giovedì 8 aprile 2010

Imboscata dei ribelli maosti nello stato indiano del Chhattisgarth

Attacco ai paramilitari in una regione ad alto sfruttamento minerario. Si acuisce il conflitto armato contro il governo dell'India

Matteo Alviti
Settantacinque morti, forse di più, e almeno sette feriti. Una pioggia di colpi, poi una serie di esplosioni. Un attacco organizzato dai ribelli maoisti indiani contro alcuni convogli paramilitari che stavano pattugliando la giungla nell'area di Dantewada. Un'imboscata in piena regola nel «corridoio rosso», nell'estremo sud dello stato del Chhattisgarth, una delle due roccaforti dell'Esercito guerrigliero di liberazione popolare, il braccio armato del Partito comunista indiano maoista.
I guerriglieri hanno sparato e poi hanno atteso i convogli giunti in soccorso dei primi paramilitari feriti, attaccando in centinaia e ben armati. I combattimenti sono andati avanti per ore. Non è ancora chiaro, diceva ieri il ministro degli interni federale P. Chidambaram, come sia potuta scattare la trappola dei maoisti, che per prima avrebbe colpito una pattuglia delle Forze di polizia paramilitare, la Crpf. Ma il colpo è stato durissimo. L'azione di ieri è stata la più sanguinosa da quando, recentemente, il governo nazionale ha lanciato un'offensiva contro i ribelli, l'«Operazione caccia verde» che vede in azione circa 50mila militari federali e migliaia di poliziotti dei governi locali interessati. Il 2010 non promette bene, dopo un 2009 che ha fatto registrare il numero più alto di vittime degli ultimi venti anni, ben 1134 di cui 600 civili, 317 militari e 217 ribelli.
Il Chhattisgarh è uno stato di recente formazione, riconosciuto come tale solo nel novembre del 2000, quando 16 regioni si sono staccate dal confinante Madhya Pradesh. Lo stato è un crogiolo di minoranze - si contano 93 variazioni dalla lingua principale, il chhattisgarhi, a sua volta una variazione dell'hindi, l'altra lingua ufficiale. Ed è una delle aree più coinvolte dalla rivolta dei naxaliti, come vengono chiamati i ribelli maoisti dal nome del villaggio di Naxalbari, dove nel 1967 scoppiò una rivolta contadina contro il latifondo. Nella stessa regione di Chhattisgarh già nel 2007 i ribelli uccisero 55 militari in un attacco ad una caserma.
Il leader militare nazionale dei maoisti è Koteshwar Rao, noto come Kishenji. Il suo piccolo esercito può contare su un numero di uomini che, a seconda delle stime, varia tra 10 e 20mila unità. Le armi, si dice, arriverebbero principalmente dalle azioni militari condotte contro le caserme. Ma il movimento ha rapporti con i maoisti delle nazioni vicine, Nepal e Filippine. La forza dei maoisti deriva dal rapporto stretto con la popolazione contadina e le sue lotte contro lo sfruttamento industriale delle risorse del territorio. Il partito e il suo braccio armato lottano per l'istituzione di una «società comunista» che sostituisca l'India di oggi, «semi-feudale» e «semi-coloniale», dicono.
Nella regione dell'attacco di ieri, il Dantewada, si trovano ricchi giacimenti di ferro e altre materie prime - oltre a importanti impianti per la lavorazione dell'acciaio e l'alluminio, e due grandi centrali elettriche -, che lo Stato sta sfruttando per la richiesta sempre più ingente di ferro, sia interna che esterna. Ma è tutto il Chhattisgarh a crescere a ritmi intensi, con una media del 7,35% dal 2004 al 2009, nonostante l'80% della popolazione viva di agricoltura, in prevalenza riso. Lo Stato è ricco anche di legname e la popolazione locale combatte da tempo, con il supporto dei maoisti, contro il governo nazionale e le multinazionali, che puntano alla sfruttamento intensivo della zona. Quella di attaccare le «aree economiche speciali» decretate dal governo centrale è una strategia precisa dei maoisti, decisa nel congresso del 2004 che ha sancito la rinascita del partito comunista indiano maoista e la leadership di Muppala Laksham Rao, noto come Ganapathi.
Per far fronte agli attacchi della guerriglia maoista, già da qualche anno il governo ha messo in piedi nell'area una sorta di esercito paramilitare composto da indigeni, fratelli dei ribelli che combattono nelle foreste, proprio quella Crpf protagonista degli scontri di ieri. Ma alcuni iniziano a dubitare delle capacità di addestramento delle truppe e del lavoro di intelligence fin qui fatto.
L'offensiva di ieri segue di due giorni l'attacco a un pullman della polizia che aveva fatto dieci morti e dieci feriti nello stato di Orissa, confinante a est con il Chhattisgarh. Proprio recentemente il ministro degli interni indiano Chidambaram aveva attaccato i ribelli come «codardi». Chidambaram non intende trattare finché i maoisti non deporranno le armi per avviare un processo di pace. Dal canto loro i ribelli chiedono la liberazione di quattro leader arrestati e la fine dell'offensiva militare come prerequisiti per avviare il dialogo. Il livello dello scontro, verbale e militare, lascia pensare che il governo indiano del premier Manmohan Singh - che considera quella dei maoisti come la minaccia interna più grave per l'India - abbia di fronte a sé un conflitto lungo e difficile.

Liberazione 07/04/2010, pag 8

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