giovedì 3 dicembre 2009

«Marwan Barghouti libero unirebbe i palestinesi»

Khalil Shahin analista politico del quotidiano "Al Ayam"
corrispondente del "Monde diplomatique"

Francesca Marretta
Gerusalemme
In Israele, come nei Territori palestinesi, si attende con ansia l'esito delle trattative per lo scambio di prigionieri tra Israele e Hamas. La fase decisiva dei colloqui è rimandata a martedì, giorno successivo alla conclusione della festività musulmana dell'Aid al-Adha, la festa del sacrificio.
In quest'ultima fase si discuterà dei nomi di prigionieri inseriti da Hamas nell'ultima stesura della lista presentata ieri a Israele tramite il mediatore tedesco e della destinazione degli stessi, se liberati. Israele vuole che vadano all'estero, ma lontano, Hamas chiede che possano risiedere in paesi limitrofi ai Territori palestinesi.
Se l'accordo sarà concluso il leader e parlamentare di Fatah Marwan Barghouti dovrebbe essere scarcerato, come anche il leader del Fplp Ahmed Saadat.
La liberazione di 1.150 detenuti palestinesi, ha scritto ieri il quotidiano arabo Sharq al Awsat, avverrebbe in tre fasi. Nella prima ne sarebbero scarcerat 450. Contemporaneamente Shalit verrebbe trasferito in Egitto. In due successive fasi sarebbero rilasciati gli altri detenuti. Dopo questo passaggio Shalit potrebbe tornare in Israele.
Secondo lo stesso giornale i mediatori egiziani starebbero insistendo per dare un ruolo al presidente palestinese Abbas nell'ambito di un accordo finale, prevedendo il dispiegamento della polizia di frontiera dell'Anp lungo il confine tra Gaza ed Egitto, che sarebbe riaperto in base alle condizioni poste da Hamas per lo scambio.
Della questione e dei recenti sviluppi delle relazioni tra palestinesi e israeliani, abbiamo chiesto un parere a Khalil Shahin, analista politico del quotidiano di Ramallah Al Ayam e corrispondente per Le Monde Diplomatique .

Che scenario si apre se lo scambio di prigionieri va in porto?
Uno scenario che vede un rafforzamento di Hamas. Se lo scambio riesce tramite i mediatori egiziani e tedesco è certo una vittoria per il Movimento islamico, sopratutto considerato che sarebbero rilsaciati anche prigioniri con le mani macchiate di sangue di israeliani. E' anche una vittoria per gli altri gruppi armati che hanno rapito il soldato israeliano. La popolarità di Hamas risalirebbe anche tra i delusi o stanchi del movimento, in particolare a Gaza. Perchè la questione dei prigionieri politici è un argomento molto sensibile per i paletsinesi di tutte le fazioni e Hamas rivendicherebbe il merito di essere riuscito a farli liberare. Se l'accordo si conclude anche la possibilità del dialogo tra Hamas e Fatah riprenderebbe quota. Perchè con una rimonta di consenso per Hamas sarebbe Fatah più interessata all'unità, con un ribaltamento della situazione. Anche perchè i palestinesi uniti resisterebbero meglio alle pressioni americane.

E se invece se il negoziato si conclude in un nulla di fatto?
Vince comunque Hamas perché gli resta in mano il soldato israeliano. Una carta che gli darebbe ancora a lungo il potere di negoziare con israele ponendo le proprie condizioni.

L'eventuale scarcerazione di Marwan Barghouti provocherebbe una crisi negli equilibri di potere interni a Fatah?
Direi piuttosto che porterebbe maggiore equilibio di poteri nell'ambito del comitato centrale del partito. Inoltre Barghouti è un leader nazionale in grado di riportare i palestinesi all'unità. Si tratta di un personaggio politico capace di mantenere popolarità anche tra palestinesi che non sono schierati per Hamas o per Fatah.

Si è parlato sulla stampa di Barghouti libero come figura scomoda per gli israeliani. Potrebbe essere scomodo anche per qualcuno tra i palestinesi?
Sì. In particolare per chi non vuole la riconciliazione con Hamas.

Israele ha giocato bene le sue carte lanciando, con la proposta di Netanyahu sul congelamento degli insediamenti, la palla in campo palestinese e incassando l'applauso di Usa ed Europa?
Netanyahu sta cercando di aggirare le pressioni internazionali. Tutti ora lo applaudono perché effettivamente, per lo standard di un governo di destra, non esiste un precedente paragonabile alla sua offerta. Naturalmente la prospettiva è ben diversa dal punto di vista dei palestinesi. Che sanno benissimo come l'annuncio israeliano implichi il fatto che almeno 3mila unità abitative saranno costruite, senza contare che Gerusalemme non è contemplata nell'offerta. L'amministrazione Obama cercerà ora di fare pressioni su Abbas. Mitchell arriverà la prossima settimana e lavorerà sulle due parti almeno per strappare la promessa che torneranno al tavolo negoziale. Quindi gli Usa premeranno su Netanyahu per fare magari qualche concessione sui prigionieri o che faccia qualche altro annuncio che induca Abbas a commentare positivamente le aperture. Inoltre, dato che va a ritirare il Nobel per la Pace è chiaro che Obama farà di tutto in questa fase per dimostrare di aver ottenuto un riavvicinamento tra le parti.

Il fatto che Abbas tenga testa a Netanyahu scontentando gli Stati Uniti, significa che gli esponenti della linea dura di Fatah, che di fronte al fallimento dei negiziati invocano una terza intifada, stanno crescendo d'importanza nel partito?
Il problema che esiste dentro Fatah ripropone uno scenario comune al Medio Oriente. Le leadership arabe moderate appoggiate dagli americani risultano indebolite agli occhi dell'opinione pubblica. E gli americani hanno indebolito Abbas. Da questo punto di vista se Abbas continua a tenere testa alle pressioni americane magari potrà attirarsi il sostegno di un maggior numero di palestinesi.

Liberazione 27/11/2009, pag 6

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