venerdì 30 aprile 2010

Dal centro alle periferie europee il neofascismo è uscito in strada

Avanzano, costruiscono roccaforti. Le Pen in Francia, Strache e Rosenkranz in Austria, lo Jobbik in Ungheria

Tonino Bucci
Senza coraggio non ci sono valori . Era questo lo slogan che ha accompagnato la campagna elettorale di Barbara Rosenkranz, candidata alle presidenziali austriache per il partito di destra radicale, la Fpö. Una donna forte per l'Austria - si è definita lei stessa. Come noto, le elezioni presidenziali le ha vinte il capo di stato uscente, il socialdemocratico Heinz Fischer, con una percentuale che sfiora il 79 per cento. Ma quella che sembra un'acclamazione è di fatto un risultato turbato da due circostanze. La prima, è che l'astensionismo supera ormai il cinquanta per cento, la seconda che la destra radicale raccoglie il 15,6 dei consensi e capitalizza il voto di protesta. Lo si è visto anche alle recenti elezioni amministrative in Francia, dove il Front nazional di Le Pen è tornato a sfiorare il dodici per cento. Odio per gli immigrati, protesta e antisistema sono i fondamentali di una destra radicale che piazza le proprie roccaforti nel cuore dell'Europa. A maggior ragione il discorso vale per le periferie europee. In Ungheria, al ballottaggio di domenica, non solo i conservatori ottengono una maggioranza schiacciante di due terzi, ma anche al partito di estrema destra Jobbik (Movimento per un Ungheria migliore) riesce il colpaccio e a conquistare 48 seggi. Alla sua guida c'è un trentenne e il programma è il "solito" mix di populismo, xenofobia, movimentismo paramilitare e protesta per il "vecchio" modo inconcludente di fare politica.
Fin qui le cronache. Ma il neofascismo - che però sarebbe meglio, pronunciare al plurale - è tutt'altro che un'eruzione improvvisa. Dell'Austria come un laboratorio dell'estrema destra aveva già parlato lo storico Walter Laqueur - nato in Germania, di famiglia ebrea, residente tra Londra e gli Usa - in un libro pubblicato in Italia da Tropea, Fascismi. Passato, presente (pp. 346, euro 21). «La ragione del successo della destra estremista austriaca è sostanzialmente politica. Il paese non è mai stato denazificato a dovere e gli ex nazisti vi hanno potuto mantenere i vecchi incarichi. A differenza di quanto accaduto in Germania, non vi fu ammissione di colpa: la responsabilità per il nazionalsocialismo era negata». Dal dopoguerra in poi il sistema politico è occupato dai due principali partiti, i socialdemocratici dell'Spö e i cristiano-sociali dell'Övp. Nel 1956 nasce l' Fpö (il Partito della libertà che in anni recenti avrebbe guidato Jörg Haider) fondato sulle ceneri di due precedenti formazioni politiche, il Partito rurale e il Partito popolare della Grande Germania. Veleggia a malapena intorno al sei per cento, in alcuni casi fa la funzione di stampella per governi in minoranza, in altri si accredita come un partito antisistema. Al suo interno trovano cittadinanza conservatori, liberali di destra, nazionalisti, ma anche ex nazisti. Durante la leadership di Haider l'Fpö attrae il voto di protesta e incanala lo scontento popolare nella xenofobia. Il primo laboratorio dell'"haiderismo" è stata, storicamente parlando,la regione della Carinzia, dove prende forma un ricettario politico costruito sull'esaltazione della piccola patria, sul vanto per i servizi efficienti, sul sentimento di appartenenza a comunità ristrette, sull'odio per gli immigrati (in particolare per gli sloveni residenti in Austria) e, persino, su un certo ambientalismo a difesa del proprio suolo. Nel '94 il partito di Haider ottiene il Carinzia il 33 per cento, mentre nella cosmopolita Vienna sfiora il ventidue. L'onda lunga raggiunge l'apice nel duemila, quando l'Fpö impone ai cristiano-sociali una coalizione di governo. Poi inizia il declino, l'esperimento si sgretola e Haider fonda un nuovo partito in scissione dal vecchio (ne sarà il leader fino alla morte avvenuta per incidente automobilistico nel 2008). Ma il 15,6 per cento dei consensi ottenuti domenica dall'Fpö dimostrano che il partito ora guidato da Hans-Christian Strache è a tutt'oggi vitale. «L'Fpö è un movimento fascista? Non nel senso tradizionale», scrive Walter Laqueur, per quanto la candidata alle presidenziali, Barbara Rosenkranz, abbia espresso in più d'una occasione, le proprie simpatie filonaziste. La destra radicale austriaca ha sostituito l'anticomunismo con lo slogan che gli immigrati vanno cacciati via. «Sarebbe comunque sbagliato giudicare irrilevante il fenomeno austriaco solo perché non rappresenta un pericolo per il mondo esterno». I suoi successi elettorali sono dovuti soprattutto alla «perdita di credibilità del vecchio sistema politico» e dalla «mancanza di ricambio in cinquant'anni».
I movimenti nazionalisti e fascisti non sono una novità neppure in Ungheria. Dopo l'89, con lo smantellamento della società comunista e dell'economia precedente, è nato il Partito vita e giustizia, segnato dal radicalismo nazionalista e l'avversione per liberali, ex comunisti ed ebrei. «Chiede una nuova Costituzione e attacca il governo (del passato, ndr) per essersi svenduto agli stranieri, cioè per non aver difeso prioritariamente gli interessi ungheresi». Alla tradizione del populismo di destra appartiene invece l'Iscp di Joszsef Torgyan, radicato soprattutto nelle campagne e con una base nel blocco sociale dei piccoli proprietari. Altro personaggio chiave è un'ex deputata, Isabella Kiraly, «diventata guida e ispiratrice degli skinheads locali, che toccano la cifra di alcune migliaia, sempre coi loro stivaloni e uniformi nere». Il bersaglio principale sono gli zingari, il sei per cento all'incirca della popolazione unhgerese. «Secondo uno dei loro canti devono essere sterminati con il lanciafiamme». Tifano per il Ferencvaros di Budapest e non disdegnano di prendersela anche con gli ebrei, ritenuti «troppo ricchi e trafficoni». Il neofascismo ungherese pesca anche nel bacino operaio dove «il tasso di disoccupazione è molto alto».
Si capirebbe poco però dell'estremismo di destra se ci si limitasse a studiarlo come un fenomeno di trend elettorali e vicende istituzionali di partiti altalenanti. Il neofascismo è, soprattutto, un fenomeno che vive per strada, «uno stile di vita alternativo» per dirla con le parole di Laqueur, in cui confluiscono il rifiuto della vita di massa, i legami esclusivi all'interno del gruppo, l'esoterismo, la lotta al "degrado" della modernità e contro il multiculturalismo, il tifo calcistico, i raduni musicali, le aggressioni contro gli stranieri, le sottoculture ribelli.
José Saramago, con la semplicità di cui son capaci i grandi scrittori, l'ha detto a modo suo. «Io credo che ci sia la possibilità che il fascismo stia aspettando di tornare in Europa. Non verrà con le camicie nere, né brune, né cose simili. Ma il fascismo non si nasconde più. E' lì, è uscito in strada».

Liberazione 27/04/2010, pag 12

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Titolo Fascismi. Passato, presente, futuro
Autore Laqueur Walter
Prezzo € 21,00
Prezzi in altre valute
Dati 2008, 346 p., brossura
Traduttore Ballarini D.
Editore Tropea (collana Saggi)

http://www.ibs.it/code/9788855800075/laqueur-walter/fascismi-passato-presente-futuro.html

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