mercoledì 24 novembre 2010

Afghanistan, la Nato cerca la via d'uscita

Vertice "strategico" a Lisbona. Impossibile stabilire la data del ritiro da Kabul

Matteo Alviti
Si concluderà oggi il vertice Nato di Lisbona aperto ieri. Due giorni per ufficializzare la riforma del concetto strategico dell'Alleanza, a cui si lavora da mesi, e «rivitalizzare», sono le parole del presidente Usa Barack Obama, la Nato per il ventunesimo secolo. Due giorni per ridefinire un patto sottoscritto da ventotto paesi, nato in un'epoca che non c'è più, per fronteggiare nemici che oggi, nella peggiore delle ipotesi, si sono trasformati in avversari, che siedono da invitati intorno allo stesso tavolo.
L'ultimo aggiornamento del concetto strategico Nato risale al 1999. Da allora sono passati undici anni. Ma soprattutto sono cadute due torri e gli Usa hanno iniziato due guerre, una delle quali, quella afghana, attualmente continua sotto il controllo della Nato. C'era urgenza di ridefinire il senso dell'alleanza. «La descriverei come difesa territoriale nel mondo moderno», ha tentato di spiegare il segretario Nato Anders Fogh Rasmussen. «La funzione fondamentale è sempre la difesa territoriale. Ma bisogna capire che nel concetto di sicurezza odierno potrebbe essere necessario andare oltre i nostri confini per proteggerci efficacemente. L'Afghanistan è uno di questi casi». In tempi di guerra asimmetrica "stato vs terrorismo internazionale" c'era bisogno, insomma, di ridefinire il concetto di attacco a uno stato membro e di difesa. Niente più di una formalizzazione, un po' tardiva, dello statu quo.
Oggi verrà affrontato uno dei nodi più intricati su cui la Nato, dopo i disastri degli anni passati, si gioca buona parte della sua "credibilità" internazionale: l'Afghanistan. Ieri Obama ha detto che in quel paese la Nato starebbe iniziando una nuova fase, «una transizione delle responsabilità che inizierà nel 2011 e si concluderà nel 2014, con le forze afghane che assumeranno il controllo della sicurezza». Il presidente Karzai, che parlerà oggi al summit - a cui prenderanno parte anche tutti i 48 paesi che partecipano alla missione Isaf - ha ribadito di volere la fine delle operazioni di combattimento entro il 2014. Con i loro 130mila militari, entro tre anni le forze Isaf della coalizione dovranno prendere il controllo del paese. Cosa che finora non sono ancora riusciti a fare.
Un Afghanistan di nuovo pienamente sovrano nel 2014? Non proprio. Quella del 2014 è una possibilità concreta, ma pur sempre una possibilità, secondo gli Usa, per cui il termine è realistico ma non definitivo. Per dirla con le parole del portavoce del Pentagono Geoff Morrell, è da intendere come «un'aspirazione», che non vuol dire automaticamente che tutte le forze della coalizione dovranno lasciare il paese entro quella data. Il premier britannico Cameron l'ha già detto: «Le nostre truppe combattenti saranno fuori dall'Afghanistan entro il 2015». Una possibilità realistica - sul modello del ritiro degli Usa dall'Iraq - secondo il segretario Rasmussen, che ha annunciato per oggi un importante dichiarazione.
Al vertice Nato partecipa anche il presidente russo Dmitri Medvdev. Un segno, più che formale, di una certa distensione dei rapporti: era dalla guerra russo-georgiana del 2008 che un presidente russo non prendeva parte a un vertice Nato. E questo nonostante sia ancora aperta la questione della difesa missilistica da disporre tra Polonia, Repubblica Ceca e Turchia - progetto pensato dall'amministrazione Bush e "riconvertito" da Obama, la cui effettiva realizzazione è ancora segnata dai dubbi di Mosca. Oggi durante l'incontro con Medvedev verrà affrontato di nuovo il tema di una difesa congiunta Nato-Russia da un nemico mai formalmente nominato, l'Iran. E le reciproche diffidenze saranno in parte mitigate: da una lato per la promessa del Cremlino di agevolare logisticamente i rifornimenti militari per l'Afghanistan allentando le restrizioni all'uso del proprio territorio. Dall'altra per le rassicurazioni di Obama sulla ratifica del nuovo trattato Start sulla riduzione degli arsenali nucleari, «la più alta priorità per la sicurezza nazionale». Non si arriverà probabilmente a un sistema comune, ma a un cooperazione. Rasmussen è ottimista: «Penso che assisteremo a un nuovo inizio delle relazioni Nato-Russia».
L'Alleanza atlantica deciderà infine anche sulle proposte in campo per un cambiamento della struttura di comando, per ridurre i processi burocratici e contenere le spese in un momento difficile persino per le spese militari. I piani prevedono una riduzione delle attuali quattordici agenzie a tre, e delle strutture di comando da tre a due, con un taglio del personale da 13 a novemila persone.

Liberazione 20/11/2010, pag 7

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