mercoledì 24 novembre 2010

La Nato vara una exit strategy. Via da Kabul nel 2014. Forse

Al summit di Lisbona è stato ridefinito il ruolo dell'Alleanza che mette al centro la difesa antimissile

Matteo Alviti
Mentre fuori dalla solita "zona rossa" si muovevano le proteste degli avversari della Nato, e a Londra migliaia di persone manifestavano contro la guerra in Afghanistan e le nuove strategie dell'Alleanza atlantica, a Lisbona si consumavano gli ultimi atti di un copione scritto fin troppo bene in quasi un anno di lavoro da una commissione guidata dall'ex segretaria di stato Usa Madeleine Albright.
Da ieri la Nato ha un nuovo volto. Che per la verità assomiglia molto a quello che aveva fino all'altro ieri. Al vertice di Lisbona in quarantott'ore i ventotto paesi membri hanno votato un nuovo concetto strategico, una riorganizzazione della struttura dell'alleanza, hanno rimesso sui binari il rapporto con la Russia e definito l'orizzonte per l'uscita dall'Afghanistan. Più o meno.
Ieri nella capitale portoghese è stato soprattutto il giorno dell'Afghanistan. Presenti il segretario generale Onu Ban ki-moon, il presidente Karzai e le delegazioni dei 48 paesi impegnati nella missione Isaf a guida Nato, l'Alleanza si è impegnata a completare un percorso di uscita delle truppe combattenti dal paese in tre anni, dal luglio del 2011 al 2014. Come chiedeva Karzai. E come vuole poter dire Obama ai suoi elettori statunitensi. Ma la realtà è un po' più complicata. Lo fanno già intendere le parole del segretario Nato Rasmussen, il quale ieri ha detto che i taliban devono scordarsi un "ritiro" dell'Isaf: la Nato starà «tutto il tempo necessario». E soprattutto lo hanno specificato alcuni delegati Usa, secondo cui Washington non ha ancora deciso un termine definitivo per il ritiro della missione combattente. Ad aver preso sul serio il passaggio del comando militare entro il 2014 sono stati forse solo i taliban, che ieri, tramite un portavoce hanno commentato: «Dopo nove anni di occupazione gli invasori stanno affrontando lo stesso destino di chi li ha preceduti. Le nuove truppe, le nuove strategie, i nuovi generali e la nuova propaganda non sono stati d'aiuto».
Quale che sia la data dell'effettivo ritiro, ieri Obama ha ringraziato i premier canadese Harper e italiano Berlusconi per l'impegno in Afghanistan. Poco prima, a margine dell'incontro, il ministro degli esteri Frattini aveva reso noto che l'Italia manderà altri 200 addestratori in Afghanistan, che si andranno ad aggiungere ai 3688 militari italiani già presenti.
Tornando al documento votato venerdì sera, il nuovo concetto strategico aggiorna all'attualità dei conflitti odierni l'impegno della Nato sullo scacchiere internazionale post undici settembre. L'Alleanza, ora sta scritto anche nero su bianco, dovrà poter difendere i suoi membri fuori dai propri confini, rispondendo ad attacchi portati in maniera asimmetrica. E per farlo, è la seconda importante novità di venerdì sera, potrà servirsi anche del nuovo scudo missilistico dislocato tra Polonia, Repubblica Ceca e Turchia, su cui è stato raggiunto un delicato accordo e sul quale si tenterà, col tempo, di far convergere definitivamente anche la Russia di Medvedev. La questione dello scudo ha fatto emergere un dissidio interno tra due protagonisti dell'Alleanza, Germania e Francia, divisi sul futuro della deterrenza nucleare. Alla fine nel testo non si è fatto riferimento esplicito né all'uscita progressiva auspicata da Berlino, né all'importanza del nucleare che tanto sta a cuore a Parigi - e in misura minore a Londra. Una situazione interlocutoria.
E a proposito dei rapporti Nato-Russia. La bozza di documento che girava ieri, e che probabilmente sarà stata approvata, rimane interlocutoria sulla collaborazione allo scudo missilistico: si dovrà «proseguire la cooperazione». Il che equivale a una presa di distanza del Cremlino, che comunque garantisce la partecipazione dei suoi tecnici allo sviluppo del piano. Russia e Nato si sono intanto impegnati a evitare l'uso della forza gli uni contro gli altri. E hanno ribadito che si continuerà sulla strada della denuclearizzazione, messa in discussione oggi proprio dai Repubblicani statunitensi, pronti a bloccare la ratifica del nuovo accordo per la riduzione delle testate nucleari Start firmato ad aprile.

Liberazione 21/11/2010, pag 8

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