domenica 5 luglio 2009

Il lavoro concreto di Rifondazione Comunista per l'unità a sinistra

Raul Mordenti
Il mancato raggiungimento del 4% alle elezioni europee ha positivamente riaperto il dibattito sull'unità a sinistra, ma mi sembra che tale dibattito rischi di essere inconcludente, e anzi truccato, se non si procede a una preliminare operazione di pulizia concettuale e, direi, perfino terminologica a cominciare dalle parole che usiamo, come "sinistra" e "unità". Ad esempio: la discussione sul voto (e probabilmente anche il risultato elettorale) avrebbe assunto forme diverse se i compagni Vendola e Bertinotti avessero detto con chiarezza prima del voto ciò che invece hanno detto solo dopo, il primo accettando senz'altro la proposta del Pd di Soro di aprire un tavolo di discussione che escludesse però preliminarmente i comunisti, il secondo spingendosi addirittura a proporrre un nuovo partito-contenitore senza riferimenti ideali né di classe, insomma un nuovo Pd (o una corrente interna/esterna dello stesso Pd). Non per caso il compagno Migliore definisce "vecchia" e "superata" l'idea delle "due sinistre". Dunque - pare di capire - per questi compagni di "Sinistra e Libertà" c'è una sinistra sola, e il Pd di Binetti, Colaninno e Parisi ne fa parte; ma chi altri oltre al Pd? Anche su questo ora (e solo ora) è chiarissimo Riccardo Nencini «interprete di tutti i leader delle forze politiche che hanno dato vita a Sinistra e Libertà» (il virgolettato è del manifesto , 14 giugno, pagina 8): Ferrero non riceverà l'invito a discutere dell'unità della sinistra da "Sinistra e Libertà", anzi afferma Nencini più brutalmente: «Ferrero è duro d'orecchie: il no a un'ammucchiata indistinta con la sinistra radicale e antagonista è totale». Sarà invece invitato d'onore a questa "sinistra" Marco Pannella, ultra-atlantico e ultra-liberista. Ancora una volta: buono a sapersi, anche se sarebbe stato più onesto dirlo agli elettori prima del voto europeo. Dunque è con costoro che si pone il tema dell'unità, ripreso assai polemicamente da Luigi Ferrajoli su Liberazione dell'11 giugno («non ci sono giustificazioni", "non è giustificabile", "si sono presentate insensatamente divise», e così via) e all'indomani del voto con particolare asprezza da Rossana Rossanda, entrambi facendo riferimento ad un loro appello di marzo per una "lista unica". E' il caso di ricordare agli immemori e ai distratti che quella proposta di "lista unica" (respinta peraltro unanimente da tutti i destinatari della proposta, non solo dal Prc) prefigurava una sorta di "Lista Di Pietro" senza Di Pietro, essa cioè avrebbe dovuto essere priva di simboli, priva di qualsiasi programma elettorale che non fosse l'opposizione a Berlusconi, priva perfino di riferimenti al futuro schieramento nel Parlamento europeo, e in essa i partiti non avrebbero dovuto mettere bocca neanche sui candidati; tutto ciò sarebbe spettato forse a qualche "comitato di saggi" auto-eletto in quanto espressione della pura e incorrotta "società civile"; invece ai corrotti partiti e ai loro impuri militanti sarebbe spettato attaccare i manifesti, distribuire i volantini e disciplinatamente votare (in verità io vedo proprio in quella proposta quel "sostanziale disprezzo" del ceto politico per la base militante e l'elettorato che Luigi Ferrajoli rimprovera invece su Liberazione ad altri). E il manifesto , sempre specialista nel fare l'autocritica degli altri, non sembra avere ancora avviato alcuna autocritica seria in ordine ai danni enormi che ha arrecato a tutti il suo flirtare con il non-voto, la sua proposta di "saltare un giro" (che conviveva però con il suo sostegno, neanche tanto implicito, alla lista di Vendola).
Così i comunisti rischiano di essere - come si dice a Roma - cornuti e mazziati, da una parte essi hanno subìto una scissione irresponsabile, che guardava al Pd e che, sostenuta apertamente dai suoi media, si poneva l'obiettivo tattico intermedio il far mancare il quorum alla lista comunista e anticapitalista, e dall'altra, al tempo stesso, essi sono accusati anche del catastrofico risultato di quella separazione! Lo stimato compagno Ferrajoli neppure si pone il problema che forse non era così facile per noi unirci (per salvare il quorum) con una forza politica che nasceva proprio per separarsi da noi (e per farci mancare il quorum). Meno che mai questi critici esprimono un qualche apprezzamento per il processo ricompositivo reale che abbiamo invece avviato a sinistra con la lista comunista e anticapitalista, prefigurando un polo politico plurale e unitario ma decisamente autonomo dal Pd, che presentava assieme Prc, Pdci, i socialisti di Salvi e i Consumatori, e comprendeva anche autorevoli compagni della "mozione Vendola" rimasti nel Prc, ma soprattutto tanti indipendenti (circa il 50% dei candidati). La sciocca accusa-ritornello di essere "identitari" e "vetero-comunisti" sostituisce qualsiasi analisi seria di ciò che Rifondazione sta tentando di fare fra immense difficoltà, che risalgono alla fase storica ma anche ai gravi errori commessi negli anni del sostegno a Prodi.
E allora ecco un altro concetto che va chiarito: avviare un processo di unità a sinistra (anzi, io credo, un processo da estendere anche all'Italia dei Valori) e ricercare ostinatamente forme di unità d'azione è una cosa, lo scioglimento è altra cosa, del tutto diversa.
Allo scioglimento per confluire, prima o poi, nel Pd (che era la vera sostanza della proposta di Vendola al Congresso) Rifondazione ha detto di no, all'unità a sinistra sta invece concretamente lavorando. Sì, lo ammetto, siamo gente un po' strana, gente che pensa che il Pd non sia affatto il partito-guida della sinistra a cui guardare (magari in cambio di qualche assessorato), gente che crede che il riferimento alla lotta di classe e alla storia del movimento operaio sia il fondamento stesso del nostro fare politica (questo significano per noi la bandiera rossa e la falce e il martello), gente convinta che l'internazionalismo, la lotta per la pace, per l'ambiente e per la laicità, la lotta attualissima contro il razzismo, l'omofobia e il fascismo siano i contorni di una identità politica non solo utile ma più che mai necessaria per contrastare il micidiale vuoto di senso in cui il berlusconismo si afferma. Chi è interessato a fare esperienze di unità con noi deve partire da queste nostre - chiamiamole così - "stranezze" e accettare di camminare insieme per un cammino lungo di reciproca contaminazione; al contrario, bacchettarci perché non accettiamo di smettere di essere comunisti non ha nulla a che fare con l'unità, anzi è il suo contrario, e può portare solo a nuovi inganni e a nuove divisioni.

Liberazione 18/06/2009, pagina 18

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