mercoledì 10 novembre 2010

Si poteva evitare Padova alluvionata

Succede dopo anni di cementificazione selvaggia e di denunce ignorate

Paolo Benvegnù e Dario smania
Due morti, migliaia di sfollati, decine di migliaia di case allagate, vaste zone delle provincie di Padova e Vicenza allagate da cinque giorni, 1 miliardo di danni (secondo Zaia). Un disastro che ha messo in ginocchio Vicenza, invasa dall' esondazione del Bacchiglione, il fiume che la attraversa e che la congiunge a Padova. Ma l'acqua ricopre ancora vaste zone della provincia di Padova, tra la Bassa (nome parlante) e la zona Ovest al confine della provincia di Vicenza. Era tutto prevedibile e previsto. Da tempo, esperti in idraulica come D'Alpaos (ingegneria idraulica, Università di Padova) avevano avvertito sui possibili disastri causati da piogge come quelle del 1966. Danni moltiplicati dal dissennato consumo di territorio, sacrificato al primato dell'impresa e agli interessi della rendita. Così è stato. Due giorni di pioggia più lo scirocco che ha sciolto la prima neve in montagna hanno ingrossato all'inverosimile fiumi e torrenti, e provocato rotture di argini ed esondazioni. Se avesse piovuto come nel '66 i danni sarebbero stati cento volte superiori, incalcolabili. I fiumi sono in secca per gran parte dell'anno, esausti per lo sfruttamento industriale ed agricolo, i canali di scolo sono ridotti a fogne. Entrambi hanno rotto gli argini, esondano e occupano città e campagne, reclamando cure e attenzioni che la fame di "schei ad ogni costo" ha negato. Tutti i governi del Veneto, locali e regionale in questo assolutamente bipartisan, da decenni hanno esaltato l'impresa e il mercato, devolvendo il governo reale del territorio ai grandi interessi economici, lasciando mano libera alla cementificazione, alla trasformazione di una parte dei profitti - qualche volta in concorrenza con mafia e camorra - in case, capannoni e centri commerciali. Un'enormità di costruzioni. Un recente studio dell'Università di Padova dimostra che il fabbisogno abitativo è soddisfatto per decenni a venire. Il territorio è stato trasformato in una landa di asfalto e cemento, senza soluzione di continuità, che non assorbe le acque piovane attraverso i suoli. Le piogge intense e prolungate, ma naturali, provocano ondate di piena improvvise e sempre più ampie che in breve tempo si riversano in una rete idraulica (fiumi e canali) progettata e costruita quando il nostro territorio era soprattutto agricolo. Rete idraulica a cui nessuno ha messo mano, sulla quale, persa la grande sapienza della Repubblica Veneta, non sono stati fatti investimenti minimi. Mentre il territorio andava in malora, e pochi ne chiedevano la messa in sicurezza, a tenere banco erano i progetti di grandi opere: Pedemontana, GRA, Romea commerciale, Veneto City, Quadrante di Tessera, e via asfaltando e cementificando. Solo i comitati hanno alzato la voce, costruito mobilitazione e conflitto, per difendere il territorio dal massacro speculativo. Ora che l'enorme disastro ha preso il posto del pericolo, solo oggi il Consiglio regionale ha fissato alcuni interventi per affrontare la minaccia. Chiudono la stalla dopo che i buoi sono scappati. Sia chiaro a tutti: i principali responsabili del disastro sono coloro che hanno governato questa regione negli ultimi decenni, ossia tutta la cosiddetta classe dirigente. Dev'essere altrettanto chiaro che i leghisti non possono cavarsela spostando il tiro sul governo, lanciando nuove campagne identitarie con le richieste di risarcimenti a Roma . Dobbiamo inchiodarli alle loro responsabilità rifiutando i falsi unanimismi "in difesa della terra veneta" già iniziati sui media. Da tempo il Prc padovano è impegnato a difesa del territorio e per la sua sicurezza idraulica. Avevamo già indicata la necessità di interventi per limitare le ondate di piena con la costruzione di infrastrutture diffuse, come la creazione di bacini di laminazione (accumulo delle acque in eccesso) di grandi estensioni nelle zone extraurbane. In città volevamo la moratoria sulle costruzioni, dopo il ripetersi di allagamenti nelle periferie. Il 12 luglio scorso abbiamo ottenuto un consiglio comunale speciale sul tema del rischio idraulico e sugli interventi necessari come il completamento dell'idrovia Padova-Mare: decisivo il canale scolmatore nelle piene del fiume Bacchiglione. L'opera, presente nel documento del consiglio regionale, poi scompare con il consenso del PD, per non intralciare i progetti della Camionabile che dovrebbe unire il porto di Venezia all'Interporto di Padova. Continueremo a lottare in difesa dell'ambiente e del territorio, contro un capitalismo aggressivo e predatorio. Esso fonda la sua valorizzazione sullo sfruttamento intensivo della forza lavoro - soprattutto le donne, i giovani, i migranti. Ma, altrettanto rovinosamente, si fonda sulla rapina delle risorse naturali e ambientali. Infine un messaggio di speranza. I compagni delle Brigate di Solidarietà attiva di Padova sono tra gli alluvionati per portare un aiuto concreto a chi si trova in grandi difficoltà. Tra questi ci sono anche nostri compagni migranti: un atto di solidarietà che risponde a chi dalle istituzioni alimenta il razzismo. Questo impegno rafforza la nostra presa di parola contro i veri nemici della nostra gente, della nostra terra; contro coloro che l'hanno asservita all'interesse a breve termine di uno sviluppo senza qualità, socialmente ed ambientalmente insostenibile.

Liberazione 07/11/2010, pag 3

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