giovedì 8 aprile 2010

Mezza Asia si riunisce al capezzale del Mekong, l'ecosistema e i suoi abitanti sono a rischio

Summit a Bangkok con tutti i Paesi del bacino. Polemiche per un progetto di diga cinese

Collega sei Paesi, da da mangiare, da lavorare ed è la via ti trasporto per 65 milioni di persone, ma il Mekong quest'anno è a secco, il livello delle sue acque ha toccato i livelli più bassi da venti anni a questa parte. La stagione delle piogge è finita prima del solito e le piogge monsoniche non hanno avuto la portata attesa. La conseguenza rischia di essere un raccolto di riso in calo. Non un fattore secondario per Paesi - il Vietnam e la Cambogia che mangiano ed esportano chicchi in quantità. Le attività dell'uomo lungo il corso del fiume sono da molti considerate un fattore determinante della crisi del fiume.
Proprio ieri a Bangkok si è concluso un vertice di tra i Paesi del bacino del Mekong - Thailandia, Laos, Cambogia e Vietnam - al quale hanno partecipato anche rappresentanti di Myanmar e Cina. Una novità assoluta e un riconoscimento indiretto del fatto che la crisi idrica del Mekong è un fatto. I problemi sono enormi e si possono riassumere con una formula: lo sviluppo sta mettendo a rischio un equilibro molto delicato. Ciascuno di questi Paesi fa passi rapidi verso l'industrializzazione e ha un bisogno crescente di energia e acqua per utilizzo industriale. Lontano dai centri urbani, però, gli stessi Paesi dipendono in maniera quasi totale dal loro fiume. Specie quelli più poveri - Cambogia e Laos - e i milioni di persone che vivono nel Delta, in Vietnam. Le dighe, i sistemi di irrigazione, l'aumento del traffico di imbarcazioni sono tutte forme di pressione sul fiume. «C'è una relazione molto stretta tra le attività umane e la peggiorata qualità dell'acqua - ha detto nel suo discorso Hanne Bach della Mekong river commission - Negli ultimi cinque anni i cambiamenti sono stati clamorosi. Si tratta di un processo destinato a continuare e a mettere a rischio la vita di molte persone».
A quella che potremmo definire normale amministrazione si aggiunge il progetto cinese di diga a monte, nella parte del fiume detta Lancang (il nome cinese). I governi del bacino - che pure hanno i loro progetti di sviluppo - accusano Pechino per un progetto deciso senza consultare nessuno. Il vertice sembra registrare in qualche modo la necessità di gestire le acque in comune, trovare soluzioni condivise. Per adesso però, la Cina spiega ai suoi vicini, nonché partner commerciali in posizione di relativa debolezza, che la diga sul Lancang non cambierà le cose. Il vice-ministro degli Esteri cinese Song Tao, a Bangkok come capo-delegazione, ha sostenuto che il problema non esiste e che, anzi, il progetto di diga faciliterà lo sviluppo e non avrà impatto ambientale: «Abbiamo affrontato la questione e fatto diverse scelte per proteggere l'ambiente». Il mese scorso la Cina ha diffuso ai suoi vicini i dati sulla siccità nella sua parte del Mekong. Un fatto inusuale, che segnalerebbe la volontà di cooperazione. Il gigante asiatico, infatti, come i suoi vicini, ha sofferto quest'anno di una grave crisi da mancanza di acqua. Il vertice era il primo della storia e non sarà l'ultimo. La facciata - ma in Asia non potrebbe essere altrimenti - è quella della volontà di cooperazione da parte di tutti. La speranza è che i Paesi che vivono del Mekong abbiano la lungimiranza di lavorare assieme per salvarlo.
m. mazz.

Liberazione 06/04/2010, pag 8

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