chiarezza e l'essenziale acutezza che storici, filosofi e politologi spesso non hanno, si "diverte" a sbugiardare le agenzie immobiliari con telefonate "finte" e visite, trovando, nel caso dell'Immobildream del candidato alle europee e clone berlusconiano Roberto Carlino, non informazioni soddisfacenti ma pubblicità elettorale, e in altre strutture proposte di monolocale in un "quartiere in cui Rom non ci stanno", bugia insopportabile e ignobile.
Le cifre sono secondarie, come la tragedia dell'immigrazione clandestina con complicità italo-libica che raccontava in Come un uomo sulla terra , non ci servono riscontri a quei visi, a quelle voci. Segre trova la verità, ha bisogno solo di alcuni cartelli in cui ci ricorda, per esempio, che dal 1995 sono aumentati gli abitanti della capitale, le case sfitte sono però aumentate nell'ordine delle 150.000 unità, e aumentate di 70.000 anche le nuove costruzioni. Per quel sistema che dà la ricchezza a dieci persone per toglierla a tutti gli altri (un'inquadratura perfida si ferma su via Francesco Caltagirone). Il resto lo fa lo sguardo di disincantata indignazione delle sue protagoniste, la fotografia di Luca Bigazzi (quasi una co-regia in quest'opera in cui il panorama di Ponte di Nona è il personaggio principale), l'ottima musica che accompagna i 65 minuti di documentario (Piccola Bottega Baltazar, Collettivo Angelo Mai, Slede Zlive Slede). E così quest'inchiesta ha la forza e la potenza delle parole e della testimonianza civile che numeri e attacchi frontali non avrebbero mai saputo suscitare. Segre e i suoi segregati in cui c'è il centro commerciale più grande d'Europa. Al posto di un ospedale, o una scuola, o una biblioteca.

Liberazione 05/12/2009, pagina 9

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