giovedì 16 luglio 2009

Nessuno ferma il delirio delle ronde

Luigi Grimaldi
E' finita ancor prima di iniziare la radiosa avventura dei rondisti neofascisti della Guardia Nazionale Italiana: via le camicie brune, via le aquile imperiali, via il sole nero, via ogni possibile legame con il nazi-fascismo. Finiscono in cantina anche le placche metalliche stile Gestapo e il cappellino in stile «nazisti dell'Illinoios», per dirla con le parole dei fratelli terribili del film "Blues Brothers". Meglio rinunciare ai simboli e tenersi la possibilità di controllare il territorio. Ma è troppo tardi e le rassicurazioni sul tema della creazione di milizie di partito offerte dal Governo non cancellano affatto i rischi di conseguenze criminogene o peggio di una legge che potrebbe far precipitare la situazione dell'ordine pubblico nel caos, umiliando nel contempo le forze di polizia. Infatti non ci vuole molto a scoprire che in Italia dilaga un'epidemia rondaiola e militarista che non ha precedenti nelle democrazie occidentali ad eccezione di gruppi in stile "fratellanza bianca" diffusi in alcune aree degli Stati Uniti.
Proprio a Varese, la città del ministro dell'Interno Maroni, esiste un'altra Guardia Nazionale (sul cui sito è reperibile anche il bando di "arruolamento" ), organizzata in diversi comandi e distaccamenti, che sembra essere ancora più allarmante di quella di Saya e dei suoi camerati. A guidarla il "maggiore" Claudio Carè, presidente della Onlus "Guardia Nazionale". Carè ha un passato da volontario nella milizia neofascista della guerra in Croazia ed è un ex militante della Lega Nord da cui avrebbe preso, ma non si sa quanto, le distanze considerandola troppo "morbida" e troppo poco attiva nell'attività di vigilanza. Questa "nuova" organizzazione è attiva tra le province di Varese e Como sin dal 2005 ed è stata più volte sottoposta ad indagini, perquisizioni e sequestri da parte dell'autorità giudiziaria per un reato particolare: usurpazione di funzioni pubbliche (articolo 347 del codice penale) per aver utilizzato divise, distintivi e segnaletiche luminose che li caratterizzavano come un corpo di Polizia non autorizzato. Si tratta dello stesso reato contestato dalla Procura della Repubblica di Genova al famoso DSSA, la polizia antiterrorismo parallela, privata e non autorizzata messa su da Gaetano Saya.
I Volontari di quest'altra «Guardia Nazionale - recita il sito del sodalizio - sono muniti, per lo svolgimento dei loro compiti, di attrezzature ed equipaggiamenti spesso superiori a quelli delle Forze dell'Ordine, e sono perfettamente addestrati a servirsene». Si tratta di apparati radio capaci di stabilire collegamenti a centinaia di chilometri, maschere antigas, visori notturni e della stessa uniforme tattica in dotazione all'esercito tedesco: una chicca, definita adattissima a mimetizzarsi (chissà in base a quale necessità) nei boschi della provincia di Varese.
"Un rigoroso addestramento tecnico-giuridico - sostiene la milizia varesotta - della durata base di 40 ore, si integra con i corsi di qualificazione e specializzazione provinciali e regionali, per essere sempre aggiornati sulla sicurezza e sulla protezione ambientale».
I miliziani agli ordini di Carè sono organizzati, tra l'altro, nelle "SVT" ossia "Squadre di Vigilanza Territoriale", la «punta di diamante del Corpo, la sua componente più famosa e visibile con maggiore frequenza sul territorio. Il loro compito è proprio quello del controllo del territorio per mezzo di pattuglie e squadre di vigilanza, a mezzo di veicoli. A loro spetta osservare, monitorare, ispezionare e riferire alle Autorità e, laddove necessario, intervenire». Dove? «Il loro terreno sono i boschi, le periferie, i centri storici, le piazze ed i vicoli, soprattutto quando sono avvolti dalle tenebre. Sono dei veri e propri angeli custodi della popolazione e dell'ambiente». L'attività della Guardia Nazionale si articola in molti settori.
«La più rilevante - fanno sapere i miliziani varesotti - è sicuramente quella del controllo del territorio: cioè la vigilanza ambientale e urbana. Questa si esplica mediante pattuglie radiomobili che percorrono boschi e paesi secondo itinerari ben precisi, studiati per coprire quanto più territorio possibile (...). In generale ci si avvale di potenti veicoli fuoristrada perfettamente attrezzati (con tanto di lampeggianti sul tetto e scritte fluorescenti, nda.), fiore all'occhiello del Corpo, con equipaggi di 2-3 Guardie». Ma questa nuova "ronda" propone anche altri e più riservati impieghi perché i miliziani oltre a pattugliare ed addestrarsi per la protezione civile «conducono indagini e raccolgono dati, lavorando a casa o in ufficio a preziosi rapporti e relazioni per le Autorità locali…e gli esempi potrebbero continuare».
Già, gli esempi potrebbero continuare. Come nel caso del Movimento Fiamma Tricolore che a Udine ha deciso di mettere a disposizione dell'intero territorio provinciale, rendendo la cosa nota già qualche mese fa, un corpo di 100 volontari: sono le "Squadre Ettore Muti", dedicate alla memoria di un vero eroe del fascismo, il leader e l'epigono delle famigerate e sanguinarie camice nere. Chi sono i cento rondisti neri di Udine? «Tutti cittadini italiani», «molti dei quali esperti di arti marziali o ex appartenenti alle forze armate o a corpi di polizia per i servizi di sicurezza del territorio». «I volontari saranno dotati unicamente di telefono cellulare, torce per la vigilanza notturna e spray anti aggressione, il cui utilizzo è divenuto ormai legale». Insomma le "ronde nere" di Saya non sembrano essere diverse da altre iniziative analoghe sparse nel Paese, a macchia di leopardo, da Nord a Sud. Basta andare infatti a Isernia dove Alberto Castagna tenta da qualche tempo di dare vita alla "Guardia nazionale repubblicana", che porta il nome della famosa GNR, le squadracce della Repubblica di Salò. Alberto Castagna è anche il segretario del Partito fascista repubblicano e già ex dirigente nazionale del movimento Fascismo e libertà. Il suo programma di "pattugliamento" parrebbe persino più organizzato e professionale di quelli di Carè e dei gruppi "Ettore Muti" e prevede «un addestramento di 90 giorni, guidato dalle Forze armate. Solo chi sarà in grado di superare tutti i test, compresi quelli psico-attitudinali, potrà essere affiancato alle Forse dell'ordine. In maniera del tutto volontaria, senza soldi, ma eventualmente con armi» contando su un «mandato dei ministeri dell'Interno e della Giustizia». Insomma, avendo tempo e modo di monitorare la situazione chissà che altro potrebbe saltar fuori. Il problema è che il ministero dell'Interno tempo, modo e mezzi per monitorare la situazione li possiede di sicuro ma, a quanto pare, al ministro, del diffondersi di questo delirio, evidentemente non importa un fico secco.

Liberazione 17/06/2009

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