giovedì 8 aprile 2010

Jassim al-Thani, lo sceicco del Qatar che ha conquistato la Porsche

Matteo Alviti
Berlino
Per uno che va, uno che viene. Anche i migliori, raggiunta una certa età, devono lasciare il posto ai giovani. In un certo senso fa parte del ciclo della vita, è naturale - tranne che in Italia, dove la maggiore età sul lavoro si raggiunge intorno ai cinquant'anni. Gli azionisti della Porsche, azienda tedesca dalla fortissima tradizione familiare, erano dunque probabilmente preparati all'abbandono di uno dei consiglieri di vigilanza anziani, Hans-Peter Porsche, che a sessantanove anni, due mesi fa, ha rimesso il mandato alla fine della riunione annuale dei soci. Un po' impreparati, forse, li ha accolti però il nome del suo giovane successore.
«Sono molto fiero di essere, da oggi, un membro della famiglia Porsche». Completo grigio, camicia bianca, un'elegante cravatta rossa e la faccia seria di uno che sa di essere al centro dell'attenzione, Jassim Bin Abdulaziz Bin Jassim al-Thani ha trentuno anni e li dimostra. Lo sceicco del Qatar, dallo scorso 29 gennaio, è il membro più giovane del consiglio di vigilanza della prestigiosa casa automobilistica di Stoccarda. E ora siede lì dove per generazioni hanno seduto quasi esclusivamente i membri di due famiglie: nonni, zii, genitori, figli e nipoti Porsche e Piëch.
Ma come ci è finito, lo sceicco del Qatar, nel cuore della Germania? Tutta colpa della crisi. L'anno scorso sono stati proprio i petrodollari arabi della Qatar Holding LLC a salvare la storia della Porsche, minacciata dalla parola fine. Così Jassim Bin Abdulaziz Bin Jassim al-Thani - eccellenza, per gli "amici" del consiglio che vogliono risparmiarsi tutto il nome - è diventato la personificazione dei tempi che cambiano.
In estate Porsche era uscita con le ossa rotte dal tentativo di controllare il marchio Volkswagen. L'operazione era fallita definitivamente lo scorso luglio per gli effetti che la crisi ha avuto sull'enorme debito accumulato nella scalata alla casa automobilistica di Wolfsburg, che oggi praticamente ha acquisito il controllo di Porsche. Durante l'ultima riunione annuale degli azionisti la rabbia contro la dirigenza della compagnia era evidente. "E dov'era il consiglio di vigilanza?", hanno chiesto in molti. Lo sceicco del Qatar arriva oggi come la ciliegina sulla torta.
A dispetto dell'età Jassim Bin Abdulaziz Bin Jassim al-Thani non è affatto uno sprovveduto, si dice. Nel mondo dell'economia ha iniziato circa dieci anni fa, quando aveva 21 anni, con la rinomata Harvard Extension School, che offre corsi serali e per corrispondenza. Dopo quell'esperienza ha approfondito gli studi alla Suffolk University. Sette anni fa lo sceicco è tornato a Doha, dove ha iniziato la sua carriera ricoprendo vari incarichi nelle aziende di famiglia. Oggi al-Thani è membro del cda della banca nazionale del Qatar, dell'Invest Corporation e di altri fondi, nonché presidente della Fondazione internazionale Qatar. Nonostante i tanti impegni di lavoro al-Thani non ha smesso di studiare e all'inizio dell'anno ha preso una specializzazione in Politica internazionale alla Columbia University. Un curriculum di tutto rispetto per un trentunenne alla conquista della Germania. A Stoccarda la Qatar Holding LLC non ha però mandato Jassim Bin Abdulaziz Bin Jassim al-Thani da solo. Per le questioni operative il giovane sceicco è affiancato da un consigliere esperto, arabo del Qatar. Il mandato di Al-Thani scadrà tra quattro anni.
Il valore simbolico dell'atterraggio dello sceicco sul pianeta Porsche è molto maggiore del peso reale dell'emirato arabo nella casa di Stoccarda. Le famiglie Porsche e Piëch controllano ancora oggi il 90% del diritto di voto, mentre i fondi del Qatar possiedono il 10% delle azioni ordinarie. Percentuale comunque niente affatto da sottovalutare, soprattutto se si considera che Doha possiede anche il 17% delle azioni Volkswagen - nell'emirato si punta molto sul valore combinato delle due aziende automobilistiche tedesche.
Oggi Porsche è in leggera risalita. Il secondo semestre dell'anno fiscale 2009-2010 dovrebbe chiudere poco al di sopra delle previsioni, con un calo contenuto del volume d'affari, leggermente superiore al 3%. Ma i quasi dodicimila dipendenti di Porsche dovranno aspettare almeno fino al 2012-2013 per tirare un sospiro di sollievo e mettersi la crisi alle spalle. Per ora, con l'arrivo del giovane businessman arabo, per loro e per gli azionisti infuriati la situazione non è cambiata granché.
Volkswagen, Porsche, ma anche Daimler - la casa della Mercedes-Benz e della Smart. Gli investitori arabi, primi fra tutti quelli del Qatar e di Abu Dhabi, con l'Aabar Investments, dimostrano di non disdegnare affatto le auto tedesche. Ma non si tratta solo di auto. Né solo di Germania, anche se la prima economia europea ha un rapporto privilegiato con il mondo dei petrodollari. Grandi imprese edili, il comparto aereo, servizi finanziari. Gli affari tra i fondi di investimento degli sceicchi e l'industria dei paesi occidentali sono sempre più stretti. Dopo essersi arricchito oltremodo grazie al commercio dell'oro nero, il mondo arabo si prepara ora in qualche modo alla fine dell'era fossile, investendo i petrodollari nell'economia mondiale.
E così per esempio Aabar Investments - il fondo controllato dall'emirato di Abu Dhabi con una capacità finanziaria di circa 10 miliardi di dollari, già proprietario del 9,1% di Daimler - sta ora pensando ad altri settori dell'economia europea. Abu Dhabi punterebbe all'industria cantieristica navale tedesca Blohm + Voss, sussidiaria della ThyssenKrupp Marine System AG. La multinazionale tedesca dell'acciaio intende ritirarsi dalla costruzione di navi per il settore civile e lo scorso ottobre aveva annunciato la vendita di parte della proprietà di Blohm + Voss al fondo MAR di Abu Dhabi. MAR e ThyssenKrupp in futuro collaboreranno invece alla costruzione di navi militari, con un'apposita impresa equamente divisa tra i partner, al 50%.
La crisi economica internazionale ha reso le economie occidentali sempre più permeabili e interessate a guardare anche altrove rispetto agli Stati Uniti. «In Europa, e specialmente in Germania, ci sono tante imprese interessanti oltre a quelle del settore automobilistico, a cui stiamo prestando particolare attenzione», ha detto al quotidiano economico Handelsblatt il vicepremier e ministro dell'economia del Qatar Abdullah bin Hamad al-Attiyah. «La Germania», ha continuato l'emiro, «ci sembra ora molto più aperta agli investimenti. Se già prima si fosse scelta un'altra strada, si sarebbero potuti evitare molti danni economici»
Durante i cinque anni di grande coalizione tra cristianodemocratici e socialdemocratici, la legge che regola gli investimenti stranieri in Germania è stata cambiata in senso restrittivo, per assicurare certi settori strategici. Il governo si è dato la possibilità, in casi sensibili, di intervenire per bloccare fondi esteri alla conquista delle industrie di alcuni settori chiave per la sicurezza del paese, come l'energia e le telecomunicazioni. D'altra parte era stato proprio l'allora ministro dell'economia Karl-Theodor zu Guttenberg - oggi ministro della difesa - a partire per il Golfo, lo scorso maggio, alla ricerca di investimenti per la Germania.

Liberazione 04/04/2010, pag 16

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