lunedì 26 aprile 2010

L'indecifrabile mistero della Corea del Nord lo "Stato-eremita"

Il segreto della longevità politica? Stalinismo, mistica religiosa e morale vittoriana,

Maria R. Calderoni
La «terribile» Corea del Nord. Praticamente sola - in compagnia dell'altro «terribile», l'Iran - nel recinto a prova di bomba (atomica) degli unici due "stati canaglia" sopravvissuti nel mondo. Corea del Nord, nemmeno Obama in versione pacifista la salva, il first strike d'ora in avanti non sarà più usato - promette - in nessun caso, tranne che per l'Iran e per il minuscolo Stato appeso appunto a nord del 38° parallelo: ci verrebbe da dire povera Corea. Ma è davvero una tigre asiatica, un paese "terrorista" che sostiene, incoraggia, pratica il terrorismo internazionale?
Lontana, silenziosa, misteriosa. A tratti in sonno, dimenticata. A tratti, e all'improvviso, assurta a Stato-pistola fumante, capace di mettere a repentaglio il pianeta e comunque di tenere in costante allarme nientemeno che la più formidabile potenza militare del pianeta. La sindrome della Corea del Nord, ultima versione del "pericolo giallo". Allarme Corea: lo si è visto anche assai recentemente, quando mezzo mondo è entrato in fibrillazione per la vedetta della Sud Corea - quella "buona", quella che piace tanto al Pentagono - aggredita e fatta colare a picco da un proditorio siluro nordcoreano. Subito venti di guerra, titoli sparati, allerta internazionale; peccato che ventiquattrore dopo, Lee Miyung Bak, l'attuale presidente sudcoreano - conservatore e niente affatto ben disposto verso Pyongyang - abbia ufficialmente e categoricamente «escluso ogni responsabilità della Corea del Nord nell'affondamento della nave». Pistola fumante rientrata, per il momento.
Il caso è servito, comunque, a riaccendere i riflettori, sia pure fugacemente, su quel "mistero inquietante" che è la Corea del Nord. Panorama le ha fatto l'onore di un reportage dal titolo psyco "Vietato amarsi", dove si descrive «un Paese sfiancato», che non solo è un'appendice della Siberia, ma dove perfino «corteggiarsi o andare in bici (se sei donna) significa sfidare il controllo sociale». Un Paese tanto più inaccettabile in quanto «spacciato come un misterioso altrove glamour spartano», mentre «la Corea del Nord comincia dove finisce tutto il resto». Materiale base del servizio di Panorama , il libro di una giornalista americana che è andata nella patria di Kim Il Sung - va bene, lo chiamano il Leader Eterno - per scoprire «una realtà governata da leggi proprie», inaudito. Dove si pretende di affermare «Viviamo a modo nostro»; dove il corteggiamento ha «i tempi e i modi vittoriani»; dove «il pudore è assoluto e le violazioni della morale stalinian-confuciana semplicemente inconcepibili». Un Paese, tuttavvia, dove «una normalità esiste, e noi non la conosciamo».
Buono a sapersi, non la conosciamo . Tranne forse quello, cioé che nel 1966 fu una inopinata squadra nordcoreana a far fuori l'Italia dai campionati mondiali in Inghilterra. Turismo micro, rete commerciale internazionale quasi zero, rapporti diplomatici all'osso, la descrivono come un "Paese eremita", chiuso in se stesso, anzi sigillato. Case piccole, con arredi demodè e ridotti all'indispensabile, decoro anni Cinquanta: interni tanto modesti quanto spettacolare e monumentale è la grandeur esteriore.
Chi l'ha vista, descrive Pyongyang, la "Sung City", come una visione ipnotica, incredibile. Intanto, è antichissima (la sua fondazione è datata 2334 avanti Cristo) e non è affatto una piccola città, contando oggi oltre 3 milioni di abitanti. Tutta riprogettata e ricostruita dopo quella che passa alla Storia come la disastrosa "guerra di Corea" (1950-1953), è dotata di «enormi viali, monumenti imponenti e grandiosi edifici monoblocco», ivi compresi «l'arco di trionfo, una replica più in grande dell'Arc de Trionphe di Parigi; l'edificio che diede i natali a Kim II Sung sulla collina di NMangyondae; la Torre del Juche; la Pyongyang Tv Tower; e due tra i più grandi stadi del mondo, lo Stadio Kim II Sung e il Rungnado May Day Stadium». Né si può dimenticare quello che è l'edificio più alto della città, lo stratosferico e "folle" Ryugyong Hotel, alto 330 metri, 105 piani, 360mila metriquadri totali e sette ristoranti girevoli previsti sul tetto. Anche il Ryungyong hotel - che una volta finito è destinato ad essere classificato come l'albergo più alto e il sesto più grande del mondo - ha una storia corean-comunista doc: interrotto per mancanza di fondi nei primi anni Novanta - quelli delle grandi calamità naturali e della tremenda carestia - i lavori sono testardamente ricominciati nel 2008; l'intento è di presentarlo bello e finito per il 2012, in tempo per il 100°anniversario della nascita di Kim II Sung, il super-venerato Kim II Sung.
Grandiosità simil-sovietica che è oggetto di scherno e caricature, persino di virtuoso sdegno; ma lei, la RDPC (che fa Repubblica Popolare Democratica di Corea) non fa una piega. Va per la sua strada. Più che impenetrabile, fiera di sé, orgogliosamente gelosa della propria diversità e senza "complessi" nei confronti dell'Occidente. Taciturna, poco esposta, per propria scelta, sulla ribalta internazionale, poco esibizionista: piccolo Paese di nemmeno 24 milioni di abitanti, malfamato come "dittatura comunista" (spietata, ovviamente, per definizione), spesso dimenticato.
Dimenticato da tutti, ma non dagli Usa, che la tengono nel loro mirino da sessant'anni, senza mollare mai. Ma, come Cuba, la piccola, povera, dimessa Corea del Nord dà parecchio filo da torcere alla prima Potenza mondiale.
Certo che no, il Pentagono non la dimentica, la Corea del Nord; anzi la tiene sotto tiro. E i nordcoreani a loro volta non "dimenticano": né di mantenere un esercito allenato; né di denunciare le provocazioni e le ravvicinate minacce costantente messe in atto dai vari governi statunitensi, da sessant'anni a questa parte. Non più tardi di un mese fa, nel marzo di quest'anno, il governo nordcoreano, con un comunicato ufficiale, ha denunciato «come aggressione» le esercitazioni militari congiunte - americani e sudcoreani insieme - messe in atto al confine della Corea del Nord, quelle denominate "Key Resolve" e "Foal Eagle": considerate né più né meno che manovre in vista di un attacco vero. E' di almeno 40 mila soldati il contingente Usa tuttora distaccato in quella specie di colonia yankee che è l'attuale Corea del Sud (e cioé praticamente sui confini nordcoreani); senza contare che gli Stati Uniti «hanno dislocato numerosi gruppi di navi da guerra, inclusi cacciatorpedinieri armati con missili teleguidati, sottomarini nucleari e mezzi da sbarco sia ad est che a ovest e a sud del mare di Corea». Senza contare «i loro caccia bombardieri e gli aerei per il trasporto di truppe sempre in volo verso la Corea del Sud dalle basi del Giappone; e i mezzi del 7° gruppo dell'Aviazione statunitense impegnati in esercizi che simulano, pericolosamente, massicci operativi di attacco contro obiettivi situati in territorio nordcoreano». Un totale di 13.700 esercitazioni avvenute, se vi sembran poche.
Sessant'anni e tutti difficili, e anche drammatici. Impossibile dimenticare ciò che è costato la guerra, quei tre anni fratricidi fomentati da mano Usa iniziati quel 25 giugno 1950. I nordcoreani se lo ricordano bene. «Contro di noi gli Stati Uniti hanno impegnato un terzo delle loro forze, un quinto della forza aerea e la magggior parte della flotta nel Pacifico. Insieme alle truppe di 15 paesi, dell'esercito sudcoreano e dei resti dell'esercito giapponese, sono stati messi in campo più di 2 milioni di soldati; utilizzati 73 milioni di tonnellate di materiale bellico e speso 165 miliardi di dollari», una cifra enorme al tempo. Ma gli Usa non riuscirono a vincere e dovettero accettare l'armistizio; anche se il prezzo pagato furono milioni di morti, il paese devastato dai bombardamenti, l'economia rasa al suolo.
Difficile dimenticare anche il periodo pauroso, di pressoché totale abbandono, seguito al crollo dell'Urss e dell'intero sistema socialista: la stessa identica sorte toccata a Cuba. E poi sono venuti gli anni della fame, delle inondazioni, delle carestie.
Già, il "Paese che non c'è" invece c'è. Azione per azione, è uno dei motti preferiti della Corea del Nord. «E' a causa delle infinite minacce di un'altra guerra in Corea, che la RPDC ha deciso di sviluppare la propria difesa nucleare», sostengono. Non senza far annotare che «dei 2.054 esperimenti nucleari avvenuti dal 1945, soltanto 2 sono stati effettuati dalla Corea del Nord». E questi sono i fatti sui quali «deve basarsi anche il Consiglio di sicurezza dell'Onu».
Lo Start 2 può andar bene anche alla Corea del Nord, sviluppi positivi potrebbero non essere impossibili. «La denuclearizzazione della penisola è l'obbiettivo della politica coerentemente perseguita dal governo della Repubblica per contribuire alla pace e alla sicurezza nell'Asia nord-orientale e alla denuclearizzazione del mondo. Ma se tra la RPDC e gli Stati Uniti deve essere costruita la fiducia, è indispensabile definire un trattato di pace per la riunificazione della Nazione», ha dichiarato il ministero degli Esteri nordcoreano in data 18 gennaio 2010. Un documento cauto, ragionevole, distensivo.
Dopotutto la Cina è vicina.

Liberazione 21/04/2010, pag 12

Nessun commento: