mercoledì 7 settembre 2011

Senza rotta

Nicola Melloni
Come avrebbe detto Ennio Flaiano, la situazione in Italia ed in Europa è grave, ma non seria. Il nostro paese è ormai in ginocchio ed il capitale internazionale sta scommettendo sul default italiano e, in prospettiva, sul fallimento dell'Euro. Esattamente come ha fatto in questi mesi con Grecia, Irlanda e Portogallo. Sulle piazze internazionali la fiducia è precipitata ai livelli del 2007: in America e Gran Bretagna i tassi scendono perché si dà per probabile un double dip, una nuova recessione - e l'avevamo detto, l'austerity in periodi di difficoltà economica è una politica "tafazziana"; in Spagna e soprattutto in Italia i tassi salgono perché il mercato non si fida della struttura ingessata dell'Europa e dei piani di salvataggio che non risolvono i problemi - e pure questo l'avevamo detto mentre altri si profondevano in lodi sul definitivo salvataggio dell'euro (sic!).
Nella tragedia non poteva mancare la farsa, legata al ruolo della Bce e dell'Italia. Francoforte è ormai governata da un gruppo di irresponsabili che hanno perso contatto con la realtà. Mentre il Giappone si prepara a grandi iniezioni di liquidità (i quantitative easing) e l'America sembra poter ricorrere a quello strumento per la terza volta in quattro anni, la Banca Centrale Europea si ostina a seguire la sua linea ideologica: niente creazione di liquidità per alleggerire la crisi economica; supporto illimitato agli istituti di credito; acquisto limitato dei titoli di stato sotto pressione, ma solo di quelli portoghesi e irlandesi. Bontà di Trichet, data la situazione critica, al momento non si prevedono ulteriori aumenti dei tassi di interesse, dopo averli alzati solo il mese scorso - una mossa lungimirante! I banchieri europei, nella loro furia antinflazionista, non si rendono neppure conto che la maggior parte dei paesi europei non hanno problemi di solvibilità (non possono rimborsare il proprio debito), ma di liquidità (non hanno accesso a fondi per rifinanziarsi) e proprio per questo una politica monetaria espansiva aiuterebbe le economie più in difficoltà. Quello che più conta per noi, naturalmente, è il rifiuto della Bce di comprare titoli italiani in maniera da alzare la domanda e diminuire di conseguenza prezzo e tasso di interesse. La Bce potrebbe farlo nei prossimi mesi, ma solo dopo aver ottenuto adeguate garanzie, leggasi il pareggio di bilancio anticipato dal 2014 ad oggi con una finanziaria straordinaria. Si tratta di una Grecia-bis, con una nazione, la nostra, a sovranità limitata e ricattata dalla Bce che peraltro, immancabilmente, sbaglia completamente bersaglio.
Il problema dell'Italia, l'abbiamo detto mille volte, non è il deficit, basso, ma la dinamica debito/pil per aggiustare la quale c'è bisogno di misure di stimolo alla crescita e non certo di altri tagli che avrebbero l'effetto contrario. Se all'Euro-Tower non leggono la stampa comunista, risfogliassero almeno un manuale di macroeconomia.
In tutto questo il governo che fa? Manda Vittorio Grilli, direttore generale del Tesoro, a fare il giro delle capitali asiatiche per convincere i fondi sovrani ad acquistare i titoli italiani, un pò come facevano le banche di investimento in crisi nel 2007. La differenza è che questa volta, in cambio di liquidità si possono acquistare fette di sovranità. Si dirà, che problema c'è, visto che gli Usa lo fanno già da decenni? Vero, con la differenza che l'Italia non è l'America, anche se a Washington stanno facendo di tutto per imitarci nella gara a chi è più ridicolo (non preoccupiamoci, nonostante tutto siamo ancora in notevole vantaggio). Cosa offriremo come collateral per questi investimenti? Qualche settimana fa la Finlandia chiedeva il Partenone come garanzia per i prestiti alla Grecia, noi forse potremmo offrire il Colosseo, una mossa alla Totò in linea con le performance del nostro esecutivo. Il punto centrale è che se anche convincessimo i fondi asiatici a darci un pò di respiro, si tratterebbe comunque di un escamotage a brevissima scadenza. I problemi dell'Italia e dell'Europa sono altri, come rivela il rapporto Istat che segnala una crescita di appena lo 0.3%. A meno che la soluzione trovata dal governo non sia diventare una provincia della Cina.


Liberazione 06/08/2011, pag 1 e 4

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