sabato 12 dicembre 2009

Più solazionisti e impauriti dalla Cina

Un'inchiesta del Pew research centre sulla politica estera

Gli Usa guardano il mondo

Martino Mazzonis
Il lungo declino americano è cominciato ed è sotto gli occhi di tutti. Ne ha preso atto l'intellighensia Usa e ne sta prendendo atto l'opinione pubblica. La stessa politica estera dell'amministrazione Obama è dettata - anche nei documenti dei think-tank che l'hanno pensata - da un'idea di multilateralismo capace di mantenere viva la leadership americana di concerto con le altre potenze emergenti. C'è un calcolo, dietro, ma c'è soprattutto una presa d'atto delle novità e delle interdipendenze - quella sino-americana è quella più clamorosamente visibile. Il settimanale Newsweek della scorsa settimana aveva una copertina sulla fine degli imperi e il suo direttore, l'autorevole indiano-americano Fareed Zakaria ha in libreria un volume dal titolo "The post-american world", il mondo post-americano.
Non sono solo le teste pensanti di Washington ad essere consapevoli di questa realtà. Il Pew research centre , l'istituto più autorevole di indagini statistico-demografiche degli Usa, pubblica ieri un sondaggio sulla politica estera e il ruolo degli Stati Uniti nel mondo. I dati vengono raccolti ogni quattro anni con gli stessi metodi, in maniera da poterli paragonare. Oltre al pubblico, vengono sondati anche i collaboratori del Council on foreign relations (CFR), il più importante think-tank che si occupa di politica estera.
I dati raccolti quest'anno indicano che le prospettive non sono buone per nessuno dei due campioni.
Il pubblico ritiene nel 41% dei casi che l'America abbia perso di peso negli ultimi dieci anni e nel 44% dei casi che la CIna sia la prima potenza economica mondiale. Per capire come la crisi sia stata un fattore rivelatore, basti sapere che un anno e mezzo fa la Cina era seconda. Su chi sia la prima potenza militare, invece, non ci sono dubbi per nessuno. Naturalmente l'opinione pubblica ha più paure ed è meno consapevole di certi meccanismi, scelte, priorità. Prendiamo l'esempio della Cina. Per il 53% delcampione indagato, l'ascesa cinese a superpotenza è una minaccia (solo +2 in quattro anni), mentre gli specialisti vedono Pechino come una minaccia solo nel 21% dei casi - e qui è impressionante il calo di chi ha paura della Cina, -9% in quattro anni). Evidentemente gli specialisti sapevano già da molti anni quello che sarebbe successo e vedono nei comportamenti cinesi e nelle relazioni tra i due Paesi un elemento di rassicurazione. Il pubblico ha scoperto la Cina solo di recente e ne ha paura - negli anni 80 il pericolo giallo erano i giapponesi e le loro tecnologie.
Impressiona, sempre per quanto riguarda gli specialisti, la risposta alla domanda su chi sia il più importante alleato degli Usa: lo staff del CFR mette in testa la CIna, seguita dall'India e dal Brasile. L'Europa, se ci fosse bisogno di ribadire la sua inutilità, è al quarto posto.
Qual'è la reazione degli americani a questa perdita di peso? Quella dell'isolazionismo. Perché ci dobbiamo preoccupare del mondo se non contiamo più nulla. Se nel 2002 il 25% del campione pensava che gli Usa dovessero andare per conto proprio, infischiandosene di quanto succede nel mondo, oggi lo stesso campione è a 44%. Il 49% ritiene che gli Usa si dovrebbero «occupare degli affari loro». Attenzione, non vuol dire imporre gli affari loro, ma chiudersi a riccio, dimenticare il resto del mondo. Che poi è l'ipotesi politica del repubblicano libertario Ron Paul. E quali sono gli affari loro? La prima preoccupazione del momento sono i posti di lavoro americani che vanno persi ogni settimana. Proprio su questo, in settimana c'è un vertice importante con sindacati, esperti e imprese alla Casa Bianca. Governare il declino è un lavoro durissimo.

Liberazione 04/12/2009, pagina 6

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