giovedì 8 aprile 2010

Libro uguale merce. I piccoli editori dicono no

Un'associazione di settore, "I Mulini a vento", chiede una legge per arginare la massiccia politica degli sconti

Vittorio Bonanni
Come nasce il costo di un libro, chi ci guadagna di più, e, soprattutto, fanno bene tutti questi mega sconti praticati soprattutto sui titoli che vanno per la maggiore e dalle grandi catena o invece sono la condanna a morte delle piccole librerie e dei piccoli editori? Problemi che da anni non fanno dormire notti tranquille appunto a questi soggetti e dei quali si è discusso i giorni scorsi a "Libri come. Festa del libro e della lettura", kermesse romana conclusasi domenica. "Come si fa un libro… Come si forma e si deforma il prezzo del libro", è stato il titolo della conferenza a cura de "I Mulini a vento" (Instar Libri, Iperborea, Marcos y Marcos, Minimum Fax, Nottetempo e Voland), condotta da Vittorio Castelnuovo durante la quale sono intervenuti lo scrittore Mario Fortunato, gli editori Marco Cassini (Minimum Fax), Daniela Di Sora (Voland), il promotore Alessandro Torrentelli (Dir. Comm. distribuzione Giunti), la Grande distribuzione con Matteo Bacci (AD Opportunity Spa) e Cecilia Ribaldi (Libreria dell'Auditorium).
Per Daniela Di Sora, rappresentante della piccola casa editrice romana e del gruppo appena citato, dal cui nome, "I Mulini a vento" appunto, si evince la difficoltà della battaglia che conducono da tempo, «uno dei nostri chiodi fissi è proprio il prezzo del libro. Sono circa due anni che raccogliamo firme per l'approvazione in Italia di una legge che limiti gli sconti e su questo ci confrontiamo con gli altri editori, soprattutto quelli indipendenti. E dopo aver esaurito questo strumento e organizzato tanti convegni sulle normative esistenti negli altri paesi europei, di solite leggi ferree che limitano il prezzo del libro e la possibilità di fare sconti, ci siamo chiesti come mai in Italia tutto questo non sia possibile».
La risposta ha cercato di darla Cecilia Ribaldi: «L'aumento delle catene editoriali e l'arrivo dei libri nella grande distribuzione hanno inciso molto nell'andamento del prezzo. Ma anche la crisi ha spinto gli editori ad un aumento considerevole di campagne promozionali, con proposte continue di libri scontati. Normalmente la promozione tradizionale era quella degli Oscar Mondatori, a cui faceva seguito quella della Einaudi tascabile. Ora da gennaio abbiamo iniziato con la campagna Tea, poi con quella di Bur, ora abbiamo gli Oscar e ad aprile inizierà quella degli Adelphi tascabili. E ancora in ordine cronologico gli Einaudi tascabili, la Tea ancora e così per tutto l'anno con una moltiplicazione contemporanea di diverse campagne». In questo contesto si inseriscono fortunatamente delle campagne gestite direttamente dagli editori e non dalle catene. «Campagne democratiche le chiamo io - dice Ribaldi - perché spalmate in tutte le librerie e con una marginalità data al librario che resta la stessa. Il problema dello sconto insomma non riguarda solo quello rivolto al lettore ma anche quello che l'editore fa al librario». Che per le librerie indipendenti è di circa il 35-40% mentre nelle catene, che normalmente comprano di più, arriva al 50-55%. «Una situazione paradossale che non avviene in altri ambiti del commercio» denuncia la libraia.
Per Torrentelli, del gruppo Giunti, «quando si parla di prezzo la prima cosa che si deve dire è che il libro ha dalla sua quando si parla di distribuzione una penalità che consiste nel diritto al reso che l'editore deve conteggiare nel suo calcolo economico. Quello che noi facciamo in questo mercato è sempre una tentata vendita perché il libro ha un percorso di vita che vede una nascita, un suo posizionamento sul punto vendita e dopo di che se funziona, bene, se non funziona il rischio commerciale nella sua massima parte rimane a carico dell'editore. In Italia c'è poi una sovrapproduzione di novità che crea delle storture difficilmente immaginabili. Ormai si parla di libri che soggiornano sugli scaffali di una libreria per periodi brevissimi che non superano i quindici giorni o al massimo i trenta. Una stortura che va ad inficiare quello che è il costo economico del libro». Il rappresentante della casa editrice toscana è contrario «ad una politica invasiva degli sconti. Riteniamo che le promozioni debbano essere limitate nel tempo. Altrimenti, così facendo, si sta dopando il mercato con degli additivi che creano la fidelizzazione allo sconto solo sul bacino di utenza del pubblico forte dei lettori, circa tre milioni, ignorando quel bacino dei trenta milioni di potenziali lettori che tutti noi della filiera editoriale dovremmo cercare di catturare con una promozione sana alla lettura.»
Diverso, e non poteva essere altrimenti, il punto di vista di Matteo Bacci: «Noi di Opportunity ci occupiamo di vendere libri ad operatori di Gdo, come Esselunga o Carrefour, insomma grandi superfici che hanno cambiato nel corso del tempo il regime di vendita dei libri in Italia. Tanto per fare un esempio abbiamo venduto duecentoventimila Dan Brown in due mesi sugli ottocentomila complessivi venduti in Italia. E questo con uno sconto che è passato dal 30 al 40% mettendo in mano il libro a tante persone che altrimenti non lo avrebbero comprato». Per Bacci gli alti costi dei libri giustificano gli sconti: «I tascabili dieci o quindici anni fa costavano cinque o sei volte il prezzo di un giornale, oggi per acquistarne uno si spende dieci o quindici volte il prezzo di un quotidiano».
Non poteva mancare l'opinione degli autori, i cui diritti determinano anch'essi il prezzo finale. Si va di solito da un minimo di 4-5% nel caso di edizioni economiche ad un massimo del 20% quando si parla di best-seller. Per Mario Fortunato, in realtà uno scrittore con le sue caratteristiche «non contribuisce molto né alla formazione del prezzo, né tanto meno alla sua deformazione. Diverso il discorso - dice ironicamente - se ti chiami Dan Brown». L'autore e giornalista calabrese riconosce che non può non essere gradevole per un lettore acquistare un libro con uno sconto ma fa un esempio che dovrebbe convincere che il costo è importante ma non è l'unica cosa da mettere sul piatto della bilancia: «Ho vissuto per molti anni in Inghilterra dove è accaduto esattamente quello che sta accadendo oggi in Italia. E cioè promozioni continue e anche massicce, su titoli che non erano morti, ma usciti da poco o addirittura appena usciti e con sconti cospicui. E che cosa è accaduto dunque negli ultimi dieci-quindici anni? Che le librerie indipendenti sono scomparse, tutte. Non ce n'è più una. Io avevo un carissimo amico che a Londra, a Notting Hill esattamente, aveva appunto una libreria indipendente che è stato costretto a vendere, anche guadagnandoci certamente, ma comunque facendone a meno. A loro volta anche gli editori piccoli e medi sono spariti, assorbiti o concentrati in grossi gruppi editoriale». Ci sembra che mai come in questo caso valga il discorso che non ti regala niente nessuno. Gli sconti fanno indubbiamente piacere ma se si pagano minando la pluralità della cultura e trattando i libri come una merce qualsiasi vale la pena non arrendersi come fanno gli amici de "I Mulini a vento".

Liberazione 02/04/2010, pag 8

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