lunedì 26 aprile 2010

Lavorare «tutto il santo giorno, un'ora per mangiare, un'ora per dormire»

Roberto Onorati
Pechino
Lavorare «tutto il santo giorno, un'ora per mangiare, un'ora per dormire», canta Ivano Fossati ne La Madonna Nera

Sui volti e nei gesti dei lavoratori migranti cinesi, i mingong, però, c'è ben poco di mistico e sacro. Seduti, accovacciati sul marciapiede della strada, ogni giorno alle 11 o alle 18 sono lì, a mangiare, fumarsi una sigaretta dietro l'altra, guardare per terra. Che tanto il panorama lo conoscono: dietro di loro lo scheletro dei cantieri nei quali lavorano, davanti il palazzo sgargiante e colorato dell'Adidas, a Sanlitun, zona di ambasciate e shopping di marca di Pechino. Qualcosa dove non potranno mai entrare, figurarsi comprare qualcosa.
Che quella dei lavoratori migranti sia una vita dura lo dicono tutti, ma difficilmente qualcuno di loro è disposto a raccontare le peripezie della propria esistenza. Poco propensi a raccontarsi, troppo presi dal godersi il momento di riposo. Li trovi anche di notte, tra i cantieri della capitale: qualcuno lavora, gli altri dormono per terra, mentre il traffico di Pechino rallenta e il silenzio abbraccia anche il loro riposo. Sono tanti, milioni, seppure non ci siano numeri affidabili. L'ultimo censimento, nel 2006, ne contava oltre 130 milioni. Oggi pare siano già arrivati a oltre 200. Lavorano dalle 10 alle 12 ore al giorno, pagati da fame, in condizioni spesso al di fuori di ogni logica di sicurezza. Sono la carne da lavoro cinese, le spalle su cui grava la crescita del continente. Sprovvisti anche di qualsiasi copertura sociale, sanitaria, educativa, il welfare per loro non esiste. Solitamente lavorano nei cantieri, o nelle miniere, spazzini delle strade cittadine. Nel 2005 il reddito medio mensile era di circa 780 yuan, 78 euro. La maggior parte di loro non vede una lira di straordinario e raramente è in regola. Secondo le indagini condotte dal china-labour.org, «in 40 città nel 2004 si è rivelato come solo il 12,5 per cento dei lavoratori migranti aveva firmato un contratto di lavoro, solo il 12,9 per cento aveva assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e il 10 per cento un'assicurazione medica».
Sono i figli del compromesso della Cina comunista e capitalista, anzi sono il risultato di una politica antica e nuova insieme, figli di un paradosso, forse, in via di soluzione. Nel 1958 in epoca maoista è stato istituito l'hukou, ovvero il certificato di residenza. Lo scopo era duplice: fermare un'urbanizzazione crescente e aumentare i controlli per la sicurezza interna. L'hukou finì per creare tante diverse cittadinanze all'interno della Cina, finendo per vincolare la persona al territorio e creando cittadini di serie diverse. In parole semplici: un cinese che nasceva in una data città o villaggio del paese, entrava in possesso dell'hukou, che significava avere coperture assistenziali solo ed esclusivamente nel luogo di appartenenza.
Dopo la morte di Mao, Deng Xiaping apre le porte della Cina ai capitali stranieri ed ecco il secondo effetto: la Cina diventa la fabbrica del mondo, alcune zone, specie le grandi città costiere, diventano luoghi di lavoro a cielo aperto, dove viene richiesta una manodopera continua. L'arretratezza rurale fa si che molti si trasferiscano. Vanno a lavorare nelle grandi città, ma a causa dell'hukou, spesso sono clandestini. Nei primi tempi molto di loro venivano addirittura arrestati, per un destino quanto meno beffardo: finire in carcere perché si è pronti ad essere sfruttati come animali. Le politiche sull'hukou con il tempo hanno subito lievi modifiche proprio per consentire gli spostamenti della manodopera, ma ancora oggi rimane lo stesso problema: il cittadino migrante non ha uno straccio di diritto al welfare. Come scritto qualche tempo fa dallo Shanghai Daily, «l'hukou rimane una fonte di crescente divario tra i residenti urbani e rurali, rendendo difficile per i lavoratori migranti godere del welfare in città».
Prima della recente sessione annuale del Congresso Nazionale del Popolo, l'organo legislativo della Cina, tredici riviste di area liberale - tra le quali l'Economic Observer a Pechino, il Chongqing Times, The Southern Metropolitan News del Guandong, l'Inner Mongolia Morning News e il Dahe Daily in Henan - hanno pubblicato un editoriale congiunto per chiedere una riforma totale dell'hukou, suggerendone di fatto l'eliminazione, leggendo le problematiche legati ai migranti come una delle urgenze sociali della Cina.
Nell'articolo l'intento era chiaro: «la Cina ha subito il sistema dell' hukou per tanto tempo, crediamo che le persone siano nate libere e debbano avere il diritto di migrare liberamente, purtroppo però i cittadini sono ancora turbati da cattive politiche nate in epoca di economia pianificata e oggi inadatte. Pubblichiamo questo editoriale congiuntamente per chiedere ai rappresentanti dell'Assemblea Nazionale del Popolo di fare buon uso del loro potere politico per spingere le autorità ad avviare una riforma, al fine di abolire un sistema ormai superato».
Un appello straordinario per il paese della censura, raccolto solo in parte. E' infatti pronta a partire una riforma ma solo in alcune grandi città, mentre il dibattito è particolarmente acceso. Da esponenti della nuova sinistra cinese, infatti, sono giunte critiche all'invito dell'area liberal, con riferimento alle problematiche rurali che un eventuale riforma dell'hukou potrebbe creare. Si è sottolineata la necessità di una riforma, mettendo in chiaro l'obbligo di salvaguardare le campagne dal rischio abbandono. In una relazione distribuita alla stampa prima dell'apertura dei lavori del Congresso Nazionale, veniva fornita una parziale risposta al riguardo, da parte dei politici cinesi: «continueremo il percorso di urbanizzazione con caratteristiche cinesi e promuoveremo l'interazione positiva tra l'urbanizzazione e la costruzione di una nuova campagna». Probabile che non sia ancora il momento giusto e che toccherà alla prossima generazione politica cinese, la quinta, affrontare e risolvere anche questo passaggio politico.

Liberazione 21/04/2010, pag 6

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