venerdì 6 febbraio 2009

EAU/USA: L’accordo sul nucleare civile

EAU/USA: L’accordo sul nucleare civile, “un messaggio indiretto all’Iran”
Analisi di Meena Janardhan

DUBAI, 27 gennaio 2009 (IPS) - L’accordo sul nucleare civile tra Emirati Arabi Uniti (EAU) e Stati Uniti potrebbe rispondere all’obiettivo a lungo auspicato di sviluppare fonti energetiche alternative, e alla volontà degli USA di promuovere un uso pacifico del nucleare, con un messaggio indiretto all’Iran.

L’accordo del 16 gennaio, una delle ultime mosse diplomatiche dell’amministrazione Bush, rientra nel quadro della sezione 123 dell’Atto per l’energia atomica USA (Atomic Energy Act), che stabilisce una struttura legale per il commercio di materiale e tecnologie per l’energia nucleare civile.

Il patto potrebbe portare gli EAU - con riserve petrolifere accertate di circa 100 miliardi di barili, il sesto principale produttore al mondo - a diventare il primo paese arabo a sviluppare un’industria di energia nucleare entro la fine del prossimo decennio.

Nell’aprile 2008 era stato firmato un accordo preliminare di cooperazione per l’energia nucleare con gli Stati Uniti, dopo la pubblicazione da parte degli EAU di un libro bianco per coordinare le diverse posizioni di un ampio spettro di enti governativi degli emirati, con contributi dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica (IAEA) e i governi di Francia, USA, Gran Bretagna, Russia, Cina, Giappone, Germania e Corea del Sud.

“Questo permetterà agli EAU di sviluppare un proprio programma di nucleare civile con i più alti standard di sicurezza, e di non proliferazione… oltre a creare opportunità per la partecipazione attiva delle imprese USA al programma per l’energia nucleare”, ha dichiarato il ministro degli Esteri, lo sceicco Abdullah bin Zayed Al-Nahyan.

Secondo Eckart Woertz, economista di Dubai, nel caso degli emirati, l’impiego civile è in prima linea nei piani sul nucleare. “Non intendiamo assecondare il processo di arricchimento, come l’Iran. Le forniture di carburante verranno da altri paesi come la Francia o gli USA, il che significa che non ci si approprierà del ciclo per la produzione di carburante nucleare, placando i timori sulla proliferazione”.

Punto chiave dell’accordo, la disponibilità degli EAU di importare, invece che produrre, il carburante per i reattori. Oltre a concedere all’IAEA il totale accesso ai propri siti nucleari e al diritto di condurre ispezioni non preannunciate, gli emirati hanno anche acconsentito a restituire il combustibile nucleare, invece di acquisire know-how per riprocessarlo.

Questi impegni, che si dice rispecchino un approccio “gold standard” rispetto allo sviluppo di energia nucleare civile, sarebbero in contrasto con il controverso programma nucleare dell’Iran.

Teheran sostiene che il suo programma servirebbe solo a generare elettricità, ma gli USA e diversi alleati occidentali sospettano che l’Iran voglia in realtà costruire armi nucleari. Nonostante le pressioni e le sanzioni internazionali, l’Iran non ha abbandonato il processo di arricchimento, che potrebbe servire per la produzione di materiale atomico.

In risposta all’accordo EAU/USA, Teheran sostiene che gli USA avrebbero due pesi e due misure sulla tecnologia nucleare. Sia Iran che EAU hanno firmato il Trattato di non proliferazione nucleare (NPT).

Secondo gli analisti, un simile atteggiamento sarebbe più probabile nella cooperazione sul nucleare civile tra India e USA, firmato ad ottobre 2008, secondo cui gli Stati Uniti avrebbero fatto in modo che il Gruppo nucleare dei fornitori (Nuclear Suppliers Group, NSG) concedesse una deroga per rifornirsi di energia nucleare all’India, uno stato che ha dichiarato di possedere il nucleare.

La deroga rende l’India l’unico paese con armi nucleari a non aver aderito al trattato NPT, seppure autorizzato ad effettuare scambi commerciali col nucleare con i 45 membri dell’NSG.

Nel 2007, quando i sei paesi del Golfo arabo - Bahrain, Kuwait, Oman, Arabia Saudita, Qatar e EAU - hanno chiesto all’IAEA uno studio di fattibilità per un programma nucleare congiunto, sembrava che il loro piano dipendesse dall’agenda nucleare dell’Iran.

Per spiegare le motivazioni dietro ai piani degli emirati, Woertz ha detto all’IPS che “alla base dei loro piani nucleari c’è un rapido aumento della domanda nazionale di energia, e un deficit nelle forniture di gas naturale”.

Mentre cresce la preoccupazione di ridurre il loro impatto sull’ambiente, tra i peggiori al mondo, i bisogni energetici degli EAU stanno rapidamente aumentando a causa del suo nuovo profilo demografico, della sua crescita economica e dei nuovi piani di diversificazione.

Si stima che entro il 2020, gli EAU avranno bisogno di 40mila megawatt di elettricità per soddisfare la domanda nazionale. Mentre gran parte dovrebbe arrivare dagli idrocarburi e dalle fonti rinnovabili, il programma nucleare pacifico dovrebbe soddisfare almeno 15mila Mw.

Secondo alcuni calcoli, ciò significherebbe sei o più impianti nucleari, per un costo stimato di circa cinque miliardi di dollari USA ciascuno.

Da un’altra parte, Abu Dhabi, capitale degli EAU e il più grande e più ricco tra gli emirati che formano gli EAU, si è già impegnato a spendere 15 miliardi di dollari per le tecnologie di energia verde, come la “Iniziativa Masdar” - un modello di città sostenibile a zero spreco, e zero emissioni di carbonio.

Con un’iniziativa all’avanguardia, gli emirati avevano firmato lo scorso anno un patto di cooperazione nucleare con la Francia, e diverse imprese francesi hanno da allora presentato proposte per lo sviluppo di due reattori. Gli EAU hanno poi ingaggiato due imprese USA per l’accordo e per gestire i propri investimenti nel settore.

Ma con almeno 40 paesi in via di sviluppo nel mondo, di cui 11 in Medio Oriente, che hanno espresso interesse per i programmi per il nucleare civile, molti negli USA e altrove temono le possibilità di una proliferazione, che potrebbe portare ad una corsa agli armamenti.

Gli EAU aspettano con ansia la decisione dell’amministrazione Obama, sul se e quando l’accordo verrà mandato al Congresso.

Di norma, dopo essere stato informato dell’accordo, il Congresso avrà 90 giorni per agire. Potrà decidere di non fare nulla, e in questo caso l’accordo diventerà effettivo, oppure votare per annullarlo o ancora, approvarlo esplicitamente a certe condizioni.

Indipendentemente dalle mosse di Washington, ancora non è chiaro quale sia la scelta migliore per il futuro. Resta aperto il dibattito se puntare sull'energia nucleare, o se sul lungo periodo non sia meglio concentrarsi sulla conservazione dell'energia e sull'energia solare", ha osservato Woertz.(FINE/2009)

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