sabato 14 febbraio 2009

Alfano: al via il "piano carceri" Assieme ai privati

Franco Ionta diventa commissario straordinario per l'edilizia penitenziaria

Gemma Contin
Se la politica carceraria del ministro di Giustizia Angelino Alfano va nella scia della politica della sicurezza di quello degli Interni Roberto Maroni, i risultati si vedranno quanto prima.
Uno dei pochi ad esserne beneficati sarà con certezza l'ex dirigente del Sisde Bruno Contrada, che per sua fortuna ieri è stato raggiunto dalla decisione del Tribunale di sorveglianza di Palermo, di prolungargli per altri nove mesi gli arresti domiciliari per motivi di salute. Fuori, quindi, dal supercarcere di Santa Maria Capua Vetere dove il settantottenne funzionario dei servizi dovrebbe scontare dieci anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa.
Tutti gli altri 58.127 detenuti non avranno le stesse opportunità. Sono 55.601 uomini e 2.526 donne. Dietro le sbarre con condanne definitive ci sono 26.587 persone, mentre quelle in attesa di "primo giudizio" sono 14.671. Altre 9.555 sono state condannate in prima istanza e aspettano il processo d'appello. I ricorrenti in Cassazione, con condanna confermata in secondo grado, sono invece 3.865. Gli "ospiti" stranieri sono 21.562, di cui 17.742 extracomunitari. La cosiddetta "capienza regolamentare" prevede 43.066 posti in 206 strutture, con un limite "tollerabile" fino a 63.586; saturato il quale, il sistema italiano va in ripetitiva e periodica crisi per "overdose".
Il ministro Alfano, nel presentare il suo progetto, ha precisato che non intende procedere né con amnistie né con nuovi indulti, ma ricorrendo all'ampliamento delle strutture restrittive presenti sul territorio nazionale, con la costruzione di nuovi istituti di pena. Il Consiglio dei ministri ha approvato.
Nella seduta di ieri, che al primo punto riportava «disposizioni urgenti per fronteggiare l'emergenza carceraria l'emergenza carceraria» (e al secondo «disposizioni urgenti per lo svolgimento delle prossime elezioni»), i ministri hanno infatti deliberato le linee guida della "riforma" della gestione delle patrie galere.
Innanzitutto si assegna la gestione del "piano carceri" al capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (Dap) Franco Ionta, nominato «commissario straordinario per l'edilizia carceraria» tra le proteste del sindacato di polizia e del presidente di Antigone Patrizio Gonnella, che parla di un piano «inutile e dannoso. Inutile perché in Italia non si è mai visto costruire un carcere in sei mesi. A Gela ci sono voluto cinquant'anni. Dannoso perché alimenta nuove ondate "giustizialiste" che porteranno di nuovo all'affollamento penitenziario».
«Che senso ha spendere soldi pubblici per mandare in galera prostitute, clienti di prostitute, consumatori di droghe leggere e immigrati irregolari - chiede Gonnella - mentre in Italia la crescita dei detenuti è inversamente proporzionale alla cultura giuridica del Paese?» e, vien da dire, direttamente proporzionale ai tempi di durata dei processi?
Peraltro, il piano non ha copertura finanziaria. E' contenuto nel famigerato "decreto milleproroghe" con cui tutti i governi fanno passare sotto il pelo dell'acqua quello che non possono infilare in Finanziaria. Si tratta di un sotterfugio con il quale si dà la stura a piccole o grandi deroghe ai provvedimenti ufficiali (in genere restrittivi perché sotto gli occhi dei controllori europei e degli analisti economici) previsti nella programmazione economica e finanziaria pluriennale.
Il decreto milleproroghe è infatti un escamotage , una scappatoia, una via breve per nominare il commissario straordinario con poteri speciali e velocizzare la costruzione di nuove carceri con i fondi della "cassa delle ammende", ricorrendo all'intervento dei privati. Nel disegno del ministro e del centrodestra c'è, infatti, la privatizzazione delle carceri.
«Abbiamo approvato un piano per offrire finalmente al nostro paese un assetto dell'edilizia carceraria al passo con i tempi - ha tonitruato in conferenza stampa il Guardasigilli - con l'obiettivo di preservare la dignità dei detenuti».
Una strada obbligata, sostiene Alfano, quella del ricorso ai privati, per la costruzione «in ogni parte d'Italia» di nuovi edifici di detenzione, con «circuiti differenziati», dal carcere "leggero" alle strutture di massima sicurezza, «in modo che a ciascun detenuto sia attribuita una modalità di espiazione della pena in rapporto al suo grado di pericolosità sociale».
Una strada, quella della privatizzazione delle galere, «battuta in passato senza risultati concreti, perciò abbiamo intenzione di sottoporre all'attenzione di imprenditori italiani questa possibilità - ribadisce il ministro - e lo faremo con maggiore concretezza quando il piano sarà redatto, entro 60 giorni, dal capo del Dap in collaborazione con il Ministero delle Infrastrutture».
Ecco. A tutto avevamo pensato, ma non che la galera potesse diventare una Grande Opera.

Liberazione 24/01/2009, pag 2

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